Capitolo 41.

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Nadia camminò per una ventina di minuti lungo le vie trafficate dei Parioli senza un'apparente destinazione. Muoveva i piedi ritmicamente, con lo sguardo rivolto verso l'asfalto grigio e le mani all'interno delle tasche della giacca, e zigzagava tra i passanti, intenti nelle faccende del primo pomeriggio.

Il litigo con Diego l'aveva turbata al punto da sentire la necessità di sbollire il nervosismo con una passeggiata. Tanto, anche se fosse tornata a casa, non si sarebbe messa a studiare o a fare qualcosa di effettivamente utile. Il modo in cui l'aveva trattata - il modo in cui era scattato quando aveva visto quello che stava facendo - l'aveva fatta rabbrividire: per un attimo Diego era sembrato completamente fuori di senno, come se lo avessero colpito con un pugnale su una ferita non del tutto rimarginata.

Certo, mettere il naso in affari che non le riguardavano minimamente non era stata la scelta più azzeccata, e di questo in parte se ne pentiva, ma non poteva giustificare la reazione brusca che aveva avuto: alla fine restavano pur sempre delle foto, qualsiasi significato avessero potuto racchiudere.

Già... ma quale significato? Quando era uscita da casa sua, Nadia aveva finalmente ricordato da chi avesse già sentito parlare di Gabriella. Ed era la stessa persona che ancora adesso continuava a punzecchiare Diego con battutine mordenti: Mattia.

Era stato lui a raccontarle la storia di Gabriella, prima ancora che lasciasse la città: per un periodo di tempo aveva frequentato il Machiavelli e aveva stretto amicizia con il gruppo di Diego, proprio come aveva fatto anche lei. Con il passare del tempo però Gabriella aveva mostrato di avere un debole per Diego, e si era lasciata trasportare da lui in ogni pazzia. Secondo Mattia, per il compagno si trattava solo di un passatempo contro le sue giornate monotone, ma dalle foto scattate che aveva visto Nadia nella sua camera, sembrava esserci qualcosa di più: sembrava come se Diego tenesse a quella ragazza. Ma, dal racconto di Mattia, le cose tra loro smisero di funzionare definitivamente quando lui, ubriaco e fuori di sé, si era spinto oltre il limite tollerabile, facendo fuggire Gabriella.

Una folata di vento fresco le soffiò sul viso e le scompigliò i capelli. Nadia si strinse nella giacca e socchiuse gli occhi, interrompendo per un attimo il flusso di pensieri. Si fermò sul ciglio del marciapiedi e osservò il cancello in ferro battuto aperto di fronte a sé: era arrivata di fronte a Villa Borghese, senza sapere di preciso il tragitto percorso. La strada finiva lì, e le uniche possibilità contemplabili erano attraversare le strisce pedonali e fare dietrofront, oppure addentrarsi in quel denso strato di alberi e brecciolino. La scelta ricadde sull'ovvio, e così varcò il cancello, continuando a camminare lungo un sentiero, delineato ai lati da una serie di panchine. Ai lati, sopra il prato, i bambini correvano e si arrampicavano sui giochi, controllati a distanza dalle loro mamme. Nadia osservò le loro facce e sentì le loro risate allegre, mentre saltellavano da un'altalena all'altra, ma nonostante ciò, non riuscì a far passare in secondo piano il litigio con Diego. Le era rimasto attaccato alla pelle, come un denso strato di colla, e non aveva idea di come liberarsene. O meglio, un'idea l'aveva, ma non sapeva se avrebbe funzionato.

Si fermò un momento accanto a un lampione della luce ancora spento e afferrò il cellulare dalla tasca della giacca. Compose a memoria un numero di telefono, senza indugiare minimamente. Anche se era passato tanto tempo, non lo aveva dimenticato. Con un filo di nervosismo, attese in linea.

Il destinatario rispose al terzo squillo. «Pronto?»

Nadia sorrise, sollevata nel sentire la sua voce cristallina. «Mattia, sono io.»

«Nadia?» concluse subito lui, confuso e stupito.

«Sì, senti, lo so che è strano che ti chiami. Ma questo è il mio cellulare... sai, se dovesse servirti», borbottò, mentre con il piede disegnava cerchi sul sentiero di sassi.

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