Capitolo 5

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Lui, visto il mio silenzio, scosse la testa e si sedette vicino a me. «Perché litigavi con il mister?» chiese serio. Il mio sguardo era perso nel vuoto, poi di scatto mi alzai ed iniziai a camminare avanti e indietro. «Hai intenzione di parlare oppure resterai muta per il resto della giornata?» chiese ancora, non si arrendeva per niente. «Si che ripensandoci, meglio quando non parli.» aggiunse poi. Mi fermai a guardarlo abbastanza male. Lui sorrise, facendomi capire che in ciò che aveva detto c'era del sarcasmo. «Esci di qui, se ti vedono sarò ancor di più nei casini!» dissi poi guardando l'orologio, l'allenamento stava per finire. Ricominciai a camminare. «Ma perché non ti calmi? Mi fai girare la testa con questo fare avanti e indietro.» si lamentò. Poi si alzò e si mise davanti a me facendomi fermare. «Se ti da fastidio puoi benissimo andare via. Dietro di te si trova la porta, vada pure.» disse con tutta l'acidità che avevo dentro. Lui sorrise, poi guardò il suo orologio. «Ne riparliamo a pranzo.» fu quello che disse prima di voltarmi le spalle lasciandomi sola con il mio nervosismo. Le mie compagne rientrarono negli spogliatoi ed io indossai nuovamente la tuta e più silenziosa che mai mi avviai verso la sala pranzo. Mentre camminavo qualcuno mi saltò addosso. «Dai bomber non vogliamo vederti così!» disse Claudia che era ancora sulle mie spalle. «Si risolve tutto e lo sai, una partita non cambia nulla.» mi rassicurò Valeria che mi aveva affiancata. Sorrisi per poi abbracciarle entrambe. Eravamo un bel gruppo e non a caso quell'anno eravamo riuscite a riprenderci e a vincere, dopo molti anni, lo scudetto. Tra una risata e l'altra arrivammo in sala pranzo dove, con gran stupore, notammo che i tavoli erano cambiati ed erano misti. Claudia e Valeria subito mi spinsero verso un tavolo dove, già seduti a parlare, c'erano Gonzalo, Paulo, Gigi, Dani e Sami. L'idea non mi entusiasmava più di tanto, già a partire dal fatto che mi ritrovai seduta tra Paulo e Gonzalo. Salutai Paulo per poi voltarmi verso Gonzalo che mi guardava divertito. «Ci rincontriamo.» disse poi, quasi felice. «Purtroppo!» aggiunsi, anche se non ero sicura di pensarlo realmente. «Ma dai, come fai a trattarlo male?» chiese Paulo scherzando. «Con quella faccia da cucciolo e quella bella pancia.» continuò prendendo in giro il compagno. Scoppiai anch'io a ridere. Gonzalo fece finta di essere infastidito. «La prima volta in 3 giorni che la vedo ridere.» disse meravigliato al compagno parlando di me. «Ma perché gli ho aperto gli occhi su come sei realmente!» rispose Paulo, fiero di se. «Ovvero grosso e con una faccia da cazzi?» chiese Gonzalo facendo quasi la vittima. Io, che mi trovavo al centro tra i due, annuii per poi scoppiare di nuovo a ridere. «Ehi non mi influenzate Alice con le vostre stupidaggini, per piacere!» affermò Daniele abbracciandomi da dietro.  I due risero. «Quando ti chiamo si risponde.» mi sgridò poi, ricordandosi che la mattina mi aveva telefonato e che, come accadeva spesso, non aveva avuto risposta. «Sai che il telefono non lo sento mai, poi stamattina ho fatto tardi.» mi giustificai. «E poi... ciao ciao la prima!» disse Gonzalo intrufolandosi nel discorso. «E tu che ne sai?» chiesi voltandomi verso di lui. «Beh lo sanno un po' tutti in realtà.» disse Daniele. Le cose giravano facilmente lì, non eravamo in molti. «Ti rifarai e lo sai benissimo.» disse Daniele dopo aver notato che la mia espressione era cambiata radicalmente. Annuii per poi tornare a mangiare. Durante il pranzo il mio telefono, che era poggiato sul tavolo, si illuminò ed iniziò a vibrare attirando sia la mia attenzione che quella di Gonzalo. "Papà". Ancora? D'istinto bloccai il telefono e lo girai dall'altra parte. Non mi sembrava il momento adatto per intraprendere una conversazione con mio padre. Soprattutto dal momento che sapevo già che si sarebbe conclusa con una discussione. «Non rispondi?» chiese d'istinto Gonzalo. «Non credo che la cosa ti riguardi.» risposi abbastanza scontrosa. Quando si trattava di cose personali ero capace di chiudermi come un riccio. Lui non rispose e tornò a mangiare. Nel pomeriggio l'allenamento fu abbastanza pesante, nonostante la punizione del mister io mi allenai dando comunque il massimo in modo da poter arrivare ad una buona forma fisica il prima possibile. L'allenamento si concluse con una partitella. Il mister chiamò me e Valeria. «Oggi le squadre le lascio decidere a voi, siete i due capitani, scegliete un modulo e poi chiamate una persona a testa.» disse il mister. Io e Valeria ci guardammo iniziando a ridere sotto i baffi. «Ma dai mister, come a scuola calcio?» chiese Valeria che ormai aveva iniziato a ridere senza sosta. «Proprio così, voglio che ci sia armonia nel gruppo e non c'è niente di più indicato di lasciar scegliere a voi.» spiegò il mister. Io e Valeria ci guardammo per poi iniziare a chiamare. Non mi stupì che il mister avesse scelto noi, spesso e volentieri finivamo al ballottaggio per un posto come punta centrale. Una volta terminate le squadre ci sistemammo. Il mister prese le pettorine, me le passò ed io iniziai a consegnarle alla mia squadra. Arrivata a Claudia, che ovviamente avevo preso in squadra con me, lei guardando dietro di me rise. «Guarda, hai uno spettatore d'onore.» disse ridendo. Mi voltai e vidi che i ragazzi avevano già finiti e che alcuni si erano seduti a guardarci, tra cui Gonzalo. Mi voltai e ridendo le lanciai la pettorina, che ovviamente mancò. Andai a centro campo e mi sistemai sul pallone per battere il calcio d'inizio. Il mister fischiò. Come facevamo sempre nelle partite di allenamento, iniziammo a provare degli schemi, ed infatti il mio primo goal non tardò ad arrivare. Diedi il cinque a Claudia che mi aveva fatto un assist con i fiocchi e poi tornai a centro campo. Dopo nemmeno cinque minuti, riuscii e recuperare palla a centrocampo per poi passarla sulla fascia ad una compagna che me la restituì poco prima del limite dell'area. Due dribbling. Tiro a giro. Goal. «Tanto sei scarsa comunque!» fu quello che sentii urlare a Gonzalo, mi voltai verso di lui alzando un dito medio, ovviamente lui rise. La partitella si concluse poi 2-2. Sfinite ma soddisfatte tornammo negli spogliatoi. Mentre ci cambiavamo i primi commenti non tardarono ad arrivare. «Ma il dribbling? Tanta roba!» disse Valeria riferendosi al mio goal. Io sorrisi. «Nella prima partita di Champions giuro che se riesco a rifare un goal così vengo in panchina ed esultiamo insieme!» le dissi ridendo, lei ovviamente era più che d'accordo. «Vabbè se fai riprendere quel giro al pallone non ce n'è per nessuno!» disse Claudia ridendo. Tra una chiacchiera e l'altra finii di cambiarmi ed insieme a Claudia ci avviammo verso il parcheggio. Aprii il cofano dove ci sistemai il borsone e poi salii in macchina. Persi un po' di tempo alla ricerca della pendrive, per mettere un po' di musica, quando però sentii lo sportello aprirsi ed a salire fu Gonzalo. «No ma prego, sali pure!» dissi sarcastica. Lui mi guardò e rise. «Mi serve un passaggio, Paulo mi ha lasciato a piedi.» mi informò iniziando a guardare la mia auto. «Ma ti sembra normale piombare nell'auto delle persone così?» chiesi alquanto meravigliata. «Ma mica è di una persona qualunque, è la tua. E so che non mi lasceresti mai a piedi!» rispose sicuro di se. «Non sai quanto vorrei farlo.» affermai mettendo in moto. Mi voltai per fare retromarcia e misi una mano dietro il suo sedile e di conseguenza mi avvicinai a lui. «Ma sai guidare vero? Non è che rischio la vita?» chiese ridendo. Non mi toglieva gli occhi di dosso. «Mado ma fai un po' di silenzio?» mi lamentai. Poi però vedendo la sua espressione risi anch'io. «Sai cosa penso?» mi chiese poi mentre uscivamo dal Center. «Pensi anche ora?» chiesi meravigliata. Lui mi guardò male. Io risi. «Dico sul serio, penso che siamo semplicemente partiti con il piede sbagliato.» disse poi, sembrava serio. «Intelligente, ed ora cosa vorrebbe fare lei?» chiesi sarcastica, non riuscivo a vedere il senso di quel discorso. «Non riesci proprio a fare la seria eh?» mi chiese  quasi disperato. «Cosa vorresti che ti dicessi? Io non penso nulla, per me sei un collega come lo sono più o meno tutti gli altri.» dissi seria, volevo tagliare al più presto quel discorso, forse per paura di farmi male. «Quindi baci anche i tuoi altri "colleghi"? Non aggiungo altro, dato che fai finta di non ricordare.» disse serio, marcando sulla parola "colleghi". «Partiamo dal presupposto che sei stato tu a baciarmi e non io, poi ti ho già detto che non so di cosa stai parlando.» spiegai, era palese che mentivo ma ormai non mi rimaneva che continuare a tenere il gioco. Lui fece un sorriso amaro. «Non capisco perché neghi l'evidenza, è come se avessi paura ad ammettere cosa è successo tra di noi ma va bene, hai ragione, siamo colleghi. Puoi lasciarmi in centro, un amico mi aspetta lì.» disse poi freddo, distaccato. Come se qualcosa che io avevo detto gli avesse fatto del male. Annuii e lo accompagnai. Quando scese dalla macchina si girò a guardarmi. «Mi raccomando, guida piano.» fu quello che disse per poi chiudere lo sportello. Se ne andò con le mani in tasca. Io poggiai mano e testa sullo sterzo. Iniziavo a non capirci davvero niente.

Buonasera bellissime, spero che questo capitolo vi piaccia. Grazie come sempre per i commenti. Un bacione.

Il mio vizio. || Gonzalo HiguainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora