Capitolo 17

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Per Stefano fu la notte peggiore della sua vita, il più tremendo degli incubi che si materializza.
E il fatto che avesse dormito poco nelle ultime giornate aveva reso tutto ancora più estenuante.

La polizia aveva setacciato il pc e il telefono di Federica, trovando il video ripreso dalla webcam collocata in bagno la sera stessa dell'aggressione. Allo stesso modo erano emersi i messaggi che lui e Federica si erano scambiati negli ultimi giorni. La polizia aveva scovato anche altre cose che tuttavia erano custodite nei dossier riservati dell'indagine e che a Stefano non era dato di conoscere. Ma quel che poteva sapere bastava e avanzava per mandare in rovina tutto.

Tre ore di interrogatorio precedute da un'attesa di un'ora, interamente trascorsa con le manette e senza alcuna possibilità di comunicare. Un fuoco di fila di domande alle quali, questa volta, Stefano rispose senza tacere nulla e raccontando fino in fondo tutto ciò che sapeva, incluso il "mea culpa" per l'errore commesso quando, sentendosi provocato in modo così spudorato, si era liberato da ogni freno inibitorio e si era preso la sua "vendetta" su quella ragazza così impertinente. Non mancarono le battute e le allusioni dei poliziotti, ma la cosa peggiore fu la nitida percezione che tutti lo considerassero già il responsabile della feroce aggressione che solo per miracolo non si era conclusa con un omicidio. Secondo quanto gli era possibile capire, la polizia riteneva che egli, ricevuto il messaggio di Federica con il video, avesse fatto subito ritorno a casa di lei e l'avesse aggredita. Quanto Stefano aveva rivelato agli inquirenti li aveva ulteriormente convinti che si trattasse di un atto di difesa. La difesa contro la minaccia costituita dalla prova micidiale che Federica aveva mostrato di avere in mano o la reazione ad un ricatto. In ogni caso da un lato sembravano crederlo fino a un certo punto, e dall'altro apparivano quasi sicuri di avere davanti il responsabile del tentativo di omicidio.

Ma la cosa peggiore per Stefano arrivò con la fine dell'interrogatorio quando, ormai in vista dell'alba, gli fu concesso di mettersi in contatto con la famiglia e con il suo avvocato.

Claudia non rispose ai suoi tentativi sul cellulare, ma riuscì a rintracciarla provando sul telefono di casa. Tutto quello che ottenne in risposta fu "Sei una merda, mi fai schifo... non farti più sentire!". Provò allora disperatamente sul cellulare di Aldo ma il suocero dapprima non gli rispose e poi gli inviò un sms laconico, "Hai pure il coraggio di chiamare?".
Provò allora a chiamare Marco che gli rispose quasi subito ma altrettanto in fretta lo liquidò dicendo "Ringrazia iddio che non posso averti tra le mani... vai al diavolo!".
In pochi minuti, come temeva, scoprì che aveva tutti e tutto contro. Era il principale sospettato per le gravi lesioni inferte a Federica e per giunta la famiglia gli aveva voltato le spalle dopo aver appreso quanto era emerso dalle indagini.
Non ebbe cuore di chiamare i suoi poiché era certissimo che avrebbero reagito come e peggio del suocero. Il padre era uomo tutto d'un pezzo e la madre, per quanto comprensiva e prodiga di tenerezze, sarebbe rimasta profondamente delusa. Il problema ormai gli era sfuggito di mano e il fatto che fosse stato lui o altri ad aggredire Federica era un dettaglio di secondo piano. Anzi, in cuor suo Stefano confidava che sarebbe stata provata la sua innocenza ma quel che pesava come un macigno sul suo presente e sul suo futuro, la sua colpa provata, era quanto era stato capace di fare a casa della cognata.

Si rivolse dunque al suo avvocato, almeno lei avrebbe dovuto assisterlo senza giudicarlo per la sua debolezza. Si chiamava Roberta De Carolis ed era il penalista di punta dello studio legale ereditato dal padre, celeberrimo principe del foro. Dormiva e gli rispose dopo molti squilli.
"Stefano? Che succede?" esordì rendendosi conto dell'ora. Erano quasi le cinque del mattino.
"Roby, ho bisogno di te. Sono nella merda fino al collo" le disse d'un fiato.
"Dove sei? Perché non sei a casa immagino..." gli chiese.
"Sono in un commissariato di Polizia... viale dei Platani credo... devi aiutarmi..."
"Non è molto lontano. Arrivo in mezz'ora. Non dire nulla se ti fanno domande, qualsiasi cosa sia successo si risolverà, vedrai" gli comandò con la perentorietà che le era consueta.
"Troppo tardi... 3 ore di interrogatorio alle spalle e sono distrutto, in tutti i sensi... ti aspetto".
Attaccò e si chiuse nel silenzio a riflettere sui suoi errori e le sue sciagure fino a che, stremato, fu vinto dal sonno e si assopì.

Lo svegliò il tintinnio di un nuovo messaggio su whatsapp. Era Alessia.
"Ciao Stefano, volevo chiederti scusa per ieri sera... come sta tua cognata?"
Compose la risposta: "Alessia, lei è conciata male ma io sto peggio".
Il telefono squillò un istante dopo.

"Stefano, che succede?" gli chiese con voce allarmata.
"Ciao Alessia, non ho molta voglia di parlarne ora, scusami. Sono in un commissariato di polizia, ho sopportato 3 ore di domande, sono sospettato dell'aggressione a Federica e quel che è peggio ho tutti contro... e a buon ragione visto che me la sono andata a cercare".
"E' terribile... posso fare qualcosa per te? Conosco un paio di avvocati in gamba...".
"Grazie, sto aspettando il mio avvocato, ormai sarà qui a momenti... non puoi fare nulla, grazie lo stesso" le disse.
"Davvero, mi dispiace... senti, se hai bisogno chiamami... e se vuoi passa da me che le porte per te sono sempre aperte".
"Grazie Ale, so di poter contare sul tuo aiuto... ti faccio sapere... bacio".

Non fece a tempo a chiudere con Alessia che la porta della stanza semibuia si aprì ed entrò Roberta, piuttosto trafelata, preceduta da un agente che un attimo dopo li lasciò soli.
"Stefano, ora beviamo un caffè e mi racconti tutto per filo e per segno...".

A due chilometri di distanza, proprio in quel momento, un uomo e una donna si salutavano con un bacio.
"Allora? Novità?" chiese l'uomo.
"Splendide... hanno trovato il video e l'hanno arrestato" rispose la donna.

Federica (#Wattys2017)Where stories live. Discover now