«Questo lo prendo io. In mano tua diventerebbe pericolosa persino l'aria, ora come ora.»

Nadia si voltò verso di lui stizzita, e sbatté un piede a terra. Con lo sguardo esaminò la stanza, ma il nero avvolgente intorno a loro rese inutile il suo tentativo di ricerca. «Perché diavolo lo hai fatto? Come pensi che usciremo adesso?»

Mattia sospirò e le abbassò la mano puntata verso di lui sui fianchi. «Quella maniglia era rotta. Non ci sarebbe stata comunque utile.»

«Oh, ma fantastico. Sì, davvero rincuorante, Mattia. Sei sempre stato così di supporto.» Prese un bel respiro e gettò fuori l'aria.

«Troveremo una soluzione.»

Nadia lo ignorò e tornò a voltarsi verso la porta metallica. Iniziò a sferrarle delle manate poco delicate, che le provocarono un bruciante formicolio sulla pelle. Ma non si fermò. «Ehi, c'è qualcuno lì fuori? Siamo rimasti chiusi dentro! Abbiamo bisogno di aiuto!» gridò, con l'orecchio poggiato sulla superficie metallica. «Aiutateci, vi prego!» terminò la frase con la voce tremante e quasi afona. Strinse le nocche sulla porta e chiuse gli occhi, respirando rapidamente. Avrebbe voluto piangere. Se c'era una cosa che aveva sempre odiato, da quando era rimasta rinchiusa nel fienile all'età di sei anni, era il buio. Il buio e il chiuso, con annessa mancanza d'aria. E quel posto ricalcava alla perfezione la descrizione, spedendola con un biglietto di sola andata in un fantastico viaggio verso un attacco di panico.

Mattia la sentì respirare affannosamente, con la testa poggiata sulla porta e le mani chiuse su se stesse, e capì che qualcosa non andava. Si avvicinò cautamente alla ragazza e le poggiò le dita sulle spalle, costringendola a indietreggiare dalla porta. Se avesse continuato a darle addosso in quel modo, avrebbe finito per farsi male.

«Vuoi calmarti? Ma che ti prende?» La scosse, con la speranza che tornasse in sé. «Nadia, calmati. La situazione non migliorerà se ti farai prendere dall'ansia. Vedrai che usciremo a breve.»

«E come? Non passa nessuno per il corridoio. Sono tutti alla festa, e...» si interruppe, per poi spalancare gli occhi. «Il cellulare! Posso chiamare Leonardo e dirgli di venirci ad aiutare.» Frugò nella borsetta ed estrasse il telefono. Accese lo schermo speranzosa, ma l'espressione carica di aspettative scemò quando lesse il messaggio "Nessun servizio". Sospirò e lo mise di nuovo via.

«Non prende, vero?» sorrise sotto i baffi lui.

«Non fare l'ironico. Siamo nei guai fino al collo. E io non ho intenzione di passare un altro minuto dentro questo magazzino.»

«D'accordo. Cosa proponi di fare?» Mattia la fissò con un sopracciglio alzato.

Nadia rimase in silenzio.

«Come immaginavo...» Lui scosse la testa e sospirò. Poi raggiunse uno scaffale e scansò le cose da terra, prima di mettersi seduto sul pavimento con la schiena poggiata su una mensola. «Non è molto comodo, ma credo di dovermi arrangiare per il momento.»

«Cosa stai facendo? Alzati! Non mi pare il caso di riposarsi proprio ora!»

«Mi sono seduto. E ci resterò anche. Almeno fin quando non sentirò i passi di qualcuno vicini al magazzino. Dovresti farlo anche tu, sai?»

«Perché non proviamo a... non so, spingere la porta? Magari la maniglia rotta ha allentato la serratura», balbettò lei. Con la mano si asciugò l'ennesima gocciolina di sudore che le percorse la nuca. Era fredda.

«Ci ho già provato prima. È un infisso pesante e può essere aperto solo dall'esterno», replicò con schiettezza Mattia. Con la mano le indicò uno spazio vuoto sul pavimento, accanto a lui. «Mettiti seduta.»

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