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Rebecca non si ammalava mai. Era da anni che non prendeva nulla. Aveva generato degli anticorpi indistruttibili. E allora perché il giorno stesso della partenza per Parigi si era svegliata con un mal di gola e un mal di testa terribili?
Forse non sarebbe dovuta uscire in bici con la pioggia e quel leggero venticello il giorno prima. Ma aveva promesso a Niall che sarebbe tornata ad allenarsi come se fosse una professionista. Niall sembrava avere quel particolare troppo a cuore e Rebecca non capiva neanche perché.
Sta di fatto che in quel momento lei avrebbe solo voluto dormire ancora, ma non poteva. Doveva alzarsi e andare a scuola, perché se sua madre si fosse accorta di come stava realmente, magari non l'avrebbe fatta partire e lei stessa non avrebbe potuto farci nulla.
Rebecca sospirò, mentre dei fastidiosi brividi di freddo la percorrevano. Tutto quello non andava per niente bene.
«Hai un aspetto di merda.» le aveva detto Danilo mentre camminavano verso scuola.
«Grazie.»
«Come farai a nascondere a tua madre che stai male? Tralasciando il fatto che io sono ancora sconvolto perché non ha fatto storie e ha deciso perfino di accompagnarti in aeroporto una volta usciti di prigione oggi.»
«Ce la farò.»
«Sei troppo pallida.»
«Fard.»
«Hai occhiaie scure.»
«Copriocchiaie.»
«Hai una voce di merda.»
«Non parlerò.»
«E la tosse?»
«La trattengo.»
«Non funzionerà mai.»
«Non importa. Ho bisogno di vedere Niall.»
«Ma hai la febbre e potresti immischiarla anche a lui, che non ha anticorpi.»
«A parte che è solo un raffreddore e non ho la febbre, come cavolo fai a sapere che Niall ha anticorpi di merda?»
«Mi informo, mi informi, mi informa.»
«Dovete smetterla di messaggiare voi due.»
«Sei gelosa?»
«Sì.» stava scherzando ovviamente, ma detto questo era andata via verso la sua classe, lasciandolo lì in corridoio a ridacchiare.
C'è davvero una bella giornata a Parigi.
Zitto. Io sto ancora a scuola.
Mancano esattamente tre ore, ventisei minuti e circa dieci secondi.
Sei spaventosamente inquietante.
Stronzate. Sono perfetto.
Rebecca non poteva fare a meno di mandargli la faccina che alzava gli occhi al cielo. Okay che aveva ragione, però...
In quel momento un colpo di tosse la scosse e tutti in classe si erano voltati verso di lei. La fissavano come se fosse un'aliena. Ah, maledizione.
All'uscita aveva avuto solo il tempo di dare un abbraccio a Danilo, poi era salita in macchina con sua madre, che le aveva perfino portato la piccola valigia che Rebecca aveva lasciato all'ingresso nel loro salotto.
«Ma Niall ha una casa anche a Parigi per caso?» era dalla sera prima che sua madre le faceva domande su domande riguardanti Niall, così dal nulla. Era come se si fosse rassegnata del tutto. Non aveva protestato in nessun modo.
«No, ha prenotato l'albergo.» visto che era la prima frase che diceva da quando era salita in macchina, sua madre l'aveva guardata male per come fosse suonata la sua gola.
«E dormite insieme? Rebecca, stai bene? Hai una voce...»
La ragazza arrossì per la prima domanda posta. «Uhm... sì.»
«Dovrei fare il discorso da mamma? Te lo avevo già fatto qualche anno fa, ma non propriamente... insomma, non hai mai avuto un ragazzo.» perfino la donna sembrava in difficoltà.
Sì, certo... Rebecca ricordava come sua madre le avesse fatto quel discorso, quando aveva circa dodici anni. Le aveva spiegato con dei frutti come si facessero i bambini. «No, non c'è bisogno.» si era informata abbastanza da sé. Non voleva di certo parlarne con lei su come fare sesso con Niall. E poi lei non era neanche la sua effettiva ragazza, quindi semplicemente... no!
«Hai la febbre.» quella frase buttata lì di sua madre la spaventò a morte. La donna aveva perfino allungato la mano e l'aveva poggiata sulla fronte della figlia per controllare se avesse ragione.
Nonostante tutto, stava continuando a guidare verso l'aeroporto... Rebecca si sentiva un po' più tranquilla.
«Hai qualcosa nella borsa? Medicine? Quando parti devi portarne sempre con te.»
Era la prima volta che sua madre suonava in quel modo, apprensiva e preoccupata e Rebecca era rimasta piacevolmente colpita. Che stesse iniziando a capire? Sua figlia stava crescendo davvero...
«Le comprerò lì, in caso. O magari Niall avrà qualcosa.»
«Un ragazzo? Non porterà mai con sé delle medicine, neanche se è Niall Horan. Bebe, se dovessi peggiorare...»
Sua madre non la chiamava in quel modo esattamente dalla sera del suo settimo compleanno.
E adesso perché a Rebecca veniva da piangere?
«Niall si prenderà sempre cura di me. C'è lui lì e... non posso restare qui. Ho bisogno di vederlo.»
Sua madre aveva sospirato. «Mandami dei messaggi, okay? E per le evenienze, dammi pure il numero di questo... di Niall.»
Rebecca non sapeva che pensare.
«Io spero davvero che questo ragazzo non sia un assassino o uno stupratore. Rivorrei mia figlia a casa da me perfettamente al sicuro. E se gli facessi causa, con tutti i soldi che ha, magari vincerebbe pure e nemmeno con tutta la mia bravura riuscirei a vincere.»
Rebecca non riusciva a non ridere. Sbuffò, cercando di essere seria. «Io mi fido di lui.»
«Spero che tu non gliel'abbia data solo perché è il ragazzo dei tuoi sogni da anni, il tuo idolo e altre stronzate. Lo hai conosciuto prima?»
Rebecca si chiese sinceramente se sua madre stesse parlando della fiducia o di altro... «Lui è l'unico che non mi abbandona mai... Non devi preoccuparti di lui. Magari ti ci faccio parlare davvero al telefono. Ma in inglese... e ti traduco io.»
La donna annuì e fermò la macchina davanti all'aeroporto. Guardò sua figlia negli occhi. «Magari un giorno lo fai venire a pranzo da noi. Tanto, da quel che ho capito, non ha problemi a prendere un aereo in qualsiasi momento e per qualsiasi posto... brava, Rebecca. Vedo che hai sempre preso alla lettera le parole di tua nonna: "Trovalo ricco... tutti gli atri difetti spariranno per magia. Te lo assicuro".»
«Non sono i suoi soldi che mi interessano.»
«Spero che non ti interessi solo per i suoi piani bassi.»
No, okay. Una battuta di quel tipo non se la sarebbe aspettata proprio. Non era riuscita a non diventare paonazza.
E lei che non glielo aveva neanche visto ancora... Insomma, lei amava Niall perché era Niall. Punto.
«Lui è il ragazzo migliore che abbia mai conosciuto. Lui è... è dolce e sembra star facendo di tutto per me.»
«Ti sei innamorata per davvero.»
Rebecca scrollò le spalle, abbassando lo sguardo e scrutandosi le mani. Le veniva stranamente naturale parlare in quel modo con sua madre, forse semplicemente perché era la donna che l'aveva messa al mondo. O forse perché aveva aspettato quel momento da fin troppo tempo. Attenzione nei suoi confronti anche da parte di sua madre.
«Non combinare guai, va bene? E sono troppo giovane per diventare nonna. Usate le precauzioni.»
«Mamma.» si lagnò Rebecca, cercando di non arrossire di nuovo. La donna più grande aveva semplicemente sorriso. «Grazie.» disse la ragazza alla fine, appena prima di scendere. Nessuno delle due disse altro. Non che si aspettassero qualcosa di più commovente. Ad entrambe andava bene così. Per Rebecca era già un successo. Dopo tanti anni aveva visto davvero sua madre apparire quasi come tale.
Rebecca afferrò con fatica la valigia. Era stanca, dannazione. Non si sentiva per niente bene, ma a breve sarebbe stata tra le braccia di Niall e tutto sarebbe andato per il meglio.
Sto partendo. Ci vediamo tra poco.
Ti aspetto qui, piccola.
E dopo un viaggio che sembrava essere durato fin troppo, con l'aria condizionata non necessaria e lei che si sentiva sempre peggio, Niall era finalmente lì, con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni e un sorriso sul viso. Dio, se le era mancato. Tanto quanto a lui era mancata lei. Rebecca aveva velocizzato il passo e aveva abbandonato il trolley un attimo prima di finire tra le braccia, adesso aperte, del cantante.
«Ciao, amore.»
«Ciao, Niall.» sussurrò, affondando il viso nell'incavo del suo collo. Era strano, ma Rebecca credeva di sentirsi già meglio. Per davvero.

Ride Together ●niallhoran●Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora