66 - AD ASTERIA, il momento di RUBELIA

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«Ragazze! Occupatevi dei pidocchi rimanenti, io me la vedo con questa altezzosa signorinella!»

«Credi che ve lo renderò facile!» ribatté Astrid compiendo un salto mortale rovesciato. Roteando in aria Individuò al volo le guerriere che stavano per braccare gli inermi. Durante la stessa azione estrasse un gomitolo di bronzo e lo lanciò contro le Amazzoni le quali, dal nulla, si ritrovarono impigliate in una fitta rete metallica.
Astrid atterrò vicino alle prede catturate e serbò loro uno sguardo glaciale.

«Maledetta!» tuonò Reva inviperita e, avventandosi ancora contro Astrid, ingaggiò una lotta senza esclusione di colpi.

In quel frangente, altre guerriere amazzoni assaltarono, in numero sempre crescente, sia la figlia di Atena che il gruppo in ritirata guidato da Rubelia.

Astrid non risparmiò sé stessa. Con mosse calcolate e al limite dell'impossibile, lanciò altri gomitoli e imprigionò ulteriori quaranta straniere belligeranti.

«Vi metterò tutte quante in un sacco e poi lo butterò dentro la Fossa delle Marianne! Essere figlia di Atena vuol dire avere tutto sotto controllo!» annunciò la fiera guerriera dell'Isola di Asteria.

La prima regina amazzone, umiliata, digrignò i denti rabbiosa per la frustrante situazione che stava vivendo.

   La solennità dell'attimo di Astrid svanì con il palesarsi di un sibilo sinistro. A causarlo fu una freccia d'oro filigranata che si piantò contro un pino, superstite anch'esso dalla devastazione provocata giorni prima.

Dal dardo aureo si diffusero volute di miasmi velenosi che fecero seccare all'istante l'arbusto. L'effetto nefasto non si limitò solo al bersaglio colpito, ma elargì il suo mortale effetto anche al terreno, e da lì si allargò a macchia d'olio per svariate centinaia di metri di raggio. Tutto ciò che di vivo entrò in contatto con quel veleno morì rapidamente.

«Una freccia delle pestilenze! Escludo sia stato Apollo a inviarla! Ma? Allora! È stato Fetonte!» realizzò la figlia di Atena.

Rise di gusto Reva nel guardarle il volto dipinto d'orrore.

«Mpf! Il nostro Sire! perirete tutti nel giro di pochi minuti!» sentenziò tronfia Reva con lo sguardo raggiante alla ricerca dell'appoggio delle sue sottoposte, ma che non ricevette. Infatti, le suddite non catturate entrarono involontariamente in contatto con il veleno divino e caddero a terra in preda a mille sofferenze.

«Ho idea che il tuo Sire non guardi in faccia a nessuno pur di raggiungere i suoi scopi!» rimbrottò Astrid, e allo stesso tempo ringraziò gli dèi dopo aver notato le schiene curve dei suoi amici aver raggiunto una distanza di sicurezza dal veleno, oltre le grandi macerie.

   La stessa salvezza a lei fu preclusa. Il miasma malefico la raggiunse velocemente. Astrid si ritrovò nella medesima situazione delle Amazzoni.

Abbassò lo sguardo. Vide il veleno impalpabile avanzare come un liquido e circondarle i piedi. «Se lo sfioro sono morta! di nuovo!» esclamò.

  Un'altra freccia si piantò ai piedi della semidea di Asteria. «Fetonte vuole proprio farmi fuori!» emise mettendo a fuoco il dardo. «No! È una freccia d'argento lunare!» constatò osservando l'alone opalescente che essa sprigionò, e che contrastò l'avanzata del veleno aprendole una via di fuga.

L'intelligente ragazza non perse un attimo, e quando notò una seconda e una terza freccia argentea uguali alla prima, ebbe la conferma che le Pleiadi di Artemide erano accorse in suo aiuto.

   Alle spalle delle Amazzoni, una lugubre figura alta quasi cento metri si stagliò come una torre del terrore, e benché fosse ancora lontano dall'Isola, il corpo eretto di Pitone apparve in tutta la sua orribile figura!

    Occhi enormi dalle pupille nere e artigliate puntarono verso il luogo della battaglia tra Astrid e Reva, e serbò a entrambe il medesimo sguardo malvagio.

Aprì le fauci, larghe oltre trenta metri, mostrando file infinite di denti a sciabola lunghissimi. Sembrava, e forse lo era, il ghigno più terrificante che si fosse mai visto. Una goccia di veleno si staccò da una zanna e cadde in mare. Centinaia di pesci affiorarono a pancia in su.

A completare il quadro fu la vista di Fetonte, comodamente stravaccato sul trono d'oro istallato sul capo di Pitone, che si rigirava tra le dita il medaglione sottratto poche ore prima ad Aliseo.

Il volto del dio figlio di Apollo, oltre ad essere di una bellezza e perfezione assoluta, era altresì soddisfatto nel vedere come Asteria stesse miseramente capitolando sotto i suoi piedi.

«È questo ciò che volevate?» gridò Astrid rivolgendosi alle invaditrici, che di punto in bianco si ritrovarono nella stessa barca degli isolani assaltati.

Una risata gioviale e dal tono profondo echeggiò per tutta l'isola.

«Esseri inferiori che popolate questo straccio di terra, sono Fetonte, il supremo dio del sole! Consegnatemi immediatamente lo strumento di Leto e prometterò a ognuno di voi una morte indolore!» chiuse con un'ennesima risata.

   Anche dalla zona sud invasa dalle Amazzoni fu visibile il globo luminoso apparso in alto nel cielo a est di Asteria.

   Tutti gli esseri presenti nella latitudine del sacro suolo volsero lo sguardo verso quell'unico punto.

  Astrid, saggiamente, si dileguò seguendo la via aperta dalle frecce d'argento che stavano contrastando gli effetti velenosi generati dal dardo di Fetonte.

   Il Sire, dall'alto del suo trono in cima alla testa gargantuesca di Pitone, ordinò a Mirea, la seconda regina delle Amazzoni, di dirigersi laddove era apparsa la luce in cielo, e di recuperare Justice Kassidy viva.

«Sire, Fetonte... cioè, mio signore, come farò a...»

«Troverai i mezzi per convincere la semidea di Atena nella stiva della vostra nave». Il figlio divino di Apollo troncò di colpo la disquisizione con Mirea, la quale in cuor suo sentì d'essere arci stufa di ubbidire ad un dio differente da Artemide e Ares.

I Semidei Di Asteria - Il Ragazzo Dagli Occhi Di PerlaWhere stories live. Discover now