Capitolo 27

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Nei giorni che seguirono Gonzalo non sembrava minimamente destabilizzato dalla notizia che gli avevo dato. Anzi, era ancora più premuroso nei miei confronti, come se volesse starmi vicino il più possibile. Io nonostante tutto mi chiedevo in continuazione se fosse davvero sicuro che quella situazione gli stesse bene. Stavo costantemente con la paura che potesse cambiare idea. Il sabato successivo arrivò in fretta ed io nel pomeriggio sarei andata in ritiro in vista della partita decisiva che si sarebbe tenuta il giorno dopo. Nella mattinata iniziai a preparare la mia valigia, mentre Gonzalo era a Bologna per l'ultima partita di campionato. Raccolsi tutto quello di cui avevo bisogno ed uscii da casa di Gonzalo che ormai era anche casa mia. Tuttavia però non facevo altro che pensare ad un ipotetico ripensamento di Gonzalo, solo l'idea mi terrorizzava. Misi la valigia in auto e mi voltai a guardare la casa. Proprio lì presi una delle decisioni più difficili, rientrai in casa e decisi di scrivere una lettera che Gonzalo avrebbe letto sicuramente la sera al suo ritorno. Volevo che si prendesse un po' di tempo per pensarci bene, non potevo farcela a prendere un'altra enorme batosta. La scrissi e la lasciai sul tavolo in cucina, recuperai la mia borsa. Mi infilai in auto e decisi di chiudere anche il telefono, volevo estraniarmi da tutti e dedicarmi solo alla partita che si sarebbe tenuta il giorno dopo. Volevo allontanarmi anche un po' da Gonzalo, in modo che prendesse consapevolezza di ciò che provava e dei suoi sentimenti. Arrivai al Center dove con il resto della squadra ci spostammo in una struttura fuori Torino dove avremmo passato le successive ore, fino alla partita della sera dopo. Nel pomeriggio si tenne un allenamento abbastanza duro, il mister ci mise davvero a dura prova. Durante la cena io ero abbastanza assente, mi chiedevo quale sarebbe stata la reazione di Gonzalo quando avrebbe trovato la lettera. A notare il mio strano umore fu Claudia. «Ehi Ali, tutto okay?» chiese sedendosi di fianco a me. «Io... non lo so.» risposi sincera giocherellando con una bottiglia di plastica. «Problemi con Gonzalo?» chiese di nuovo. «No... non esattamente.» risposi guardandolo negli occhi. Claudia annuì. «Non voglio costringerti a parlarne se non vuoi. Solo concentrati, domani ti voglio carica.» disse seria. «Oh, lo sarò eccome.» esclamai sicura. Poi ci alzammo entrambe e ci incamminammo verso la nostra camera dove, tra un programma e l'altro, ci addormentammo.

***Parla Gonzalo***

Eravamo appena arrivati allo stadio quando, preso dalla solita ansia pre partita, decisi di chiamare Alice per sentire un po' la sua voce. Da quando ero tornato con lei mi sentivo una persona totalmente diversa, avevo messo completamente da parte il vecchio Gonzalo, dando spazio alla parte migliore di me che lei stessa aveva fatto uscire. Inviai la chiamata, tuttavia però il telefono risultava chiuso e fu così per tutta la giornata. Iniziavo a preoccuparmi, avevo paura che fosse successo qualcosa. Lasciai molti messaggi ma non ebbi nessuna risposta. Non vedevo l'ora di tornare a casa per capire cosa fosse successo. Finita la partita, infatti, presi il treno insieme al resto della squadra e rientrammo a Torino. Arrivai a casa quasi correndo, entrai dentro e mi guardai intorno. Di Alice però nemmeno l'ombra. Mi ricordai però che lei era in ritiro quella sera dunque era normale che non fosse in casa. Andai in cucina e presi un bicchiere d'acqua, mentre lo versavo però la mia attenzione venne attirata da un foglio che era sul tavolo. Era piegato in due e su un lato c'era scritto: "Per Gonzalo". La riconobbi subito, quella era la grafia di Alice. La aprii e cominciai a leggerla.

"Ciao mio Gon,
so che sarai molto preoccupato per me ma tranquillo, sto bene. Ti chiedo scusa se sono sparita così, senza dire nulla, ma avevo bisogno di un po' di tempo per me stessa. Credo che debba fare la stessa cosa anche tu. Prenditi un po' di tempo per pensare, per ragionare sulla nostra storia e su quello che, purtroppo, non potrò mai darti... so che mi hai detto di non preoccuparmi ma questo è un peso troppo grande da portare e voglio che tu ne sia pienamente sicuro prima di prendere una decisione. Tu sei una delle cose più belle che questa vita, che è stata tanto amara con me, ha deciso di regalarmi. E credimi che è dura rimanere al tuo fianco con la consapevolezza di non poter mai dare io a te uno dei regali più belli che una donna possa fare ad un uomo, è dura vederti sorridere e giocare con i bambini degli altri per poi pensare che non potrai mai farlo con un bimbo tutto nostro. Qualunque sarà la tua decisione io la rispetterò, perché voglio solo che tu sia felice. Perché non è colpa mia, tantomeno tua. È solo colpa di un destino che, forse, è stato troppo crudele con me. Sappi che ti amo Gon, ti amo e ti amerò sempre. Solo che questo è un mio problema, è una mia lotta e non voglio che ne soffra anche tu. Non voglio che anche tu, come me, dipenda da una stupida percentuale. Prenditi tutto il tempo che ti serve e se prenderai una determinata decisione io capirò.

Sempre tua, Ali."

Quando finii di leggere quella lettera avevo ormai le lacrime agli occhi. Mi capitava raramente di piangere, quando li facevo significava veramente che ci tenevo. Mi resi realmente conto di come fosse difficile per Alice portare un peso tanto grande. Non avevo alcun dubbio sulla mia decisione, non le avrei mai permesso di continuare ad affrontare tutto questo da sola. Alice per me ormai era diventata indispensabile, era come una sorta di vizio che non riuscivo a togliermi. Non potevo e non volevo perderla. Conservai quella lettera con le idee più che chiare. Il giorno dopo mi svegliai abbastanza tardi, pranzai e poi chiamai Paulo per chiedergli di accompagnarmi alla ricerca di un regalo per Alice. Avevo capito che era arrivato il momento. Passammo il pomeriggio alla ricerca di quello giusto, tra mille gioiellerie, quando, alla fine, lo trovai. Sempre insieme a Paulo ci recammo presso lo Stadium dove si sarebbe tenuta la partita decisiva per le ragazze, dove infatti trovammo altri compagni di squadra. «Ehi Pipita, pronto ad avere una ragazza campionessa d'Italia?» chiese Leo dandomi una pacca sulla spalla. «Una ragazza? Spero anche qualcosa in più.» risposi sicuro. «Qualcosa in più? Non dirmi che...» affermò Mario avvicinandosi, alcuni dei miei compagni si girarono verso di me ed io gli mostrai l'anello che avevo comprato per Alice. «E daje Pipita!» urlò Leo abbracciandomi. Io sorrisi.

***Parla Alice***

Il giorno tanto atteso era finalmente arrivato, l'ansia era a mille, l'adrenalina ancor di più. Entrammo in campo e, con gran stupore, lo Stadium era pieno. Alzai lo sguardo verso la tribuna dove vidi Gonzalo insieme ai suoi compagni di squadra. Mi chiedevo cosa avesse deciso riguardo la lettera, però cacciai subito quei pensieri concentrandomi esclusivamente sulla partita. Quel giorno indossavo anche la fascia di capitano e sentivo ancor di più il peso sulle mie spalle. Ci avvicinammo all'arbitro. «Testa o croce?» chiese. «Croce.» risposi sicura. Ed infatti fui accontentata. «Palla o campo?» chiese poi. «Palla.» risposi. Mi sistemai sul dischetto e diedi il via alla partita. Quella partita per noi fu perfetta, terminò 3-0 con una doppietta personale. Ero al settimo cielo. Non potevo chiedere di meglio. Appena finì la partita iniziarono i festeggiamenti, non prima però di aver alzato la coppa. Da lì in poi fu il caos più totale, c'erano: famiglie, fidanzati, i ragazzi e società in campo. Io corsi subito ad abbracciare mio fratello che mi strinse forte. Subito dopo, però, mi voltai verso i ragazzi e vidi Gonzalo venire dritto verso di me. «Non mi sembra ne il luogo ne il momento giusto per parlare.» esordii senza nemmeno salutarlo. Lui sorrise. «Ssh.» sussurrò. Poi si inginocchiò, prese un cofanetto dalla tasca e lo aprì mostrandomi un bellissimo anello. «Vuoi sposarmi?» chiese emozionato.

Il mio vizio. || Gonzalo HiguainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora