Capitolo 1 "Jannah..."

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Sono una ragazza come tante altre. Non ho mai avuto nulla di apparentemente speciale, di unico e credo che non lo avrò mai. Ho dei comunissimi occhi marroni e dei lunghi capelli castani tendenti al nero. Spesso sono morbidi e quasi perfetti ma altre volte sono davvero indomabili. Bé questo è uno dei "pregi" nell'avere un padre con capelli afro ed una madre con una capigliatura sottile, leggermente mossa.

Non ho mai preteso molto dalla vita. Ho sempre accettato con coraggio ogni sfida che si piazzava sul mio cammino e ho lottato a testa alta anche se dentro di me ero distrutta dalla tristezza, dalla fatica e dalle enormi responsabilità che mi sono ritrovata ad affrontare fin da quando ero piccola. Questo perché credo che ogni cosa accada per un determinato motivo.

Credo nell'esistenza di Allah, che io paragono ad uno spirito superiore e maestoso che agisce su di noi, andando a stravolge completamente le nostre abitudini, la nostra quotidianità senza chiedere il permesso perché lui sa cosa sia meglio per noi.

L'unico obbiettivo che mi ero prefissata nel mio percorso è stato quello di finire la scuola superiore, trovarmi un lavoro durante il giorno in modo che per due sere a settimana partecipassi al corso per diventare una soccorritrice e così è stato. Lavoro in ambulanza da ormai un anno e mezzo e non potrei essere più fiera di me stessa.

Ci sono tante cose che avrei voluto cambiare, o almeno migliorare in parte e nonostante abbia solo ventun'anni credo di avere una mentalità che supera di gran lunga quella di alcune mie coetanee e penso che questo sia dovuto a quello che ho dovuto affrontare fino ad ora.

Siamo ormai a fine Ottobre e finalmente il caldo se ne sta andando. Non riesco proprio a sopportarlo poiché essendo mussulmana non posso camminare per strada con indosso degli indumenti che lasciano scoperto gran parte del mio corpo.

Preferisco il freddo, quando devo coprirmi tanto, a strati e quando posso perfino indossare il pigiama sotto i vestiti.

É vero, a pensarci bene potrei risultare un'enorme mongolfiera ma visto che sono abbastanza formosa non credo che qualcuno faccia caso al mio abbigliamento.

Sono le sei e mezza di un comune lunedì mattina e chiunque mi conosca almeno un minimo sa che odio svegliarmi presto. Sono molto pigra e il più delle volte finisco per poltrire tutto il tempo sul letto, ritardando il più possibile il momento in cui dovrò abbandonare il mio fedele compagno.

Mi sto per riaddormentare quando la sveglia inizia a suonare puntuale come al solito.

Mi alzo in fretta per andarla a spegnere ma, vado a sbattere la testa contro la parte inferiore del letto di mia sorella.

Abbiamo un letto a castello e per mia grande sfortuna a me è toccato quello di sotto, così ogni tanto ho queste botte che oltre a farmi incavolare contribuiscono a svegliarmi.

Ancora dolorante vado a spegnerla e dopo aver alzato leggermente le tapparelle, apro la finestra per fare entrare un po' d'aria fresca.

Un leggero sorriso si materializza sul mio volto quando noto che fuori c'è un meraviglioso cielo azzurro con delle strisce arancioni.

Guardare il cielo mi conferisce un senso di tranquillità ed energia, che corrisponde al giusto mix per affrontare una lunga giornata lavorativa.

Dopo essermi lavata la faccia mi verso un bicchiere di arancia e mi dirigo verso il mio armadio, che naturalmente è stracolmo di vestiti ma ai miei occhi appare ed apparirà sempre vuoto.

Inizio a cercare qualche capo che attiri la mia attenzione ma stranamente nulla mi soddisfa così alla fine opto per dei jeans blu chiaro ai quali abbino una maglia lunga color rosa confetto e mi porto dietro una giacca leggera nel caso faccia fresco.
Tanto una volta arrivata in caserma mi cambierò e finirò per indossare la divisa tutto il giorno, perciò poco importa come mi vesto.

Dopo essermi pettinata i capelli, truccata leggermente e lavata i denti vado a svegliare il mio bambino.

<<Mahmoud, svegliati!>> inizio ad urlargli dal bagno, ma nulla, non mi sente. Credo che non si sveglierebbe nemmeno se facessi tutto il baccano di questo mondo.

Mi avvicino al suo letto ed inizio a scquotere leggermente il suo braccio per cercare di svegliarlo e quando sto per perdere la speranza, eccolo lì che apre gli occhi. Appena mi vede mi fa uno dei suoi migliori sorrisi.

<<Buongiorno Jannah>>dice ancora con la voce assonnata. Nel caso ve lo steste chiedendo...Si, mi chiamo Jannah e se siete come molti altri che non riescono a pronunciarlo, potete semplicemente sostituire la lettera J con la G...tanto il risultato non cambierà.

Se già non riuscite a pronunciare questa parola, che a me sembra abbastanza semplice, chissà che cosa fareste se vi chiedessi di dire con la giusta pronuncia il mio intero nome che è composto anche da quello di mio padre, mio nonno e perfino del mio bisnonno...credo che a furia di provarci impazzirete e finirete per strapparvi i capelli...

<<Giorno dormiglione, alzati altrimenti farai tardi a scuola!>> gli ricordo io. Dopo avermi dato un veloce bacio sulla guancia corre a prepararsi.

Mahmoud non è realmente mio figlio ma bensì mio fratello minore, a cui sono molto affezionata visto che l'ho visto crescere e  nonostante abbia ormai undici anni rimane sempre il mio piccolino.

Stavo per uscire dalla porta di casa quando sento che mi sta chiamando, so bene cosa vuole da me, allora apro il portafoglio, estraggo una banconota da 20€ e gliela porgo. Lui mi guarda con gli occhi lucidi, sembra essere davvero felice.

<<Credevi davvero che dopo quello che ho fatto per convincerli a farti uscire con i tuoi amici mi sarei dimenticata di darti i soldi?>>gli domando io ed in tutta risposta ricevo un suo abbraccio.

Lo stringo forte tra le mie braccia e gli sussurro un <<Stai attento e non fare cavolate>>

<<Va bene ma, ricordati che me la sò cavare benissimo da solo>> mi dice il piccoletto.

<<Adesso non montarti la testa. Ci vediamo a casa e se hai bisogno chiamami>> rispondo io stampandogli un veloce bacio sulla guancia.

Lo so che da come io lo stia trattando potrebbe benissimo sembrare che i nostri genitori siano morti e che io sia l'unica persona che si prende cura di lui...la realtà però è tutt'altro che questa visto che loro sono ancora vivi ma è come se non fossero presenti completamente con noi.

Abbiamo un rapporto...complicato, se si può definire tale.

Soprattutto io con mio padre per vari motivi.

Cerco subito di scacciare il suo pensiero dalla mia testa visto che non voglio sentirmi male di prima mattina.

Ho imparato che devo per forza tenere la vita privata ben separata da quella lavorativa, altrimenti non riuscirò a concentrarmi in ciò che dovrò fare, così una volta chiusa la porta di casa alle mie spalle faccio un lungo respiro e corro a prendere la metropolitana prima di arrivare tardi in caserma.

*Spazio autrice*
Ciao a tutti! Questo è il primo capitolo in cui ho deciso di presentare la nostra protagonista. Fatemi sapere cosa ne pensate e se vi piace.  -Caty-

Our Challenge (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora