Tolgo un momento le cuffie e, con mia grande sorpresa e felicità, non sento più gemiti. Sospirando di puro sollievo decido di alzarmi dal letto ed iniziare la mia solita routine mattutina. Un'ora e mezza dopo sono seduto in cucina a sorseggiare un caffè nero.

«Sugar...Yes please...Won't you come and put it down on me...I'm right here, cause I need...Little love and little sympathy».

Con le orecchie che mi stridono, mi volto verso la voce acuta che imita malamente il cantante dei Maroon V, Adam Levine. Mia madre entra in cucina scuotendo il sedere e canticchiando e vorrei tanto guardarla male, ma non ci riesco. Vederla così felice dopo ieri sera mi fa stare sereno. La causa della sua felicità, un po' meno.

Mi scocca un bacio sulla guancia. «Buon giorno, tesoro».

Sorvolo sul suo eccesso di felicità. «Buon giorno».

«Cosa fai di bello, oggi? Pensi di uscire?».

«Non so», le dico, stupito dalla sua curiosità, «perché, tu hai intenzione di uscire?».

Lei scrolla le spalle. «Credo proprio di no. Se vuoi puoi prendere la macchina, nemmeno tuo padre uscirà».

Dopo quelle parole, all'apparenza innocenti, il caffè mi risale per l'esofago. Sto per vomitare, davvero. Ecco perché indaga, mi vuole fuori di casa! Bene, io le renderò le cose più facili.

Mi alzo dalla sedia e vado alla ricerca del giubbotto di pelle. «Visto che c'è la macchina disponibile, sbrigherò delle faccende».

Mia madre sorride tutta soddisfatta, ed io vorrei solo cavarmi gli occhi. «Oh, okay».

Annuisco, ed esco dalla porta di fretta e furia. Mi precipito fuori in strada ed entro in macchina. Guardo l'orologio al polso: le sette del mattino. Sto per accendere l'auto, quando il mio cellulare squilla: è Hans.

«Hans», lo saluto.

«Bene, sei già sveglio», commenta lui.

«Eh, sì. Che ti serve?».

«Mi servi tu, nel mio studio, tra dieci minuti. Dobbiamo discutere di ciò che è successo ieri con Björn».

«Bé', sembra all'oscuro di tutto».

«Per adesso» commenta lui, in sottofondo sento clacson suonare, deve essere in mezzo al traffico, «ma dobbiamo lo stesso studiare una strategia. Non si può mai sapere».

Annuisco, più a me stesso che a lui. D'altronde, ha perfettamente ragione. «Va bene».

****

Entro nello studio di Hans un po' più tranquillo della volta precedente. Sono comunque un po' in apprensione, ma dopo le ultime notizie sto meglio di prima. Almeno, per adesso, non rischio di avere un infarto ogni volta che mi arriva una telefonata da Björn.

«Siediti», mi ordina Hans, prendendo posto alla scrivania e sbottonandosi la giacca.

«Sei molto mattiniero», commento.

Lui scrive qualcosa sulla sua agenda, poi mi rivolge l'attenzione. «Devo essere in tribunale alle otto, ma prima dobbiamo parlare. Hai intenzione di accettare l'offerta di Björn Zimmerat?».

«Credo proprio di no».

«Invece devi».

Strabuzzo gli occhi, scioccato. «Devo?».

Lui annuisce. «Sarebbe vantaggioso».

Sollevo un sopracciglio. Deve essersi bevuto il cervello. «Per Flavia di sicuro. Mi avrebbe sotto scacco diciamo...tutto il giorno!».

Lui giocherella con la pena. «Ricordi cosa ha detto Björn, vero?».

Sbuffo. «Sì, Flavia partirà, ma tornerebbe prima o poi».

Lui scuote il capo. «Ascolta il mio piano», mi dice e si alza dalla poltrona, viene verso di me e dopo aver messo le braccia conserte si appoggia alla scrivania, «tu accetti la proposta di Björn e lavori per lui. Se ti ha proposto un incarico del genere, significa che gli ispiri fiducia. Sarà quella la chiave del nostro piano. Comprendi?».

Ci rifletto su un momento. «Dovrei conquistare la sua fiducia, intendi».

Mi fa un cenno col dito. «Esatto. Una volta fatto, sarà più difficile per lui accusarti. Avresti qualche arma in più, rispetto ad oggi».

«Quindi?».

«È semplice», annuncia, «conquistali. Fatti amare. Rispettali. Sii silenzioso e fedele. Queste sono cose che i ricchi apprezzano».

Annuisco. «Ho capito. Quindi devo accettare?».

«Chiamalo oggi stesso».

Titubante, estraggo il cellulare dalla tasca dei jeans. «Sicuro?», gli chiedo.

Lui scolla le spalle. «Ora come ora, hai molto da perdere. Lavorare per lui, secondo me, non peggiorerebbe le cose, anzi le migliorerebbe. Per come stanno le cose ora, non potresti nasconderti nemmeno nel buco del culo del diavolo. Björn ti troverebbe e ti farebbe passare le pene del'inferno; mentre, se inizia a fidarsi di te, potrebbe credere alla tua storia piuttosto che alla versione di Flavia».

«Hai ragione», ammetto.

«È inutile ricordarti di stare lontano da Flavia anche a costo della tua vita».

«Sarà fatto», confermo.

Lui annuisce ed io considero la discussione liquidata.

«Allora io andrei», gli dico.

«Aspetta», mi fa, «devo dirti un'altra cosa».

Mi fermo in piedi sul posto. «Certo».

Lui si gratta la testa. «Solitamente, l'ultima domenica del mese, io, Stefan ed Arran usciamo insieme. Beviamo qualcosa al pub e magari poi bighelloniamo in giro, o magari andiamo a giocare a biliardo o a bowling. Ti va di venire?».

Soppeso per un attimo la sua proposta. Istintivamente, per i primi secondi, sto per rifiutare, ma poi ci ripenso. In fondo sono venuto qui a Berlino per cominciare una nuova vita e farmi degli amici. Hans è un tipo a posto, Stefan è molto intelligente e mio fratello Arran...bè' per quanto mi costi ammetterlo anche lui è una brava persona. Sarebbe ora di ricucire i rapporti con lui.

«Va bene», gli dico.

Lui sorride. «Grande, amico!».

Gli sorrido anch'io, consapevole di aver trovato un amico sincero.

La mia salvezzaWhere stories live. Discover now