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Aprire gli occhi la mattina era diventato troppo faticoso, ormai. Ma era anche normale, visto che dormiva a malapena tre ore a notte. Rebecca stava tutta la mattina in classe a cercare di nascondere la stanchezza e gli sbadigli.
«Non mi piacciono le occhiaie che hai, Reb.» le aveva detto a pranzo Marco, mentre mangiavano un pezzo di pizza insieme. 
«Non ho neanche bisogno di truccarmi.» disse ironicamente. 
«Finisci di mangiare.» la ammonì, ma la ragazza aveva fatto una smorfia.
«La vuoi tu? Non riesco a finirla.»
Marco sospirò stancamente e non le rispose neanche. Rebecca lasciò cadere il cibo che aveva in mano e si pulì le dita con un tovagliolo.
Quanto tempo ci avrebbe messo ad andarsene se si fosse lasciata morire di fame? Forse avrebbe dovuto fare una ricerca più approfondita su internet. O forse avrebbe potuto trovare un modo più facile ed efficace. Come il coltello da cucina che stava usando la sera prima. Si era perfino bloccata a fissarlo come se non avesse mai visto un arnese simile. E sua madre le aveva anche chiesto se stesse bene. Era stato fin troppo facile rispondere di sì.
Quei pensieri le facevano schifo, in realtà... ma c'erano. Si sentiva un'idiota. Sapeva di non esserne comunque capace. Sapeva di essere fin troppo codarda. Ma che senso aveva ormai vivere in quel modo?
«Oggi ti alleni con me.»
«Oggi riposo.» ribatté Rebecca.
«Reb, se contini così...»
«Se continuo così, smetto.»
Gli occhi di Marco si spalancarono. «No.»
«La decisione è soltanto mia, non puoi dirmi cosa fare.» Rebecca si era alzata in piedi e aveva iniziato a camminare verso casa sua.
Il ragazzo si era affrettato a raccattare le sue cose e l'aveva seguita in silenzio. Solo quando erano arrivati a destinazione, lui aveva afferrato il braccio di lei per farsi guardare in faccia.
«Io sono qui.»
Rebecca annuì. Beh, sì... lo vedeva.
«Reb, io so che non stai bene. Voglio aiutarti.»
La ragazza sospirò. «Ti prego... anche tu no.» si lasciò cadere a sedere sui gradini di un palazzo e si mise le mani sul viso, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Era così stanca.
Marco si accosciò davanti a lei e cercò di spostarle le mani dal viso.
«Reb, sei una ciclista incredibile.»
«No, non è vero.»
«Non riesci a vederlo...»
«Sono i fatti che parlano.» un singhiozzo le salì alla gola e le lacrime fecero capolino nei suoi occhi. No, non voleva piangere davanti lui.
«Sei solo in una società che non ti valorizza. Perché non cambi? Vieni con me, ti presento al nostro presidente. Che ne dici?» le sue mani si poggiarono sulle guance di lei e iniziò ad accarezzarla con i pollici.
«Non mi piace più gareggiare.» sussurrò, mordendosi il labbro.
«Non ci credo.» disse lui, con un piccolo sorriso sulle labbra.
I loro visi erano fin troppo vicini e lei si rese conto subito che gli occhi verdi di Marco fissavano le sue labbra. La testa del ragazzo aveva perfino iniziato ad avvicinarsi, quando lei aveva allungato il braccio e aveva poggiato le dita sulle labbra carnose di Marco. «No...» sussurrò.
«Perché no?»
Non rispose a quella domanda. Perché avrebbe dovuto spiegarlo in questo modo: "Perché sono innamorata di un ragazzo che non potrò mai avere e a cui ho detto addio. Ci sto troppo male e non posso baciarti pensando invece a lui. Ho bisogno di dimenticarlo, prima". E sarebbe stata anche una risposta un po' troppo lunga.
«Io... non posso. Non ci riesco.»
«Sei bellissima, lo sai?»
«Marco, ti prego...» Rebecca fece per allontanarsi da lui e il ragazzo si rimise in piedi, facilitando il tutto.
«Chiamami quando mi vorrai accanto. E io verrò subito.»
Perché doveva essere così buono con lei?
Marco era sparito dietro l'angolo e lei era scoppiata a piangere lì per strada. Non si era neanche accorta che qualcuno, che aveva visto la scena da lontano, si era seduto accanto a lei.
Rebecca aveva sentito il profumo ancor prima di vederlo con gli occhi e lo aveva collegato immediatamente al suo migliore amico. Danilo le aveva passato un braccio intorno alle spalle e l'aveva attirata a sé. E lei si era lasciata abbracciare senza esitazione.
Rebecca si era affidata completamente a lui. Dio, se le era mancato. Esattamente come le mancava Niall.
«Rebby... non piangere.» le aveva sussurrato, baciandole la testa.
«Dani... non la voglio più questa vita. Io non ce la faccio più, ti prego.»
«Devi uscirne, piccola.»
«Io... io non so come.» l'unica scelta che le veniva in mente era così catastrofica. Chissà se qualcuno ci sarebbe stato male se lei avesse compiuto un gesto estremo. A chi sarebbe importato? Ai suoi genitori? A Danilo? Marco? A nessuno? A Niall?
Ogni volta che pensava a quel nome, a quel ragazzo, una voce urlava dentro la sua testa, cercando di scacciare tutto.
Si era quasi addormentata lì, tra le braccia di Danilo, quando aveva sentito sussurrare quelle parole dal suo migliore amico: «Devi solo aspettare. Si risolverà tutto. Lui risolverà tutto.»
E Rebecca non aveva avuto neanche la forza di chiedergli di chi stesse parlando.
L'HA BACIATA?
No, ma c'era quasi.
E TU NON LI HAI FERMATI?
Certo, intervenivo e Marco mi spaccava il naso.
Io lo spacco a te e a lui.
Abbassa la cresta, vip irlandese. Mi dovresti dire grazie. E poi Rebecca lo ha respinto. Quindi nessun bacio.
GRAZIE A DIO. QUEL PRIMO BACIO È MIO. MIO E BASTA, CAPITO? DI NIALL JAMES HORAN.
Smettila di urlare e muoviti, allora. Lei non sta affatto bene, Niall. E io non so se riesco a tenere Marco a bada ancora per molto. E non posso manco aiutare Rebecca.
STO ARRIVANDO. SOLO DUE GIORNI. SOLO DUE MALEDETTI GIORNI E SONO LÌ. TIENILA D'OCCHIO E FA IN MODO CHE QUELLE LABBRA RIMANGANO IMMACOLATE PER ME. CAZZO SE VOGLIO MORDERGLIELE.
Non mi fare venire il vomito con immagini di voi due che... no, grazie...
DICO SUL SERIO, DANILO. Sul tenerla d'occhio... Confido in te.
Voglio uno stipendio, però.
Sei il suo migliore amico. Un amico non viene pagato.
Ma sto lavorando per te. E tu dovresti...
Ah, sta zitto. Io sto arrivando. Sto arrivando.

Ride Together ●niallhoran●Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora