Part 14

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È un quartiere che non si può dire non abbia una sua poesia: la luce del mattino che si appoggia morbida sulle facciate color giallino delle case popolari, con le persiane e le tende ai balconi color verde, poi ci sono palazzi coi mattoni a vista, le piante stipate sui terrazzini, l'officina di un meccanico, qualche bottega da vecchio borgo, un portone dietro l'altro, e un marciapiede largo tanto da averci spazio per dare due calci al pallone.

Cities are geological and three steps cannot be taken without encountering ghosts. Some of them are fearful, some others are pleasant like friendly shadows of childhood (1).

"Un tempo i suoi libri mi hanno fatto sognare" mi aveva confessato un giorno un amico passando davanti alla casa di Emilio Salgari. A me per sognare bastano quattro strade in croce di questa città. Ogni angolo, ogni via, vie lunghe, infinite, come se fossero una promenade incessante verso l'orizzonte. Ecco, tutti quelli che hanno la fortuna di nascere in un posto che sa un po' di mondo, che un paese ce l'hanno e non solo per poterlo lasciare... su questo asfalto a chiazze, come sudore, sputo una gomma come fosse amarezza, senza farmi vedere.

People. Guardo un barbone appoggiato al muro di una casa stretta, seduto su un cartone, e un cane addormentato che tiene in braccio avvolto in una coperta, come se fosse un bambino. Con la mano, con tenerezza, gli accarezza la testa, le orecchie. L'inverno non sarà così freddo se rimarranno insieme; e penso a tutti quei poveri cristi che non hanno nulla, nemmeno lo sguardo dolce di un cane nel quale confondere le delusioni.

Passo davanti a un bar vuoto: un cameriere, solo come un pesce d'acquario, armeggia dietro il bancone. È un mattino tranquillo, io non lavoro, le auto rallentano agli incroci delle strade e sulle scocche brilla un raggio di sole.

Intanto che aspetto a un semaforo rosso... cosa sembro a chi mi passa vicino? uno che sogna e ha i suoi guai da pensare? È difficile mentire per strada alla prima impietosa impressione, all'istinto da fotografo di estranei che ti guardano in faccia.

Per strada non siamo tutti un po' esposti, un po' nudi davanti agli sguardi? Chi è senza giacca, chi senza camicia anche d'inverno, chi addirittura senza pantaloni, chi cammina a piedi scalzi, chi è felice e sembra volare. Il punto, il vero punto, è fregarsene di quello che vedono gli altri. Ma io mi sento così, con addosso qualcosa di meno di quello che ho, e allora mi nascondo mettendo le mani in tasca.

Potrei anche definirmi street-aholic. I've been known to scour streets for quaintness. Là in fondo alla via, per un intero isolato ci sono finestre, finestre, finestre; si susseguono regolari come la serie dei numeri pari, come una sequenza monotona di note musicali, sopra un basamento di pietra, e un cornicione come unica legatura. Al fondo, dietro il muro, sopra il tetto spunta una cisterna, come un acuto, una nota solitaria di un assolo. È la cosa più caratteristica di tutto il quartiere. Qui tutti riconoscono la sua forma arrotondata: ha un'aria di casa. È un punto di riferimento, ed è grande quel tanto che basta per sollevare un po' di meraviglia, non fosse tutto lasciato andare così male.

È davanti a questa fabbrica abbandonata che si trova il Centro. E solo ora vedo che sulla facciata penzola un lenzuolo, che in parte copre il nome della scuola che occupa, su cui c'è scritto:

GIÙ LE MANI DALLA FABBRICA

GIÙ LE MANI DA NOI

Era stata una scelta curiosa quella di aprire una scuola proprio davanti ad una fabbrica. Non so se c'era stata la deliberata intenzione di preparare i ragazzi alla disciplina dei turni, dell'orario di studio come se fosse stato l'inflessibile orario di lavoro delle catene di montaggio; oppure se il proposito era di ammonirli che se non avessero studiato sarebbero andati a finire lì dove lo sguardo scivolava ogni giorno, e avrebbero preso il posto di quegli operai stanchi che a volte vedevano uscire. Ma forse più semplicemente era stata una coincidenza, una di quelle strambe combinazioni, su cui si fanno una mirade di congetture, dietro alle quali però non c'è nessun misterioso e recondito significato.

Salgo i quattro gradini che portano all'ingresso.

Non sono il tipo da entrare in un posto e gridare "Ehi, c'è qualcuno?"

In genere mi guardo attorno, aspetto che quel qualcuno arrivi, mi muovo facendo poco rumore, come i gatti, accenno un colpo di tosse e il più delle volte, quando non vedo nessuno, me ne vado pronto a giurare di non aver mai messo piede in quel posto.

"Boy!" mi sorprende Evil all'ingresso.

Se me lo chiedesse, non saprei dire il perché mi trovo qui.

"Cosa ti porta da queste parti?"

"Le gambe" gli rispondo in un baleno e sorrido. Sorride anche lui.

NOTES

(1) Le città hanno un'età geologica e non si può fare tre passi senza incontrare fantasmi. Alcuni di loro sono paurosi, altri sono amichevoli, come familiari ombre d'infanzia

(2) Non saprei come tradurlo. I nostri bisnonni avrebbero detto credo flaneur, ma oggi nell'era inglese io dico street-aholic. Sono noto per guardarmi attorno in cerca di caratteristiche stranezze.

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