kakía

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lentamente aprii gli occhi; non fui svegliata dalla luce del sole, dai rumori esterni, da qualche voce fuori campo, ma da una semplice, e al contempo devastante emicrania. Mi sentivo uno schifo, non avevo la forza di alzarmi, di sedermi, ed avrei tanto voluto perdere la capacità di pensare, anche solo per... qualche ora. Guardavo il soffitto della stanza di Kakashi, tenevo la mano destra fissa sullo stomaco, coperto da un lenzuolo; a ripensare al giorno prima, strinsi quel pezzo di stoffa con tanta forza quasi da strapparlo.

In un solo giorno, avevo mandato a monte tutta la mia vita: avevo abbandonato Asuma, lasciato morire Hikaru, ed ucciso addirittura me stessa...

Certo, mi ero uccisa da sola, pugnalata al cuore, distrutta completamente; il giorno prima, durante il funerale, non avevo battuto ciglio, non una lacrima, NULLA; ero rimasta tutto il tempo incantata, a pensare, a riflettere, e soffrivo; soffrivo come mai avevo sofferto in vita mia, eppure... non ero riuscita a farlo vedere. Quando Kakashi mi aveva parlato, si era confidato con me, quando voleva rendermi partecipe del suo dolore, ed accogliere anche un po' del mio, io gli avevo rifilato un sorriso tranquillo, come se non fosse accaduto nulla. Fu un'azione involontaria, avevo rimuginato così tanto, ero talmente in profondità nel mio mondo, che avevo completamente perso la cognizione di quello reale; le parole di Kakashi mi erano apparse come vuote, già sentite milioni di volte, da milioni di persone diverse, sì, ma... mai da lui. Mi ero resa conto di essermi smarrita completamente, solo quando LUI mi aveva guardato negli occhi, con uno sguardo da cane bastonato, e mi aveva detto quelle poche parole:"Quando sarà il mio turno, piangerai almeno una lacrima per me?".

Mi era semplicemente caduto il mondo addosso, ed in che modo l'avevo tranquillizzato? In che modo ero uscita dal mio mondo di sensi di colpa? Facendolo ridere, facendogli capire che c'ero, che non l'avrei abbandonato, in quel momento avrei voluto tanto piangere, avrei voluto aggrapparmi a lui, stringerlo, e confidarmi; ma era troppo tardi; avevo sputato parole casuali, insensate, rabbiose, che però mi avevano salvata, e poi... eravamo finiti a letto insieme; alla fin fine, avevamo entrambi bisogno di un contatto fisico, di una consolazione, di qualcosa che ci avvicinasse, qualcosa che le mie parole non erano riuscite a fare.

Portai la mano sinistra alla testa, i capelli bagnati del giorno prima, da mossi erano diventati praticamente ricci; presi una ciocca e la portai in avanti, solo per osservarla qualche attimo; distrarmi per un millesimo di secondo, era il mio unico obbiettivo. Ma al solo pensiero di non essere stata in grado di adattarmi alla situazione, di reagire di conseguenza, le mani incominciarono a tremarmi. 

Io:"Non posso andare avanti così" 

Avevo la voce tanto roca da far spavento, non avevo idea di quanto fossi rimasta immobile in quel letto, ma come già detto, i miei tempi di reazione si erano davvero ridotti al minimo indispensabile; non solo in quanto a Kakashi, ma anche per... Asuma. Ecco, i sensi di colpa, tornarono più forti che mai; non resistivo più, dovevo fare qualcosa, QUALSIASI cosa.

Mi alzai in piedi.

Per poco non caddi in avanti, la vista mi si annebbiò per qualche attimo; su una sedia poco distante dal letto, c'erano i miei vestiti del giorno prima, rimasi immobile a fissarli: erano perfettamente piegati, luridi, sgualciti, ma ordinati come mai prima d'allora; senza pensare a nulla, li presi e mi rivestii. Uscii dalla stanza, con il vuoto cosmico in testa, camminando velocemente, a sguardo basso. Kakashi non era in casa, era andato a... vendicare Asuma insieme al suo team, e al resto del team dieci...

"Ed io?" pensai; "IO ero lì, IO. Perché non sono con loro? Anzi! Perché non sono al loro posto?!"

Incominciai a rallentare involontariamente.

"Come ho fatto a lasciarlo da solo? Come ho potuto... abbandonare Asuma in quel modo?"

Io:"Come? Come? Come?" iniziai a sussurrare.

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