Capitolo 28.

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Trovare un lavoro part-time si rivelò per Nadia un'impresa colossale e poco fruttuosa. Negli ultimi giorni aveva lasciato da parte lo studio per fare chiamate a bar e pizzerie, e lasciare biglietti da visita in ogni negozio nei pressi dell'università. Si era mostrata allegra e propositiva, e aveva ben marcato il fatto che fosse davvero importante per lei ottenere quel lavoro. Ma non era stata contattata da nessuno e le uniche chiamate che aveva ricevuto avevano dato esito negativo.

Quel pomeriggio Nadia si trovava seduta in uno dei tavoli del bar all'interno della L.U.S.I. Era sola, mentre tutti i suoi compagni erano al corso avanzato di Letteratura. L'idea di dover trovare un lavoro per non gravare sulle spalle del padre aveva sormontato persino il pensiero dello studio e degli esami, convogliandola a tempo pieno nelle sue strazianti ricerche. Sul tavolo, di fronte a lei, erano sparpagliati diversi fogli di annunci lavorativi, la maggior parte dei quali era stata accartocciata e spostata da un lato. Qualche ragazzo seduto accanto avrebbe sicuramente trovato la situazione divertente: da mezzora, infatti, non faceva altro che ripetere le stesse movenze; prendeva un foglio in mano, componeva il numero, spiegava la situazione e agganciava di nuovo il telefono, amareggiata.

Dopo l'ennesima pagina di giornale appallottolata, Nadia sbuffò e si allungò sul tavolo per afferrarne un'altra. Non le era mai capitato prima d'ora di ricevere così tanti no, uno dopo l'altro. Era davvero una sensazione abbattente. Per di più, davanti le restava un unico annuncio di lavoro. Avrebbe dovuto riporre le speranze solo e unicamente in quello. Si portò il foglio davanti agli occhi e lesse il numero, prima di comporlo sul telefono: si trattava di un impiego come commessa in un negozio di abbagliamento sportivo. Attese in linea e tamburellò con le dita sul tavolo, mentre con lo sguardo si perdeva nella facciata frontale del campus.

«Buonasera, come posso esserle utile?» esordì una voce femminile dall'altro lato del telefono.

Nadia si mise dritta con la schiena e prese un respiro, per impostare un tono sicuro e formale. «Salve, ho trovato sul giornale un annuncio per un posto da commessa nel vostro negozio, ed ero interessata a sapere se fosse ancora disponibile.»

«Sì, lo è. Lei ha mai lavorato in ambito commerciale?»

«In realtà, no, però-»

«Esperienze precedenti?»

«Nemmeno. Sono ancora una studentessa uni-»

«Mi dispiace, signorina, non voglio farle perdere tempo. Non prendiamo personale alle prime esperienze. Le auguro buona fortuna per il suo futuro. A risentirla!» La donna terminò la conversazione senza nemmeno dare il tempo alla ragazza di replicare in qualche modo.

Nadia roteò gli occhi e appallottolò con rabbia anche l'ultimo foglio. Sbatté il telefono sul tavolo e si accasciò sulla sedia, godendosi per un attimo l'aria tiepida dalla giornata. «Vaffanculo», si lasciò sfuggire dalle labbra. «Cercano "personale giovane", ma ti rifiutano se non hai esperienza! Non si rendono conto di quanto sia paradossale? È assurdo!»

«Adesso parli anche da sola?»

Nadia si voltò immediatamente di spalle, dove, proprio al tavolo dietro di lei, stava seduto Diego. Sulle gambe aveva poggiato il casco della sua inseparabile moto.

«Diego... da quanto tempo sei qui?» domandò, con la spalla tesa sullo schienale della sedia e il busto rivolto verso il ragazzo.

«Mmm, credo dal terzo rifiuto. Forse anche il quart», rise a bassa voce lui, poi indicò la sedia vuota accanto a lei «Posso?»

Nadia annuì e spostò la borsa sul tavolo, accanto ai resti di una brioche alla marmellata. «È stato molto imbarazzante ascoltarmi?»

«Quasi comico, direi», la prese in giro lui, allungando le gambe sotto al tavolo e poggiando le mani dietro alla testa, con fare rilassato.

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