Capitolo 32.

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A meno di un metro di distanza, Mattia era intento ad attaccare delle locandine sulla appesa al muro. Aveva ancora le braccia tese in alto, mentre spingeva una puntina colorata dentro il legno. La sua attenzione non era rivolta a lei, anche se, dall'espressione che aveva dipinta in volto, era chiaro che l'avesse riconosciuta subito.

Per un attimo Nadia si sentì mancare la terra sotto ai piedi. Negli ultimi giorni non si erano più visti, nemmeno di sfuggita, e il fatto di incontrarlo lì, in mezzo al corridoio della sua facoltà, la fece sentire estremamente esposta. L'ultima volta che aveva parlato con Mattia era stata nella sua macchina, dopo la festa al Club: quella sera, baciandolo, si era armata di un coraggio che in rare altre occasioni avrebbe potuto sfoggiare. Ma adesso, alla luce del giorno e contornata da studenti diretti in ogni direzione, sentiva l'imbarazzo di quel gesto pesarle sulle spalle, facendola arrossire al solo pensarci.

«Questa non è la tua facoltà», gli fece presente, schiarendosi la voce. «Mi stai pedinando?»

Mattia spinse un'altra puntina sul truciolato, facendo aderire il foglio colorato alla bacheca. Sollevò le labbra in un sorriso e alzò un sopracciglio, continuando a guardarla di sfuggita. «Perché dovrei seguire una ragazza che parla da sola in un corridoio?»

Nadia si voltò dalla sua parte e incrociò le braccia al petto. Odiava quel suo modo di parlarle. Era così freddo e privo d'interesse. Detestava il fatto che continuasse ancora a far finta che tra loro non c'era mai stato niente, quando invece la realtà era evidente a entrambi. «D'accordo, cosa stai facendo qui allora?» gli chiese, armandosi di pazienza. «Hai deciso di iscriverti al corso di Poesia occidentale?»

«E se anche fosse?»

La ragazza alzò gli occhi al cielo e si preparò a terminare quella conversazione inutile. «Bene, sopravvivrò lo stesso all'idea. Ci si-»

«No, aspetta.» Mattia alzò il tono di voce quel poco a farla fermare di scatto, prima che partisse spedita per il corridoio.

E come se le fosse stato impartito l'ordine più arbitrario del mondo, Nadia gli diede retta e si fermò a pochi passi da lui. «Si può sapere cosa vuoi, Mattia? Io davvero non ti capisco.»

«Tu... che non capisci me? Sei seria?» la schernì lui, con un tono esasperato. Si avvicinò alla ragazza e le prese un polso tra le dita. «Vuoi che ti ricordi cosa è successo l'ultima volta che ci siamo visti? Sono io a non capire te, e, credimi, non lascerò cadere l'argomento così. Voglio delle spiegazioni», le sussurrò a bassa voce.

Nadia cercò di scrollarsi la sua mano di dosso, ottenendo solo un piccolo allontanamento da parte sua. «Non ho voglia di discuterne.»

«Dovremo farlo, invece. Tu mi hai baciato, Nadia, e noi non stiamo più insieme. Non possiamo fare finta di niente. Non quando io non faccio altro che pensarci e ripensarci.» Mattia la fissò nei suoi grandi occhi verdi, e per un momento lei tentennò. Abbassò lo sguardo verso il pavimento, poi studiò il corridoio, adesso meno popolato di studenti.

«Non dovresti parlarmi così pubblicamente. Le persone guardano.»

«Non me ne frega un cazzo di loro. E poi sono venuto qui per fare altro. Ti ho sentita parlare con il professore, e ho deciso di aspettarti qui fuori.»

«Quindi mi stavi spiando?»

«La porta era aperta e la lezione era pubblica. So che hai ottenuto un posto nel giornalino della L.U.S.I. senza pagare alcun professore. Complimenti.»

«Devi farti gli affari tuoi, Mattia. Tieniti fuori dalla mia vita, okay?» ribadì lei, esasperata. Non le dava fastidio il fatto che la notizia del suo colloquio con il professore uscisse da quell'aula, ma che Mattia stesse cercando di metterla in difficoltà, facendola sentire a disagio in quella conversazione. In realtà, da quando era tornata a Roma, lui non aveva fatto altro che comportarsi in quel modo, stuzzicandola e facendola sentire a disagio.

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