Capitolo ventisei

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Noto con stupore che non si sofferma sulla sua infanzia, non tenta di giustificarsi, non prova vergogna.

Tutte cose che invece con me ha fatto.

Ciò me la fa amare ancora di più.

Perché capisco che era sincera, quando mi ha confessato di non aver temuto il giudizio altrui, se non il mio. Le sue parole mi fanno meglio comprendere quanto io le piaccia, quanto ci tenga a me.

Come se avessi bisogno di un'ulteriore prova, vero Alexander?

La mia coscienza si fa sentire e non posso darle torto. Cosa potrei chiedere ancora a questa donna? Sta remando contro la sua stessa vita per venirmi a salvare in mezzo alla tempesta, senza che io le abbia mai dato delle rassicurazioni, le abbia fatto delle promesse.

Mi sono sempre ritenuto un uomo molto coraggioso, ma devo ammettere che Carmen non è da meno. Altrimenti, non sarebbe qui.

«Tutto qui?».

La voce di Hans mi ridesta dai miei pensieri.

Vedo Carmen accigliarsi. «Bé', sì. È...tutto qui», balbetta.

Capisco il motivo del suo cipiglio, così la tolgo dall'impiccio. «Non sembri scioccato», commento, rivolto ad Hans.

Carmen approva annuendo.

Hans sposta i suoi occhi castani su di me e solleva un sopracciglio. «Perché dovrei?».

Carmen sembra vacillare. «Ti ho appena raccontato di essere stata una prostituta e una narcotrafficante, di aver sposato un criminale che potrebbe ucciderci tutti da un momento all'altro».

«Non che sia un vanto», commenta Hans, «ma durante la mia carriera ho sentito di peggio. Voi siete dalla parte dei buoni, ma io ho difeso assassini, stupratori e ladri chiaramente colpevoli. È il mio lavoro sentire queste storie, e lo è anche difendere anche la persona più indifendibile di questo pianeta, nonostante mi faccia ribrezzo e sappia dalla loro stessa bocca cosa hanno fatto».

Io e Carmen siamo entrambi un po' intontiti ed Hans se ne accorge. Indica il nostro trio con un gesto della mano.

«Siamo un bel terzetto: Alexander ha ucciso chissà quanta gente per la pace del paese, tu Carmen avrai dato la dose letale a qualche povero drogato ed io adesso ti difenderò. Siamo delle brutte persone», commenta e si fa una risata, «l'avvocato, la puttana e il militare. Potrebbe essere il titolo del nuovo cinepanettone italiano di quest'anno».

Detto questo si lascia andare in una grossa risata ed io non so se prenderlo a pugni per quello che ha detto o ridere con lui.

Sento Carmen ridacchiare, quindi non deve essersi offesa. Posso lasciar correre anch'io.

«E allora?», chiedo, impaziente, «Che ne pensi?».

Lui sospira. «Amico, la prima cosa che penso è che la tua capacità di metterti nei pasticci potrebbe essere d'ispirazione per un film con Jim Carrey».

Lo guardo male. Basta stronzate.

Lui capisce e continua. «La seconda cosa, quella più importante, è che non possiamo affrontare tutto questo da soli. Sarò pronto a difendervi a spada tratta in tribunale, ma per arrivarci dobbiamo fare di tutto per restare vivi. Questo, purtroppo, non rientra nelle mie capacità».

Vorrei essere meno stronzo e ammettere che ha ragione, ma non ci riesco. «Quando sono venuto per Elsa...».

«Ti ho detto che ti avrei aiutato», mi interrompe Hans, «ma ti ho detto anche che avevo bisogno di prove certe, di una base solida da mostrare ai giudici».

Sbuffo, contrariato. «Ma hai sentito cosa ti ha appena raccontato?».

«Perfettamente», fa lui, con tutta calma, «rispetto all'ultima volta che ci siamo visti le carte in tavola sono cambiate e questo l'ho capito. Non potete portarmi ciò che mi serve senza essere scoperti e probabilmente uccisi».

Anche Carmen sembra spazientirsi. «E allora? Come dovremmo comportarci?».

«Non devo essere io a dirvelo».

«Mi prendi in giro?», chiedo, esterrefatto.

«Lo sapevo!», esclama Carmen, «Ti avevo detto che non ci avrebbe aiutato!», mi accusa.

«Io non posso aiutarvi nemmeno se volessi», ripete Hans, «ma qualcun altro che io conosco bene può farlo».

«Chi?», chiediamo io e Carmen, in coro.

«Ho un amico ai piani alti, al commissariato di polizia. Più precisamente, il commissario», fa lui.

«Come potrebbe aiutarci?», chiede Carmen.

«Questo io non lo so», precisa Hans, «lo sa solo lui. Gli parlerò e ci incontreremo di nuovo qui, noi quattro, per discutere il da farsi».

«Quando?», chiedo.

«Quando ce lo dirà lui».

«Ma è assurdo!», esclama Carmen, «potrebbe essere domani o fra un mese, o fra un anno!».

«È vero», le do man forte, «e chi ci dice che sarà colui che ci darà una soluzione?».

«Io», fa Hans, «dovete fidarmi di me. Tu, Alexander, hai aspettato per vent'anni la tua vendetta per Elsa, mentre tu Carmen hai detto ciò che sapevi solo dopo dieci anni. Io dico che potete aspettare ancora. Dobbiamo essere cauti, lo capite? Dobbiamo scegliere accuratamente di chi fidarci ed è per questo che devo essere io per primo a parlare con questo mio amico. Voglio capire se può aiutarci senza coinvolgervi troppo. Non posso esporci a pericoli inutili, siamo intesi?».

Il tono di Hans è calmo ed autoritario e finalmente riesce a placare i bollenti spiriti miei e di Carmen. Il suo ragionamento non fa una piega: sta volta non abbiamo a che fare con una ragazzina annoiata come Flavia, ma con suo padre, uno dei peggiori criminali che il mondo abbia mai visto. Non possiamo permetterci di sbagliare, se abbiamo cara la vita.



Solo una piccolissima cosa: solo io sbavo di fronte alla gif in testa al capitolo?

David Gandy è di una bellezza più unica che rara!

La mia salvezzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora