19. Cotidie damnatur qui semper timet

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Quella sera, sotto alla doccia, Louis ripensava a quanti cambiamenti stesse subendo la sua vita nelle ultime settimane. Si sentiva un po' sopraffatto; la partenza di suo fratello, il comportamento altalenante di Harry, unito allo scoprire la sua patologia; Black, il trasferimento alla villa... gli sembrava di essere uscito da una centrifuga, e temeva di perdere colpi nel suo equilibrio.
Si concentrò su Harry. Il suo intuito sentiva che, a lasciarlo fare, il pianista lo avrebbe facilmente inglobato nel suo tessuto quotidiano, travolgendolo con le sue cose, le sue esigenze; sentiva di dover mantenere una sua individualità, se non voleva perdersi totalmente. Ma lui, cosa voleva?

Non aveva presentato domanda in nessuna Università. Le sue aspirazioni erano nebulose; non aveva alcun obiettivo. Si era perso nel tirare avanti e vivere alla giornata, a badare a suo fratello da solo, a farcela. Ed adesso? Ora che era tempo di decidere, lui non aveva ancora pensato a niente... il pensiero lo angoscio'. Non sapeva cosa fare della sua vita.
I suoi professori lo avevano ripreso più volte, sotto questo aspetto, assicurandogli che qualsiasi strada avesse intrapreso, sarebbe andata bene: perché era un bravo studente, responsabile, lavoratore. Ma lui, cosa voleva fare?

Chiuse il rubinetto dell'acqua e si asciugo' in quella casa che gli era ancora estranea, sentendosi smarrito. Infilò la tuta che usava al posto del pigiama ed uscì dal bagno, entrando nella sua camera. La porta comunicante era chiusa; ma lui aveva bisogno di compagnia.
Provò a bussare; poco dopo Harry aprì.
-Mi sento solo- gli rivelò, ad occhi bassi.
Il pianista lo tirò a sé, indietreggiando fino a sedersi sul proprio letto. Gli accarezzo' la nuca e lo bacio', lentamente, mentre il respiro di Louis accelerava. Le mani di Louis percorsero coraggiosamente la stoffa della maglia di Harry, saggiando i muscoli del torace sotto ai suoi palmi, i fianchi, poi la schiena. La bocca di Harry sulla sua era il portale per un mondo fatto di soli sensi, di dita fredde e salde che si intrufolavano sotto alla sua maglia per percorrere il suo addome, di respiri accelerati e di voglia.
Harry rallento', provando tenerezza nel capire che Louis si fidasse di lui, e che fosse in balia degli ormoni. Quella sensazione di responsabilità lo colse impreparato, spaventandolo un po'.
-Louis-
Il ragazzo era accoccolato sul suo petto, e gli stava mordicchiando il collo sotto all'orecchio.
-Ehi, calma- lo blandi', fermandogli i polsi in una mano e facendolo tirare su.
-Scusa- fece immediatamente il ragazzo, arrossendo.
-Non scusarti. Sei adorabile-
Louis aggrotto' la fronte:
-Sono un ragazzo, non dire queste cose-
-Su, ragazzino permaloso. È ora di dormire. Vuoi che lasciamo la porta aperta?-
Louis annuì, vergognandosi un po', ma desiderando di non sentirsi solo.
-Ok, ma sappi che ti disturbero': soffro di insonnia a causa delle medicine. Spesso mi alzo, faccio rumore-
-Non importa- lo assicurò Louis, alzandosi controvoglia.
-Buonanotte, Louis-
-Buonanotte, Harry-

Il giorno dopo, a scuola, Louis era con la mente altrove.
Pensava a quanto si era sentito al sicuro la notte precedente, anche in un letto non suo. Era bello non avere la responsabilità di essere da solo di notte, e pensare che, se ci fosse stato bisogno, qualcun altro sarebbe stato al suo fianco. Era una sensazione di sollievo.

Le cose si misero male all'intervallo; con sgomento vide arrivare Ryan Black in auto. Era ancora sospeso dalle lezioni, e in teoria non avrebbe potuto mettere piede a scuola; il ragazzo, però, si avvicinò semplicemente ai cancelli e lo cercò con lo sguardo. A Louis venne la pelle d'oca; gli tornò a mente la minaccia di portare un coltello, ed in quel momento gli venne il dubbio che il ragazzo fosse così pazzo da portare davvero un'arma a scuola.
Quando Black individuò Louis, sorrise. Era un sorriso cattivo, che precedette uno sputo a terra. Louis pensò che l'avesse fatto per metterlo in soggezione, e ci era riuscito. Non appena fosse stato riammesso a scuola, la sua vita sarebbe diventata un inferno.

Con suo grande disappunto, invece, l'incontro sgradito fu anticipato all'uscita, quando vide Black ed uno dei due suoi amici appoggiati al cofano dell'auto.
-Ehi, Tomlinson- lo apostrofo' Ryan.
Louis tentò di sgattaiolare via, ma l'altro ragazzo, che si chiamava Zayn Malik, lo bloccò prendendolo per la manica della felpa.
-Quanta fretta... vieni qui a fare due chiacchiere- gli disse il ragazzo, trascinandolo verso Black. Il parcheggio era quasi deserto; Louis si era attardato a parlare con un professore, ed ora nessuno l'avrebbe aiutato.
-Tomlinson. Ma che bello, lo scherzetto che ci hai fatto- disse sorridendo Black, mentre Malik lo strattonava per farlo arrivare davanti a lui.
-Il tuo scherzetto è costato caro a Greene: suo padre lo ha riempito di botte ed ora è obbligato a lavorare tutti i giorni al negozio. A me ed a Zayn è andata meglio, ma i suoi gli hanno tagliato i fondi. Sei stato proprio simpatico. Ora che sei da solo non fai più lo stronzetto, eh?- Affermò Black a braccia conserte.
-Cosa volete da me?- Chiese Louis, tentando di non tremare.
-Indovina- ridacchio' Malik.
Louis tentò di scartare di lato, ma il ragazzo fu più svelto di lui e lo afferrò per il cappuccio.
-Ma dove credi di andare? Resta qui a farci compagnia-

-Ehi, cosa sta succedendo qui?-
I tre si voltarono, e Louis non era mai stato così felice in vita sua di riconoscere Liam.
-Louis, cosa sta succedendo?- Continuò Liam avvicinandosi. Era passato per caso tornando dalla farmacia, ed aveva intuito cosa stesse per accadere.
-Stavamo facendo quattro chiacchiere- affermò sicuro Black, guardandolo apertamente in viso.
-Non mi pare proprio. Vieni Louis, ti riporto a casa. Vedete di non farmi arrabbiare, voi due. Vi tengo d'occhio- disse seriamente Liam, mentre Louis camminava frettolosamente verso di lui, incredulo di averla scampata.

Salì sul Land Rover, subito seguito da Liam.
-Ti hanno fatto del male?-
-No, ma era questione di minuti. Grazie, Liam-
-È stato per puro caso. Devi imparare a difenderti-
-Ma mi hai visto?- Fece Louis, indicandosi.
-Non devi mica batterti; devi solo difenderti e farti rispettare-
-Facile a dirsi...-
-È questione di atteggiamento. Se ti mostri sicuro di te, metà del lavoro è fatto- lo assicurò l'autista, parcheggiando nel piazzale della villa.

Trad.titolo: " L'uomo che vive nella paura è condannato ogni giorno"

Ad astraWhere stories live. Discover now