Capitolo 2

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Colui che avevo visto non molte ore prima e con il quale avevo passato una notte della quale, però, non ricordavo nulla era nuovamente lì, a pochi passi da me. In quel momento avrei voluto sprofondare, avrei preferito non esistere proprio. Claudia notò la mia espressione per niente rilassata e mi chiese se ci fosse qualche problema, scossi la testa in un 'no'. Mentii. Lei si avvicinò al resto della folla, mentre io entrai in campo e iniziai a passare un po' il tempo con il pallone. Non vedevo l'ora di ricominciare il campionato, la stagione precedente la conclusi con 34 reti ed il titolo di capocannoniere e la voglia di ripetermi era tanta. Intenta a palleggiare tutto il mondo intorno a me svanì e non mi resi quasi conto che intanto anche tutte le mie compagne erano in campo. Poco dopo svolgemmo un duro allenamento tra esercizi e partitelle. L'allenamento finì poco prima dell'una e dopo una bella doccia tutte ci incamminammo verso la sala pranzo dove ci attendevamo i soliti pranzetti ovviamente leggeri e salutari. Durante il tragitto ci "scontrammo" con i ragazzi che avevano finito il loro allenamento. Daniele si avvicinò e mi abbracciò forte per evitare che io potessi spingerlo via.
«Dio mio, puzzi.» mi lamentai ridendo.
«Ma dai, forse sarà che sono tutto sudato?» chiese con una strana espressione che non fece altro che aumentare ancor di più le mie risate.
«Si, lo sento... evapora!» lo spinsi via, lui rise di gusto.
Lo adoravo, era sempre stato un ottimo amico. Erano ormai anni che ci conoscevamo, eravamo piccoli quando stringemmo un'amicizia che non credevamo sarebbe arrivata fino a quel punto. Non era un semplice amico, era qualcosa in più. Un fratello che nel bene e nel male mi era sempre stato vicino. Non ne avevo molti di rapporti così. Da quando la mia famiglia si era sfasciata e capii che potevo fidarmi di poche persone mi chiusi in me stessa, dando a pochi il permesso di entrare. Ero consapevole del fatto che la mia unica forza ero io. La mia scarsa fiducia negli altri fu probabilmente il motivo per cui non mi innamorai. Non sapevo nemmeno cos'era l'amore, non avevo idea di come potesse essere vissuto. Ecco perché mi buttavo in brevi rapporti che, sommandoli all'alcol, speravo colmassero il grande vuoto che avevo dentro. Ma essere riempita e poi svuotata nuovamente non era il massimo.
Ci sedemmo al nostro tavolo e iniziammo a mangiare. Dopo pochi minuti la sala si riempì, come sempre, di ragazzi. Mi voltai verso la porta e a fare il suo ingresso fu proprio colui che avrei proprio voluto non vedere. Le mie guance presero fuoco. Girai il volto dall'altra parte sperando che non mi avesse riconosciuta; però, come ogni volta in cui volevo passare inosservata, qualcuno faceva spostare l'attenzione su di me. Leo con la sua solita delicatezza mi strinse da dietro per poi urlare qualcosa di incomprensibile.
«La mia scarsa preferita.» disse poi allontanandosi da me. «Ehi Gonzalo, vieni qui!» richiamò poi il compagno. Cercai di far capire a Leo che non volevo che lui si avvicinasse ma ovviamente non mi capì. Gonzalo si avvicinò sorridente, rivolse il suo sguardo prima al compagno e poi a me. La sua espressione cambio.
«Gonzalo lei è la più scarsa attaccante della serie A femminile, insomma ha segnato solo una trentina di goal.» fu la presentazione che fece Leo. Gonzalo aveva il suo sguardo fisso su di me.
«Ah beh piacere, Gonzalo.» disse porgendomi la mano. Incredula la osservai. Stavo per fare la figura di una perfetta idiota. Dopo un silenzio imbarazzante risposi.
«Piacere, Alice.» gli strinsi la mano. Seguì nuovamente un imbarazzante silenzio, ci guardammo a vicenda con una strana espressione. Dopo di che Leo lo spinse e insieme si sedettero al tavolo vicino. Per il resto del pranzo rimasi in silenzio a cercare di ricostruire la serata precedente, fu del tutto inutile, ricordavo solo piccoli sprazzi. Successivamente lasciammo la sala pranzo per prendere parte alla seconda sessione di allenamento. Nel tragitto che portava al nostro spogliatoio venni affiancata da qualcuno, non avevo bisogno di vedere chi era, potevo immaginarlo.
«Sbaglio o io e te ci siamo già visti?» chiese Gonzalo accennando un sorriso.
«No, non che io ricordi.» mentii spudoratamente, continuando a camminare. Mi guardò confuso.
«Secondo me, invece, lo ricordi fin troppo bene.» sussurrò al mio orecchio. Sussultai.
«Beh mi dispiace deluderti ma è la prima volta che ti vedo.» mentii ancora.
«Va bene, faccio finta di crederci.» disse sorridendo e dio, che sorriso.
Ecco, lui ricordava tutto e, ancor peggio, sapeva che io mi nascondevo dietro un dito. Temevo potesse essere una situazione pericolosa, ragionandoci però capii che da entrambe le parti non sarebbe uscito nulla. Non conveniva a me, figuriamoci a lui.
La seconda sessione fu dura e impegnativa. Tutte, nel finale, ci buttammo a terra sfinite. «Rimaniamo a provare qualche tiro?» chiese Claudia alzandosi e porgendomi una mano, la afferrai e mi misi in piedi. Le altre uscirono dal campo e, come capitava spesso, rimanemmo io, lei e il nostro amato pallone. Corsi verso l'altra fascia urlandogli di crossare. Andai per impattare il pallone ma venni anticipata e, dopo essere sbilanciata con una spallata, caddi a terra. Mi voltai per vedere chi era stato e vidi Gonzalo che, dopo aver fatto goal, rideva. «Per aver fatto una trentina di goal non direi che sei così forte.» disse avvicinandosi. Lo guardai abbastanza male. «Vogliamo parlare della tua delicatezza? Ah no, si commenta da sola.» dissi sarcastica per poi alzarmi. «Era un semplice scontro di gioco.» spiegò lui. «Se solo mi avessi detto che stavamo giocando.» dissi fredda, gelida. Passai il pallone a Claudia che guardava la scena divertita e poi mi incamminai negli spogliatoi.

Ciao belle, questo è il secondo capitolo:) mi fa piacere che comunque qualcuno abbia cominciato a leggerla, aggiornerò di nuovo a brevee!

Il mio vizio. || Gonzalo HiguainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora