Capitolo 47.

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Quando bussò alla porta, le venne ad aprire una domestica con la faccia trafelata e stanca. Aveva i capelli raccolti in uno chignon alto e tirato, e non indossava la divisa di lavoro. Le fece cenno di entrare, con uno sguardo speranzoso e pieno di gratitudine. «Finalmente è arrivata, signorina», le disse, con un sospiro carico di tensione. «Non ce la facevo più. Sono bloccata in questa casa da undici ore

Nadia varcò la soglia della residenza Neri e annuì alla signora. Fece vagare lo sguardo lungo il corridoio che portava alle scale per il piano superiore e scosse la testa, demoralizzata: il pavimento era pieno di bottiglie di alcolici vuote e gettate a terra senza un preciso ordine; alcune erano rotte, altre rovesciate per metà. Sulla ringhiera delle scale era appesa una maglietta da donna e qualche gradino più su giacevano appallottolati dei pantaloni. In quella casa sembrava esserci appena passato un uragano. Un uragano che prendeva il nome di Diego Neri.

«Avrei dovuto staccare dal servizio alle otto. Adesso sono le undici passate. Sono passate tre ore, nel frattempo. Si rende conto, signorina? Mio marito e la bambina mi stanno ancora aspettando per cenare assieme», continuò a sbraitare la donna, senza far caso alle condizioni dell'ingresso della casa. «Ah, ma farò senz'altro una lamentela alla signora Neri. Fossi matta a non farla. Ogni volta che loro partono, quest'abitazione si trasforma in un... bordello a porte aperte. E poi, guardi con i suoi occhi», le indicò il pavimento, schifata. «Guardi che disastro. Io non metterò in ordine nemmeno un coccio, di queste bottiglie sparse a terra. È arrivato il momento che i signori Neri si rendano conto a chi stanno lasciando in mano le redini di casa. E quella bambina, poi... La tengo nel cuore!»

«Mi dispiace tantissimo che si sia dovuta trattenere, Miriam», le rispose Nadia, con il volto dispiaciuto. «Se lo avessi saputo prima, sarei arrivata subito.»

«No, per carità!» La donna alzò le mani al cielo e poi le accarezzò i capelli dolcemente. «Lei è così graziosa... Ma stavolta non gliela farò passare liscia, a quel farabutto! I suoi genitori non sanno delle tresche che tira su con le sue amichette impunite. Sarò anche una loro dipendente, ma non mi farò mettere i piedi in testa da un ragazzo che potrebbe essermi figlio.»

Nadia l'accompagnò alla porta in un silenzio apprensivo e le sorrise. «Conosco i difetti di Diego. Li conosco benissimo.»

«Allora non si lasci ingannare da lui, signorina. O farà la fine di tutte le ragazze che entrano ed escono dalla sua stanza», le mormorò Miriam, aprendosi da sola la porta di casa. Prima di fare il passo decisivo per uscire, si bloccò, con un piede fuori dalla soglia e l'altro ancora nell'atrio. Si voltò verso Nadia e le fece cenno di avvicinarsi con un dito. «E se vuole sapere di quale fine sto parlando, aspetti domani mattina e lo vedrà. Oh, quante ragazzine ho visto sgattaiolare fuori da questa casa come ladre! Anzi, i ladri avrebbero un contegno superiore.»

«Non lo farò, Miriam. Un'ultima cosa.» Nadia fece un cenno con il mento rivolto verso l'interno della casa. «Dove sta Lidia? Lei per caso ha visto qualcosa-»

«Oh, buon cielo, no. No, no», farfugliò la domestica, adesso imbarazzata. «È stata tutto il tempo nella sala dei giochi, come mi era stato detto. Non le avrei mai permesso di gironzolare per questo... tempio della perdizione. Spero solo che quel piccolo angelo non prenda ispirazione dal fratello. Me lo auguro proprio. Adesso, tolgo il disturbo. Buona fortuna, signorina Nadia.»

Lei sorrise e ricambiò il saluto, mentre si richiudeva la porta di casa davanti. «Grazie, Miriam. Buonanotte.»

Quando rimase da sola, sospirò e si fece coraggio. Diede un'ultima occhiata alla baraonda che divagava per tutto l'atrio e decise volutamente di non farci caso, superando passo dopo passo ogni oggetto fuori posto. Gliene avrebbe dette quattro a Diego. Senza ombra di dubbio. Ma prima doveva occuparsi di Lidia. Era lei la sua priorità, in quel momento.

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