Capitolo 30.

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   Chiamare quella di Diego "casa" era un eufemismo, e anche bello grosso: la sua, era una sorta di villa megagalattica, che avrebbe fatto invidia a un'abitazione hollywoodiana. L'abitazione era divisa su due piani e si trovava in cima a un piccolo colle, al termine di una strada contornata da abitazioni lussose e distanziate dal caos della città. Dal cancello in ferro battuto al vero e proprio ingresso della casa c'era un lungo vialetto in mattonato, che Diego e Nadia attraversarono in sella alla moto.

Il ragazzo parcheggiò sotto un portico in legno sulla sinistra del giardino. «Eccoci, disse, tirando giù il cavalletto della moto. Scese dalla sella e aiutò Nadia a fare la stessa cosa.

Lei si sfilò il casco e si voltò verso la casa, osservandola con occhi meravigliati. «Wow, è davvero... stupenda.»

Diego scrollò le spalle. «Mio padre è un patito di architettura. Ha voluto perfezionare ogni dettaglio.»

«Anche la fontana è opera sua?» Nadia indicò la piccola vasca zampillante che si trovava di fronte all'ingresso, contornata da fiorellini lilla e bianchi.

«Quella l'ha voluta Eloise. Quando si è trasferita qui, ha stabilito che serviva più allegria, in questa casa.»

«Eloise... che nome curioso.»

«È di origini francesi. Ha conosciuto mio padre mentre era in viaggio d'affari. Dopo qualche mese si è trasferita qui, lasciando tutto quello che aveva in Francia. Compreso il suo ex marito.»

«Sembra quasi un colpo di fulmine, il loro. » Nadia s'incamminò con Diego verso il portone di casa, fianco a fianco, sotto i raggi di un sole primaverile.

«Non so, non ci capisco granché di questa roba. Ma immagino che quando passi metà della tua vita con delle persone che non sono fatte per te, riconoscere quella giusta diventa molto più semplice, poi.» Si fermò accanto alla porta ed estrasse il pacchetto di sigaretta dalla tasca. Ne estrasse una e la mise tra le labbra, alzando velocemente gli occhi su Nadia. «Ti dispiace?»

«Fai pure.»

«Non prendere mai questo vizio, Savini.»

Nadia annuì e incrociò le braccia al petto. «Di cosa si occupano tuo padre ed Eloise? Se non sono indiscreta.»

«Mio padre gestisce una ditta sponsoristica, mentre Eloise lavora in un'agenzia di viaggi. Entrambi sono molto occupati, ma da quando è arrivata lei, abbiamo cercato di ristabilire un concetto di famiglia che ormai era sconosciuto, qui dentro», spiegò Diego. «Mia madre ha sempre preferito la carriera alla vita di casa. Durante gli anni in cui ha vissuto con noi, è riuscita a trascurare marito, figlio e famiglia. Ma era evidente che il ruolo di mamma non le si addiceva.»

«Mi dispiace, Diego», mormorò la ragazza, abbassando lo sguardo a terra. «Posso capire cosa significhi vivere senza una madre accanto. Io posso dire di non averla mai conosciuta, la mia, e sapere che tu ne hai una che ti ignora, mi fa ribollire il sangue nelle vene.»

«Ormai ho raggiunto la fase dell'accettazione da molto tempo. Adesso c'è Eloise, e devo dire che se la cava bene a destreggiarsi tra i vari drammi familiari.» Diego spense la cicca nel posacenere all'interno di un vaso e prese una boccata d'aria fresca. «Non è facile integrarsi in una casa di due maschi testardi e sregolati, e in più mettere al mondo un'altra creatura. Figuriamoci, mia madre non è riuscita farlo con me... A Eloise andrebbe dato il premio per la mamma d'oro

Nadia rise e sollevò le sopracciglia. «Sai, sono contenta di vederti così allegro. I miei ricordi di te erano molto più... oscuri

«Le cose cambiano, e forse è meglio così.» Diego inserì la chiave nella serratura e la fece scattare «Sei pronta?»

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