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Era tanto tempo che la ragazza non usciva fuori.
Era tanto tempo che la ragazza non vedeva gente.
Eppure, invece di essere felice, si sentiva turbata in qualche modo.
Si sentiva cieca, senza respiro.
Non sapeva cosa era successo, forse era stato tutto un sogno, ma come c'era arrivata lì? Aveva paura, e non riusciva a nasconderla, infatti era ben visibile il suo nervosismo.
Si sfregava le mani energicamente tra loro, non riusciva a stare ferma, il cuore le stava esplodendo, aveva una faccia sempre preoccupata.
Non riusciva più a distinguere realtà e immaginazione, era in costante pressione.
Ma perché?
Perché le mancava qualcosa, anzi, qualcuno.
Dov'era Nightmare? L'aveva abbandonata? Non era mai esistito? Si era veramente sognata tutto? La odiava?
Aveva bisogno di lui, che la abbracciava e le diceva che andava tutto bene, che tutta quella novità improvvisa sarebbe finita presto, e che lei sarebbe tornata con lui.
E spesso si chiedeva "perché vuoi tanto bene ad un essere del genere? Ti ha urlato, ti ha usato, è un mostro."
Eppure, era così legata a lui.
Sapeva che c'era del buono in quell'anima nera.
Ma a proposito dell'anima, un pensiero scattò nella mente di (t/n).
Istintivamente portò una mano al collo e fece per afferrare il suo ciondolo, ma la sua stretta era piena di aria, vuoto.
Non c'era.
Si toccò più volte nel punto e guardò con i suoi stessi occhi, ma non c'era.
Questo la fece entrare ancora di più nel panico.
Ormai camminavano da minuti, lei si guardava intorno nella speranza di riconoscere qualche via, ma niente.
Sapeva però, che quello era il villaggio in cui aveva sostato molti giorni prima, dove aveva saputo del mostro.
Immersa in quei pensieri, non si accorse si avere accidentalmente dato una spallata a un passante, o meglio, lui l'aveva data a lei.
Non si girò per scusarsi, continuò a camminare a passo lesto.
Era incappucciata, e la ragazza non lo riconobbe.
Ma guardò a terra, e notò un oggetto, probabilmente caduto al signore, suo possessore, di poco prima.
Era un carillon, che assomigliava molto a quello nella camera in cui alloggiava quando viveva con Nightmare, anzi, era uguale.
Questo le fece sorgere un po' di speranza per nulla fondata, ma anche un po' di malinconia.
Si girò e fece per chiamarlo e dirgli che lo aveva perso, ma ormai era sparito, confuso tra la folla di quel primo pomeriggio.
Lei si fermò per un po', ma poi venne richiamata dal dottore che la invito a seguirlo.
Diede un ultimo sguardo, e poi si rigirò.

«Siamo arrivati.» sentenziò il dottore.

Erano davanti ad un grande palazzo molto bello e solare, pieno di decorazioni scultorie, fontane e fiori.
Sembrava quasi l'opposto del castello di Nightmare.
Giorno e notte.
Sole e luna.
Luce e oscurità.
Il dottore fece per andarsene.

«Aspetti, dove sta andando?»

«Il mio lavoro è finito signorina. Dovevo accompagnarla qui. Ora deve procedere da sola. Arrivederci.» e continuò a camminare.

La ragazza sbuffò, tutta quella superficialità da parte sua per una ragazza era scortese.
Sospirò ed entro, attraversando il giardino, pieno di fiori.
C'erano tanti tipi di essi, ma ne mancava uno, il preferito della ragazza, ed anche l'unico fiore che aveva trovato nel giardino di Nightmare.
La rosa.
Banale, vero?
A tutti piacciono le rose.
Ma (t/n) andava oltre la bellezza esteriore, andava a vedere il significato, o almeno, cosa rappresentava per lei.
La rosa era simbolo di eleganza, fascino, forza, indifferenza, superiorità, raffinatezza.
Le spine erano una delle parti da considerare di più.
Rappresentavano tutte quelle cose belle e delicate, ma che sanno anche difendersi e ferire se trattate male.
Che hanno un'arma sotto la gonna.
Che hanno due sfaccettature.
Tutti i fiori sono belli, ma la rosa è sia bella, che violenta.
Passò per la fontana, e poi si trovò davanti ad un portone.
Fece per bussare, ma le fu subito aperto, lasciandola un po' interdetta.

«...la signorina (t/n)?» domandò quello che sembrava essere un maggiordomo anche abbastanza giovane.

La ragazza si chiese come facevano a sapere il suo nome.
Nascose sotto la gonna il carillon con furtività, un oggetto comunque piccolo da mettere dentro le calze.

«Sono io...» disse un po' spaventata.

«Mi segua, il signore la sta aspettando.»

-Monster- [Nightmare x Reader]Donde viven las historias. Descúbrelo ahora