Capitolo 54.

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«Devi bere un po' d'acqua, Nadia. Solo un bicchiere, su», le ripeté per la terza volta Ada, seduta sul gradino sotto al portico del Club. Teneva l'amica per le spalle, cingendola con un braccio. Si trovavano lì da un quarto d'ora già, e Nadia non ne voleva sapere nulla di rinsavire. Continuava a blaterare frasi storpiate e senza senso, accompagnate da invettive contro Anita e miscelate a qualche insulto nei confronti di Mattia, Diego, il Campus e Roma intera.

«Non voglio bere più nulla.»

«Non berrai più niente di alcolico, vorrai dire. Ma un bicchiere d'acqua ti farà stare meglio, vedrai», sospirò ancora una volta Ada. Le passò il pollice sulla guancia e scosse la testa. «Ti è colato tutto il trucco. Hai distrutto il mio futuro da make up artist, lo sai?»

«Mi-mi dispiace.»

«Vuoi un fazzoletto?»

«Perché tutti mi torturano, Ada?» Le chiese all'improvviso Nadia, in un breve barlume di lucidità. «Pensi che sia una persona cattiva? C'è qualcosa che sbaglio?»

Ada le poggiò la mano sulla spalla e la strinse, confortandola. «Ehi, non pensarlo minimamente! Tu sei la persona più buona e corretta che abbia mai conosciuto, Nadia.»

«E allora perché?»

L'amica rimase un attimo in silenzio. «Perché sono sempre le persone più buone a soffrire. Sono le più facili da colpire.»

Nadia tirò su con il naso e si asciugò il mascara colato. «Allora non voglio più essere una persona buona. Sono stanca di stare male per gli altri.»

«Tu sei forte così come sei. Sai cosa mi disse il vecchio fabbro del paese? "Non avere paura dei passi falsi, perché saranno le pietre con cui costruirai la tua nuova corazza". Avevo nove anni, ma ho capito il vero senso della frase molto tempo dopo, quando a scuola mi prendevano in giro per il mio fisico troppo paffuto», le raccontò Ada, con lo sguardo fisso sulla siepe di fronte a loro. Nadia le aveva poggiato la fronte sulla spalla e l'ascoltava con gli occhi chiusi e la mente assorta. «Tutte le cattiverie che mi sputavano addosso, anche quelle mascherate con la finta innocenza di un bambino, mi hanno aiutata a uscire dal guscio. Così ho iniziato a realizzare che non ero io quella sbagliata, ma loro. Ho iniziato a convivere me stessa senza vergogna. Ho imparato che nessuno può più farti del male, quando trasformi le tue debolezze in punti di forza. E così devi fare anche tu.»

«Ma tu sei più forte di me, Ada. Lo sei sempre stata», balbettò Nadia.

«Magari due anni fa. Ma adesso non è più così. Ne hai passate più di me e sei ancora qui, stabile come prima.»

«E per fortuna... Altrimenti, sarei già crollata», sorrise lei.

Ada le diede un buffetto sulla guancia e le mise di nuovo di fronte il bicchiere d'acqua. «Bevi, ora.

Nadia annuì debolmente e sorseggiò il liquido trasparente e fresco. Quando fece per poggiarlo sul gradino, si sentì un rumore di passi provenire dal lato sinistro dell'abitazione.

«Dovrebbe smetterla di bere. Credo che lo abbia già fatto abbastanza», disse la voce, cupa e fredda. Si fermò proprio di fronte a loro, in piedi sull'erba umida.

Ada alzò il sopracciglio e sorrise con scherno. «È solo acqua, Mattia. Puoi stare tranquillo. So quando è il momento di farle smettere di bere.»

Mattia indicò con il mento la figura di Nadia, rannicchiata addosso alla spalla dell'amica, con gli socchiusi, come se non volesse vedere nulla di quello che stava accadendo di fronte a lei. «Ah, sì? A me non sembra, invece. È solo colpa tua, Ada. L'hai fatta ubriacare per goliardia e guarda adesso... Se ne sta sdraiata su un gradino, dopo aver dato spettacolo davanti a metà degli invitati.» Spostò lo sguardo sulla ragazza e trattenne il respiro. «Come ti è saltato in mente di attaccare così Anita, Nadia? Mi hanno detto che è scappata dal Club.»

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