Part 12

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La notte ha uno strano effetto su di me. Forse per il fatto che mentre la luce scivola dietro i tetti delle case, si insinua un pizzico di malinconia tra me e me. Quando il sole non è più allo zenit, anche i sogni hanno un'ombra, secca e scura come un fondo di caffé.

Il buio, le luci, quella cosa che ogni ora ha la sua vita e i suoi silenzi. A modo suo il buio sa offrire protezione, e la notte rende tutti un po' filosofi. Ricordo delle notti passate in montagna: il giorno sfumava e il silenzio era come un applauso interrotto; aspettavo la notte col suo arabesco di stelle.

A un certo punto realizzo che se uno non conoscesse dove sta il Centro, lo troverebbe a fatica, o non lo troverebbe proprio. Io ci vado a colpo sicuro. Tu pensa quante cose stupide si vanno a pensare.

Il Centro - che mia sorella aveva iniziato a frequentare, che Alice aveva scoperto, dove io ogni tanto andavo a riparare la mia bicicletta, anziché farlo nel cortile di casa - era in realtà una scuola, neanche tanto vecchia, occupata.

Non so se è vero quello che mi hanno raccontato, o è solo una leggenda, che una notte d'inverno Evil e suo fratello entrarono in questa scuola che era stata chiusa per i soliti motivi per cui si chiudono le scuole: un giorno si scopre che l'edificio non è più sicuro; forse avevano trovato anche un po' di radioattività; per anni si era fatto finta di niente, poi improvvisamente in quattro e quattrotto avevano deciso che dopo le vacanze estive non l'avrebbero riaperta. Sbarrarono porte e finestre, ma non ci avevano fatto mezza bonifica.

In una notte di più di vent'anni fa, allora, nasceva il Centro tra i malumori del quartiere. Non sono un tipo pratico di queste cose, non so se fossero arrivati con pinze o tenaglie per rompere catene, spalancare porte e scavalcare reti. Forse sono solamente entrati in un edificio vuoto. Adesso questa cosa di occupare può sembrare epica, come prendere un simbolo di giustizia in una battaglia tra buoni e cattivi; o può sembrare vigliacca come prendersi qualcosa che non ci appartiene.

Né Evil né nessun altro mi hanno mai raccontato come sono andate veramente le cose. Forse perché sono uno che can't match you drink for drink (1) o perché it's better something which is hinted but not outright stated (2). Perché tra il detto e il non detto nascono storie che creano valanghe. O forse perché non gliel'ho nemmeno mai chiesto.

Per quello che ne so era un edificio pubblico abbandonato. Pubblico e abbandonato. Abbandonato e pubblico. Due ragioni perché occuparlo fosse un "ridare dignità ad uno spazio che è di tutti", diceva Joshua che in questo posto ci credeva e si trovava bene. Occupazione e liberazione. Con impegno, lavoro, chiedendo, barattando, avevano bonificato quelle quattro pareti, il tetto, le aule. La scuola era agibile senza volerci neanche tanto.

La testa rossa come un cerino di mia sorella sarebbe stata una paletta segnaletica rinfrangente perfetta se qualcuno si fosse perso in questo enorme locale che di una palestra ha mantenuto il quadro svedese e le spalliere oltre ad un ring al centro che fa da palco.

Olga mi saluta col suo fare sbadato di quando le basta sapere che ci sono. Sorrido a Joshua. Che ci fa lì accanto a mia sorella? In nessun angolo del mio cervello li ho mai collegati l'uno con l'altro.

"Boy!" Evil tuona alle mie spalle dandomi il benvenuto.

Lo saluto, anche se non sono sicuro che non possa capire cosa dico in tutto questo fracasso.

Young mi sorride sopra un mare di teste e si sbraccia per salutarmi coi suoi capelli rasta. Ci vado così di rado alle feste del Centro che sono tutti sorpresi. Con Young Hyde, poi, dai tempi della storia della bicicletta, è nata una certa confidenza.

Io non sono il tipo che si fa troppo coinvolgere dalle situazioni, dalle feste; mantengo una certa distanza. Soprattutto quando la musica è sparata a tutto volume . Joshua con la sua psicologia da sociologo direbbe che: "bla, bla, bla, il tuo grado di eccitazione..."

The thing is... 

"Londra?!" Evil tuona con due occhi tondi.

"E perché non me l'hai detto?" chiede rivolto a Olga che ci ha raggiunti con Joshua e che scuote la testa.

"Fratello!" esclama Young, quasi le lacrime agli occhi. È un buon amico.

"E bravo!"

Evil mi dà una bella pacca sulle spalle. Annuisco un po' imbrarazzato per tutta questa esplosione di affetto.

"Noi conosciamo gente a Londra!" se ne esce all'improvviso fissando Young Hyde, con fare pratico e per niente scettico.

Non tento nemmeno di immaginare cosa intenda per "conosciamo gente"... chi intenda per "gente".

Young annuisce pensieroso... "Hhmm".

Sembriamo tutti in attesa che ci spalanchi dei nomi mentre pedala sulla catena dei suoi pensieri. Sembriamo come in attesa curiosi di capire chi è l'uomo solo al comando che sbucherà dalla curva. Poi dopo un secondo di silenzio, come fosse un'altra spinta di pedali domanda: "... quelli di Hackney?"

Amigo, sto per dire a Young - e gli sorrido - so che sei un buon amico, ma non ti preoccupare. Ma adesso che si è aggiunto a discutere anche un altro che non conosco, chiamato da Evil, uno spilungone che veste due taglie più grande e butta nel piatto i suoi two cents(3) , facendo un brusio che non riesco a capire, e Evil si tira la barba...

Qualcuno – sempre Joshua? – mi aveva spiegato che il cervello per comprendere una frase isola le parole più importanti e poi costruisce il senso unendo i puntini. Di quel discorso sospeso tra mille puntini, afferro una parola.

"Archivio?" chiedo tentando di unire i puntini.

"Dovresti vedere" Evil continua a tormentarsi la barba.

--------  Note----------

(1) Non saprebbe tenere testa bicchiere dopo bicchiere nemmeno a un astemio.

(2) E' meglio accennare appena alle cose, anziché dichiararle a titolo definitivo

(3) I suoi consigli da quattro soldi

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