Capitolo diciassette

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«Abbassa la voce», la rimprovero, «qui è pieno di gente».

Lei si guarda attorno con circospezione e sembra calmarsi, ma senza abbandonare il suo cipiglio indispettito. «Portami a casa».

«Lo farò, ma prima devo chiederti una cosa».

Sospira, furiosa. Dannazione, è così bella mentre tira fuori l'aria dalla bocca imbronciata. «Fallo e andiamo via».

«Sei gelosa?».

Io sono fatto in questo modo. Sarà anche perché la natura mi ha fatto uomo e non donna. Sono diretto, non uso mezzi termini inutili. Forse avrei potuto farlo quando avevo vent'anni, ma adesso che ne ho quasi il doppio non mi va di perdermi in stupide frivolezze.

Appena Carmen recepisce la mia domanda, sulle prime, è scioccata. Sbarra gli occhi e successivamente, ma solo per pochissimi istanti, talmente pochi che ne posso dubitare, passa nel suo sguardo un lampo terrorizzato. Segue la rabbia, un fuoco imponente che le fa stringere le pupille per far spazio al caldo color cioccolato delle iridi. «Che cosa te lo fa pensare? Il tuo ego è davvero così smisurato?».

Allargo le braccia. «C'erano un sacco di persone in quell'ambulatorio e tu guarda caso litighi con Eva?».

«È stata lei ad iniziare!».

«Te la sei cercata, visto come mi hai trattato».

Alza gli occhi al cielo. «Ammetto che quello è stato un colpo basso, Alexander, ma mettiti in testa che io non sono gelosa!».

«E questo, allora?», dico, indicando lo spazio che ci separa, «questo che cos'è?».

Inizia a camminare e da dietro un spalla mi dice: «Frutto della tua fantasia».

La seguo silenziosamente, rimuginando su quello che ci siamo appena detti, ed inizio ad arrabbiarmi anch'io. Non sono un visionario e non credo nemmeno di star ingigantendo le cose. Non riesco a prendere in considerazione l'idea di dire queste cose, solo perché mi sono irrimediabilmente invaghito di lei.

Ma ho bisogno di una conferma.

Siamo arrivati all'automobile ormai, e la apro cosicché lei vi prenda posto. Sta volta torna a sedersi sui sedili anteriori, accanto a me. Forse anche per lei la conversazione non è finita. Salgo anch'io e faccio partire l'auto, immettendomi nella solita strada.

Ma quella conferma di cui ho tanto bisogno, non può aspettare.

Prendo un'uscita prima della solita e mi immetto in una strada secondaria, dall'asfalto sdrucciolevole.

«So che di qua si arriva prima, ma questa strada è stata chiusa da tempo. È senza sbocco da anni», dice Carmen.

«Questo lo so anch'io», ribatto, scalando di marcia.

«Perché rallenti?».

Scalo in seconda mi dirigo verso la fine della strada, dove l'uscita è stata sbarrata. C'è molta vegetazione attorno a noi e da qualsiasi angolazione l'auto non si vede.

E finalmente mi fermo, per ascoltare la mia conferma.

«Ma cos...».

Non ha tempo di finire la domanda, perché io sono già su di lei. Indossa la cintura di sicurezza e i suoi movimenti sono limitati.

Tanto meglio.

Non che io abbia intenzione di stuprarla, ma non ce la faccio più a tormentarmi. Devo sapere se quella dell'altra volta è stata un'avventura occasionale o se le piaccio davvero. Questo è, secondo me, l'unico modo che ho per capirlo.

La mia salvezzaWhere stories live. Discover now