Capitolo 18

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Con Roberta ripercorse passo passo tutto quanto era accaduto negli ultimi giorni, facendo attenzione a non trascurare alcun particolare che gli sembrasse minimamente rilevante, dai primi messaggi di Marco ricevuti da Claudia al suo primo colloquio con la giovane cognata.
Dai messaggi di lei e le provocazioni piuttosto esplicite fino a quella maledetta sera, quando si era preso il corpo di Federica in preda ad un raptus.
Ma non era stato certo lui a farle del male, anche se prima di lasciarla l'avrebbe picchiata per quella sua assurda idea di coinvolgerlo in un piano torbido architettato per ferire l'ego di Marco, il compagno che sentiva ormai irreparabilmente lontano e di cui voleva vendicarsi usando le sue stesse armi. E ancor più aveva desiderato di picchiarla quando, ormai prossimo a casa, aveva ricevuto sullo smartphone la prova che la ragazza aveva filmato il loro rapporto nella doccia, una parentesi di sesso quasi animalesco che si era rivelata ben più che questo dopo che entrambi avevano confessato il loro reciproco desiderio.

Le raccontò di come era stato prelevato ignaro dagli uffici dell'azienda per cui lavorava dai carabinieri, dell'interrogatorio del giorno prima, dei sospetti che aveva letto nel suono delle parole dei militari e negli occhi dell'ufficiale. Le raccontò anche dell'incidente cui era scampato per miracolo di fronte all'azienda mentre si apprestava a recuperare l'auto e a raggiungere Claudia in ospedale al capezzale di Federica.

Mentre raccontava ripercorrendo mentalmente ogni momento si andava convincendo egli stesso che c'erano troppe cose che non quadravano, che non riusciva a comprendere e a mettere insieme. All'inizio aveva creduto di essere caduto vittima di una disgraziatissima coincidenza per essere stato in casa di Federica, tra l'altro seminando qua e la tracce di se, proprio poco prima che la povera ragazza finisse vittima di una brutale aggressione. Forse un tentativo di rapina finito male, aveva pensato. Ma i carabinieri erano stati subito chiari nell'escludere quella eventualità, visto che dalla casa risultava non mancare nulla ne erano stati rilevati i segni tipici di una rapina. Tutto appariva in ordine ad eccezione degli evidenti segni di una colluttazione.  

Aveva sospettato anche di Marco ma gli era sembrato assurdo. Forse Federica aveva qualche spasimante? Qualcuno era stato attratto nella ragnatela del fascino che la cognata sapeva tessere e magari si era visto respinto? Anche quel SUV che gli piombava addosso e che altri avevano visto cercare deliberatamente di investire non poteva essere una coincidenza... doveva esserci un legame con l'aggressione a Federica... già, ma quale?
E si era fatta strada in lui, soprattutto quella notte, la convinzione di essere vittima di un complotto.

Ma chi aveva potuto ordire un progetto simile? E poi, se qualcuno voleva incastrarlo ci stava riuscendo piuttosto bene. Allora a che serviva ucciderlo? Riflettendo bene forse qualcosa non era andato proprio per il verso giusto... dopotutto Federica era ancora viva, sebbene la sua vita fosse ancora appesa a un tenue filo... e lui, da vivo, per quanto isolato e con tutta la famiglia contro, era forse in grado di dimostrare la sua innocenza...

"Cazzo Stefano, ti sei messo in un gran bel casino..." osservava pensierosa Roberta mentre a sua volta cercava di mettere in ordine tutto quanto aveva ascoltato e gli appunti che aveva annotato sui suoi fogli.
"Grazie Roby, mi sollevi molto..." disse con quel barlume di ironia che gli restava.
"Di nulla... ironia a parte Stefano, sei innocente e lo dimostreremo ma, per il momento, sei il primo indiziato e non potrebbe essere altrimenti. Adesso devo raccogliere dalla Polizia tutta la documentazione che hanno e farmi un quadro più preciso per valutare la migliore strategia di difesa... proverò a tirarti fuori di qui ma non posso assicurarti in che tempi ci riuscirò, abbi pazienza e vedrai che potrai tornare a casa..." lo rassicurò lei.
"Casa? Quale casa Robi? Forse non ti è chiaro che Claudia e tutti gli altri sono convinti che sia stato davvero io e lei in particolare, quand'anche potessi provare la mia innocenza, non mi perdonerebbe mai per quello che è accaduto tra me e sua sorella...".
"E' proprio per questo che ti ho detto che ti sei messo nei guai seri... lo so, è questo il tuo guaio più serio... dall'accusa di aggressione ne usciremo, ma dalla tua responsabilità verso tua moglie e le tue figlie ne dovrai uscire da solo e non sarà facile".
"Già... Roby, fai quel che devi e se puoi aggiornami, mi raccomando".
"Contaci... ci sentiamo presto, stai sereno finché ti è possibile".

Rimase di nuovo solo in compagnia dei suoi pensieri e dei suoi sensi di colpa, fino a che gli le palpebre divenute pesanti si chiusero trasportandolo in un sonno agitato.
Fu destato dal rumore della porta d'acciaio della sua cella che si apriva. Non sapeva quanto tempo fosse trascorso.
Fece capolino un agente che non aveva mai visto prima.
"Stefano Molinari..." disse con un tono a metà tra l'affermazione e la domanda.
"Si?" fece lui mettendosi quasi sull'attenti.
"Mi segua, e ringrazi qualcuno molto in alto che si è mosso... il giudice ha disposto gli arresti domiciliari a tempo di record".
"Robi..." mormorò lui quasi tra sé "...sei una forza della natura!"

Ma non era Roberta l'autrice di quel miracolo. Nell'ufficio del direttore del carcere, dove fu condotto dall'agente, ad attenderlo c'era Alessia.
"Signor Molinari, il giudice le ha concesso gli arresti domiciliari" recitò il direttore.
"Di solito il giudice incaricato impiega almeno 24 ore per pronunciarsi ma lei evidentemente è un uomo fortunato e fossi in lei sarei molto grato alla signorina Cognini".
"Ma... si, la ringrazio Direttore... cioé, sono molto grato alla signorina ma... io non credo che sia una buona soluzione..." quasi balbettò.
"Mi rendo conto... ci rendiamo conto della situazione... lei resterà a disposizione delle autorità e degli inquirenti presso l'abitazione della signorina Cognini" disse rivolgendo un sorriso di confidenza ad Alessia.
"E' inutile le ricordi che nel caso non rispettasse la disposizione qui c'è una cella pronta ad accoglierla... buona fortuna".
Un altro agente porse alla ragazza una borsa che conteneva alcuni suoi effetti personali e prima che potesse pronunciare una sola parola Alessia lo sospinse fuori dall'ufficio del direttore.

Appena furono nel corridoio, mentre seguivano i due agenti di custodia verso l'uscita, Alessia strinse la sua mano. Stefano la guardò con un misto di gratitudine e di disorientamento.
Gli bisbigliò: "Ho chiesto un favore a mio padre... finché non risolverai questo casino potrai stare da me".
"Grazie Alessia... non so cosa dire... grazie".
Ma lei portò l'indice alle labbra "Sshh... non dire nulla".

Federica (#Wattys2017)On viuen les histories. Descobreix ara