1. "Un atea sull'altare"

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Bianca's Pov

Ormai siamo arrivati alla classicissima, noiosissima domenica. La domenica secondo me è la giornata più noiosa della settimana, ma per i miei genitori e le mie sorelline non è così.
«Bianca! Bianca!» Entrano in camera le mie due sorelline, Jocelyn e Giuly. «Che cosa volete?» Mugugno coprendomi la testa con le coperte.
«Mamma ti vuole giù, dice che se non ti prepari entro 20 minuti resti a casa.» Mi avverte Jocelyn togliendomi le coperte di dosso.
«Jocelyn!» La sgrido coprendomi ancora.
«Sai cosa me ne  frega se resto a casa?» Sussurro per non farmi sentire dalle bambine.
«Bianca!» Urla mia madre. Dal mio rifugio sotto le coperte posso perfettamente sentire i suoi tacchi che salgono le scale.
«Alzati in questo preciso istante!» Fa uscire le bambine dalla camera.
«Mamma, lo vuoi capire che io non ci vengo? Non credo e non credo nemmeno che ci sia una vita dopo la morte, figuriamoci se credo in Dio!»
«Ma cosa ho fatto io, per avere una figlia che non crede nell'altissimo? Buon dio!» Mette le mani a mo di preghiera e guarda in alto. Alzo gli occhi al cielo e, sbuffando, cedo alle lamentele di mia madre.
«Ho capito, ho capito, vengo! Ma solo perché non ti voglio più sentire!» Esclamo sistemandomi la maglia del pigiama che è salita fin sopra allo stomaco durante la notte.
«Brava, amore mio» Mi lascia una carezza sul viso ed esce dalla camera così che io possa cambiarmi e lasciarmi un minimo di privacy che, da quando sono nate 7 anni fa le mie sorelline, non ho più. Mi vesto velocemente con una semplice maglione bianco e dei jeans scuri. Metto le mie converse nere ed aggiungo un filo di mascara e matita per rendere almeno un po' presentabile questa faccia appena sveglia che ho. Il tutto accompagnato con una spruzzata di profumo e un colpo di spazzola. Prendo il cellulare ed uscendo dalla mia camera, rispondo ai messaggi di mia cugina Iris. Mia cugina Iris, oltre ad essere parte della mia famiglia, è anche la mia migliore amica. Sua madre, mia zia, è Greca e conobbe mio zio Edward proprio quando quest'ultimo era in Grecia. Mio zio gira il mondo con la sua squadra navale della marina militare. Mi piacerebbe tanto girare il mondo come ha fatto lui. Scoprire tanti nuovi posti differenti dalla solita città, nuovi piatti, nuove lingue e nuove persone. Ahimè, mi sa che mi toccherà rimanere qui ancora a lungo.
«Buongiorno tesoro» Mi bacia il capo mio padre.
«Su, la chiesa ci aspetta!» Si affretta a dire mia madre dirigendosi verso l'appoggia abiti.
«Ye!» Alzo le mani al cielo con una faccia annoiata. Mia madre mi guarda male mentre mio padre mi accarezza la testa per poi mettere il cappotto a Giuly.
«Avanti, prendi il cappotto» Mia madre, mettendo l'altro cappotto a Jocelyn, mi indica con la testa il mio cappotto blu. Lo prendo e lo metto inserendo nella tasca il mio cellulare. Usciamo di casa e ci dirigiamo verso l'auto. Una volta dentro chiedo gentilmente a mio padre di attivare l'aria calda, così che possa scaldare un po' tutti. Appoggio la testa sul vetro del finestrino e intanto, inizio a pensare un po' a cosa fare una volta tornata a casa. Di sicuro prima mangerò, poi mi toccherà fare i compiti per domani mattina e poi non so, forse chiamerò mia cugina per uscire insieme.
«Bianca» Sento dire da mio padre.
«Domani ti accompagno io a scuola» Continua continuando a guidare verso la chiesa. Annuisco e torno a guardare il paesaggio al di fuori del finestrino. Solitamente vado sempre a piedi oppure, quando sono fortunata e non spreco altro tempo per dormire, prendo l'autobus ma ciò accade una volta ogni mille anni. Mio padre ed io abbiamo un bel rapporto. Se vogliamo dirla tutta, io e mia madre invece no: o litighiamo o non ci filiamo se non di vista.
«Bí, a cosa pensi?» Sento la manina piccola di Jocelyn appoggiarsi sulla mia spalla e la sua flebile vocina fare capolino nelle mie orecchie.
«Nulla amore» La rassicuro.
Essendo la maggiore cerco sempre di non far notare alle mie sorelle se c'è qualcosa che non va, voglio che vivano un'infanzia serena.
«Che ne dite se stasera andiamo a cena fuori con i nonni?» Ci propone papà. Le urla di gioia delle mie piccole sorelle sovrastano la musica che proviene dalla radio, ed io non posso far altro che guardare papà dallo specchietto retrovisore. La macchina, ormai ferma nel traffico, accosta di nuovo dopo qualche secondo di movenze e gli occhi gelidi di papà si soffermano su di me con il suo immancabile sorriso sulle labbra che aspetta una mia risposta che non tarda ad arrivare. Subito dopo aver annuito, la macchina incomincia a muoversi di nuovo e la stradina del Michigan inizia a liberarsi dalle auto ferme nel traffico. Mia madre incomincia a digitare il numero di mio nonno sul suo cellulare ed io la osservo mentre si porta il cellulare all'orecchio. Lei, la donna che mi ha generata e partorita, non so come faccia ad essere così gelida nei confronti delle figlie. Fa la dolce e la carina con me e le mie sorelle solo quando le conviene, tipo quando vuole che prendiamo buoni voti, quando vuole portarci in chiesa e così via. Per le mie sorelle sono come un punto di riferimento visto la mancanza d'affetto che non ci riserva nostra madre. Mi sono ritrovata a fare la madre a 17 anni a due bambine che per di più portano il mio stesso cognome. Mia madre ha tutto in un certo senso: un bel lavoro che le da molta popolarità nel campo giornalistico, la bellezza di una trentenne sebbene lei non abbia più quell'età, un bel fisico che tiene allenato regolarmente e una buona paga, ma la dolcezza verso di noi le manca, questo almeno si. Odio dover assomigliare fisicamente a lei: stessi occhi, naso e pelle chiara, tutte piccolezze che portano a dire che sono uguale a lei quando in realtà il carattere l'ho ereditato da mio padre. L'abito non fa il monaco.
«Siamo arrivati!» Ci annuncia papà accostando e togliendosi di dosso la cintura di sicurezza.
«Mi stavo ammaccando tutta qui dentro!» Esclama mia sorella Giuly con una faccia imbronciata. Le accarezzo i capelli e la libero dalla cintura di sicurezza. Giuly è l'esatto opposto di Jocelyn. Giuly è tosta, lo è già dalla tenera età e di questo non so se esserne orgogliosa o meno. Jocelyn invece è un po' più dolce e mi viene sempre da ridere quando con quel suo ditino cerca di fare la predica alla gemella quando non sa aspettare il suo turno per la porzione di cibo. Scendiamo dall'auto e prendo per la mano le due aiutandole ad attraversare la strada. Una volta spinto il portone della chiesa, osservo con estasi le diverse decorazioni che coprono la cappella e il tetto della chiesa. Delle chiese guardo solo il loro fascino e invidiabile tocco artistico, infatti vengo solo per ammirare. Prendiamo posto fra le prime file ed aspettiamo che il prete faccia il suo ingresso sull'altare. Trovo così stupido il fatto di aspettare il prete, manco fosse una divinità! Insomma, lui dovrebbe venire per primo, sbaglio?
«Jocelyn, non farti vedere da mamma» Le sussurro prima di passarle due caramelle che avevo conservato per le due. Lei ne prende una e dà l'altra a Giuly che, dal canto suo, la prende e mi abbraccia mentre Jocelyn si limita a sorridere. Mamma è dura su queste cose. Dice che il dolce fa male, ed ha ragione, ma sono bambine, dai! Un uomo avvolto nella sua tunica bianca distoglie i miei pensieri e mi riporta alla realtà. È accompagnato da due bambini con le mani in segno di preghiera, uno ha i capelli rossi e l'altro invece neri. La messa inizia con le parole del prete e l'alzata in piedi di tutti tranne me. Ricevo una gomitata da mia sorella che mi costringe ad alzarmi e di mala voglia lo faccio. Dopo un po' recitano le preghiere e i versi della bibbia
Un oretta dopo iniziamo a scambiarci il segno di pace che trovo tutto fuorché utile. Sappiamo bene che la maggior parte di persone presenti in questa chiesa, appena varcato il portone, andrà in giro peccando. Ci alziamo di nuovo in piedi ma stavolta per andarcene definitivamente. «Piove!» Esclama una bimba indicando le goccioline che coprono i vetri colorati delle finestre della chiesa.
«Dovremmo aspettare ancora un po' quì» Intuisce mia madre prendendo sotto braccio mio padre.È un incubo o cosa? Sbuffo e avvolgo le schiene delle mie sorelle con le mie braccia.
«Bí!» Mi chiama mia sorella con il mio nomignolo.
«Dopo andiamo a prendere i vermi di gelatina?» Mi chiede Giuly.
«Tesoro, devo chiedere a mamma» Le accarezzo le treccine bionde accuratamente fatte da mamma. «Mamma» La richiamo, lei si volta e mugugna un "mh?"
«Dopo andiamo dalla signora Constance per prendere i vermi che piacciono a Giuly?» Le chiedo con il tono più dolce che può fuoriuscire da me.
«Cosa? Sei impazzita? Già piove, dobbiamo passare a prendere i tuoi nonni e dobbiamo anche fermarci?» Le chiedo cortesemente.
«Ma non se ne parla! Giuly può vivere un giorno senza quei vermi di gelatina che oltretutto le fanno anche male" Mi spiega. È visibilmente alterata, si vede dal volto. Giuly inizia a piangere e a sbattere i piedi sul pavimento.
«Ma io li voglio!» Grida piangendo istericamente.
«Non fare così» Mi abbasso alla sua altezza per farla calmare.
Si libera dalla mia mano sulle sue braccia e corre verso l'altare.
«Giuly!» Gridiamo io e mia madre. Corro verso l'altare ma lei sembra divertirsi visto che ci sale su e inizia a scappare da me ridendo.
«Giuly, non facciamo figuracce!» Le dico cercando di prenderla.
Ma perché sono così poco sportiva?
Poco dopo vedo Giuly sbattere contro un corpo che la blocca ridendo.
«Ti ho presa!» Esclama la voce della persona che la tiene fra le braccia.
Il suo corpo è abbastanza muscoloso ma non troppo, pantaloni neri e camicia del medesimo colore che fascia alla perfezione quelle braccia.
«Scusi» Si scusa Giuly allontanandosi da lui.
«Mi scusi, mia sorella è molto vivace» Tento di scusarla avvicinandomi a loro.
«Non si preoccupi, anch'io ero così» Mi informa guardandomi dalla testa ai piedi.
Ha una voce calda, soave e rassicurante sebbene non lo conosca per niente. Sarà uno nuovo del Michigan, non l'ho mai visto nei paraggi, né tanto meno in questa chiesa.
«Bianca!» Mi richiama mio padre alzando un sopracciglio.
Mi volto verso di lui e gli sorrido facendo andare Giuly da loro.
«Bianca» Sussurra l'uomo davanti a me.
«Si?» Chiedo cortesemente.
«Oh, nulla. Vieni spesso?» Mi chiede grattandosi il retro del collo.
«In chiesa dici? Pff, ci vengo sotto sforzo Sbuffo.
«Atea?» Mi chiede alzando l'angolo della bocca.
«Esattamente» Sospiro alzando gli occhi al cielo.
«Tu anche?» Gli chiedo sorridendo. Magari chissà, anche lui è ateo.
«Io... Uhm... Penso che sia ora di andare» Si guarda attorno prima di voltarsi senza salutarmi ed andare verso il corridoio che porta nel retro della chiesa.

Angolo Autrice
Eii! 💕
Come state? Spero bene. Spero che questa nuova storia vi piaccia come piace a me💗

{Revisionato il 16/07/18}

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