Capitolo 8.

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 Quando arrivarono alla festa, il caos era divampato. Già nel prato esterno del Club si potevano contare le prime vittime: ragazzi stesi a terra farneticanti, gruppi chiassosi in vena di scambiarsi battute idiote e coppiette appartate intente a condividere le loro pomiciate con tutti i fan dell'associazione sportiva. Tutto nella norma, quindi.

Mattia avanzò con passi sicuri lungo il vialetto che collegava la strada all'edificio delle Aquile, mentre nel frattempo faceva roteare le chiavi della macchina attorno all'indice. Anita lo seguiva al suo fianco, con lo sguardo puntato in alto e la solita aria da sbruffona. Probabilmente, le loro entrate teatrali in stile "Prima pagina di giornale scandalistico" li avevano resi in pochissimo tempo una delle coppie più amate e odiate allo stesso tempo della L.U.S.I. La gente li guardava di nascosto e scambiava commenti a bassa voce. Le ragazze fremevano quando lo vedevano sbucare dalla sua auto sportiva, e cercavano in ogni modo di attirare la sua attenzione. I ragazzi, invece, si scioglievano di fronte alla visione di Anita, o meglio, delle sue gambe, messe in mostra da abiti quasi invisibili. La maggior parte si impegnava a non dare troppo nell'occhio mentre lo faceva. Temevano Mattia come un vero uomo di potere. Perché lui era quel tipo di persona che poteva farti espellere dal Club al solo schiocco delle dita. Colui che tutti cercavano di farsi amico per beneficiare dei profitti della popolarità. Ma questo, Mattia lo sapeva bene. Perciò rifuggiva dalle nuove amicizie e dalle ripetute avances, anche da ragazze più intelligenti o belle di Anita. Perché sapeva benissimo che erano soltanto gesti mirati ai suoi soldi o alle sue conoscenze.

Quella sera, dalle persone che scorrazzavano nel giardino e dalla baraonda che si sentiva da dentro il Club, era chiaro che ci fosse il pienone. E questo voleva dire due cose: che i compagni di squadra avevano fatto un ottimo lavoro di propaganda pubblicitaria, facendo posizionare il Club Sportivo di nuovo al primo posto delle associazioni della L.U.S.I, e che sicuramente ci sarebbero state parecchie ragazze. Un'ottima scusa per svagare la mente.

«Hai sentito i ragazzi?» gli domandò Anita senza guardarlo negli occhi. Era troppo impegnata a captare ogni singola persona presente alla festa con il suo radar.

Mattia prese il cellulare in mano e fece cenno di sì con la testa. «Manuel è dentro, insieme agli altri compagni di squadra. C'è un sacco di lavoro da fare, stasera.»

«Anche Penelope e Carolina sono dentro.»

Da quando avevano cominciato l'università, il loro gruppetto si era ridotto di due componenti: Lorenzo e Giada, che tanto si erano punzecchiati durante il liceo, si erano fidanzati prima degli esami di maturità, e avevano deciso di fare le valige per andare a studiare insieme in un college inglese. Cosa che Mattia aveva trovato alquanto frettolosa.

«È arrivata la superstar!» esultò un ragazzo accanto alla porta d'ingresso, mentre nel frattempo controllava i biglietti di due tipe avanti a loro. «Pensavo non veniste più.» Batté il pugno all'amico e salutò con l'occhiolino Anita.

«Ehi, Alex», ricambiò Mattia con un sorriso. «Le cene di lavoro sono davvero la più grande rottura di palle mai inventata. Comunque vedo che abbiamo fatto il boom anche questa settimana, al Club.»

«Puoi dirlo forte! Credo che a breve dovremo iniziare a farli mettere anche sul tetto. Lì dentro non si respira.»

«Fantastico», sbottò Anita, incrociando le braccia al petto. «Spero che almeno si siano lavati tutti, prima di venire.» Dal tono di voce sembrava indispettita. Probabilmente avrebbe preferito restare alla cena d'inaugurazione dell'Étoile, contornata da gente del suo spessore.

Alex ridacchiò, prima di spostare gli occhi su un ragazzo in piedi in mezzo al prato. «Ehi, tu! Sì, tu, Mister Muscolo! Non ti azzardare a vomitare sull'aiuola!» gridò, con le mani attorno alla bocca e uno sguardo inorridito. «Scusate, ragazzi. Il dovere mi chiama.» Scese i gradini del portico e iniziò a inseguire il tipo per il giardino.

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