Mattia afferrò il bicchiere di plastica con mano tremante e lasciò che l'acqua gli bagnasse le labbra secche. Era davvero una sensazione strana. Gli sembrava di stare bevendo per la prima volta da quando era nato. Deglutì un piccolo sorso e subito gli venne voglia di trangugiare il resto del contenuto. Tese di nuovo il bicchiere alla donna e la fissò confuso. «Sono stato in coma? Non... non ricordo nulla di quello che è successo dopo l'incidente.»

«È stato indotto dai dottori della terapia intensiva per limitare lo stress fisico. Adesso che i tuoi valori delle analisi si sono ristabiliti a dei livelli non critici, hanno smesso di somministrarti i farmaci sedanti», gli spiegò lei. «E credo che adesso andrò ad avvertire il medico del reparto. Sarà sicuramente entusiasta di visitarti.»

Mattia lanciò un'occhiata preoccupata alla porta. «I miei genitori sanno dell'incidente? E la mia ragazza?»

L'infermiera sorrise. «Sono tutti qui fuori. Anche i tuoi amici. Non vedevano l'ora che aprissi gli occhi.»

«Quando potrò vederli?»

«Non appena il medico darà l'okay. Ti sei appena svegliato, non vogliamo rischiare delle ripercussioni. Però, se ti va, puoi pensare a chi vedere per primo, nel frattempo. M'impegnerò personalmente a cercarlo.»

Mattia mosse appena la testa in cenno di assenso.

«Hai qualcuno che desideri particolarmente di vedere? Tua madre, tuo padre, il tuo-»

«Voglio vedere Nadia

***

Nadia trascinò il padre per il braccio lungo la corsia del reparto e lo condusse all'uscita. «Papà, sono davvero felice che sia venuto fino a Roma, ma non puoi passare le notti in ospedale con me. Devi andarti a riposare anche tu, o quando tornerai a casa dormirai per una settimana intera.»

Guglielmo si passò una mano sui capelli e finse uno sguardo da duro. «Bocciolo, sai che sarei venuto in ogni caso. Era un periodo difficile per te e non potevo lasciarti da sola.»

«Sai che c'è Ada con me e continuo a essere dell'idea che tu abbia fatto un azzardo a chiudere l'attività per qualche giorno. Soprattutto con la crisi che stai attraversando.»

Lui le poggiò una mano sulla spalla e sorrise. «Ci sono cose più importanti del lavoro. Ada è la tua migliore amica e ti è stata vicina in maniera formidabile. Ma io sono tuo padre, Nadia: so sempre quando mia figlia ha bisogno di me.»

Nadia sospirò e l'abbracciò, scuotendo la testa. «Sei un testone di prima categoria...» lo rimproverò. «Però mi sei mancato da morire in questi ultimi mesi. E anche la nostra credenza ha sentito parecchio la tua mancanza... Non vedeva così tanto cibo dalla prima volta che hai messo piede nell'appartamento. Abbiamo scorte per sopravvivere fino alla terza guerra mondiale.»

Guglielmo rise e si staccò dall'abbraccio, impostando di nuovo una faccia seria. Stava per dire qualcosa di importante. «Ho parlato con il padre di Mattia ieri, mentre uscivo dal reparto. Ha detto di avermi riconosciuto perché mi ha visto con te nella clinica e io ho capito chi fosse in un attimo... È tale e quale a suo figlio.»

Nadia aggrottò le sopracciglia. «Giulio Silvestre ha voluto parlare con te? E che cosa voleva?»

«Solo conoscerci. In realtà si è scusato per tutto quello che è successo negli anni passati, quando eravamo ancora entrambi in città. Mi ha raccontato dei problemi con sua moglie e di tutti i disagi che ha creato a te e a suo figlio. È un uomo in gamba, sai?» le spiegò, fissandola negli occhi.

«Ti ha parlato della storia del licenziamento?» replicò Nadia, sorpresa. «Come hai fatto a non prendertela?»

«Ormai è acqua passata. Ho capito che il mio posto non è in questa città, ma dove sono nato e cresciuto. Magari era scritto che sarebbe dovuta andare così.» Guglielmo sospirò e si strinse nelle spalle. «E poi credo che Giulio sia solo una vittima che ha appena preso consapevolezza di molte verità nascoste. Per questo mi ha offerto un aiuto.»

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