Amore II

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Quando decido di raccontare a Stromae la storia di Londra per chiedergli cosa farebbe al mio posto, lui mi risponde con altrettanta serietà, come quella volta: "Fai bene ad andare".

Io invece, mentre parlo con lui, questo capisco: che vorrei disperatamente trovare qualcuno che mi dicesse "No ragazzo, fai male a partire perché per te un posto si trova, salterà fuori, deve saltare fuori!"

Insomma pensavo di essere un assettUn valore immobiliare, una specie di azione con rendimento futuro, come più o meno pensano tutti di sé, ma io credevo davvero di contare qualcosa. Ma forse sono solo un subprimeNé più né meno che un prestito ad alto rischio di cui liberarsi in fretta. Ero sempre stato gentile con tutti, avevo sempre dato la mia disponibilità ad aiutare gli altri. E la prendevo male, questa storia che anche Stromae era pronto a darmi una pacca sulla spalla, tirando un sospiro di sollievo perché non ero più un problema da sistemare, una disequazione da risolvere. La prendevo sul personale.

Ci avevo già pensato in altre occasioni. Avete presente quelli che stanno sul cornicione di una finestra determinati a farla finita, a saltare di sotto ma che si fermano al suono di una voce che contiene un po' di dolcezza e che allunga, insieme a qualche parola di conforto, anche una mano forte per trattenerli?

Ecco, su quel cornicione metaforico ci stavo io e guardavo di sotto e mi guardavo alle spalle e aspettavo che qualcuno arrivasse a tendermi due dita che poi ci avrei pensato io a ripescarmi da me by the scruff of the neck (1).

E invece neanche Stromae, così perbene, così affidabile, si lanciava a combattere questa battaglia per me. Sicuramente lo faceva per onestà, perché sapeva che noi due era come andare all'avventura come Sancho Panza e Don Chisciotte – e non potrei dire con sicurezza chi dei due fosse l'uno e chi l'altro.

Ma quel che provavo, quel che sentivo era tutta la distanza di un mondo che professava a parole le idee più giuste, che mi capiva e che mi compativa ma non aveva né l'energia né l'interesse a provare a cambiare il corso delle cose tra le quali aveva trovato una via navigabile.

Come dice il mio amico Evil Monkey: "Jailbreak the system is about pirating the shit out of everything! Fuck corporatism!(2)".

In questo medesimo istante penso: "Fuck university (3)".

Quando finalmente me ne vado, mi accorgo di essere rimasto solo. Non pullulano di gente i dipartimenti universitari dopo le tre, figuriamoci dopo le cinque.

Dopo che Stromae mi ha salutato e mi ha parlato del figlio in Canada - facile per lui dirmi di andarmene - ci sto pensando ancora alla faccenda... che dovrei sentirmi contento e non sradicato dal mio futuro. Spengo le luci del piano e la pesante porta tagliafuoco schiocca alle mie spalle.

Quando il cielo è sereno fa sempre più freddo, almeno nei giorni in cui piove la temperatura è migliore. Non mi consolo a pensare al tempo a cui vado incontro. Mi sistemo per bene la borsa a tracolla e attraverso correndo, barcollando come un gatto dietro la sua ombra. Lo spazio di una ventina di metri, una trentina di passi e mi infilo nella vetrina luminosa di un bar.

La lancetta dei minuti sull'orologio tondo appeso al muro avanza a scatti con regolarità, quella dei secondi macina, implacabile, centrimetri su centimetri. Mi trovo a fissare la mia tazza di caffé, like a koala reflecting on his sins, his triumphs, and the inevitability of death (4)...

Quando la vedo entrare nel bar come se venisse scaraventata dentro da un vento fortissimo che spalanca la porta e la richiude di scatto con un colpo secco alle spalle, mi sembra persino di vedere attorno ai suoi capelli elettrici due foglie galleggiare mollemente nell'aria tornata alla calma, mentre lei, con la sua solita sciarpa colorata, soffia sulle mani per scaldarsi e si avvicina a me.

"Ohi, mi ordini una tazza di caffé americano?" mi dice come se fosse la cosa più naturale del mondo, e senza neanche darmi il tempo di farlo, ferma la cameriera, di cui non ricordo il nome, e con due occhi spalancati, lentamente le fa: "Ciao, scusa, mi puoi portare un caffé americano?" accennando a un sorriso dapprima e aprendo le labbra in un riconoscente "Grazie!" dopo.

"Uhh" mi fa sedendosi davanti a me "questa sera abbiamo una serata folk".

Fischietto un "Ffiuuuuu" di ammirato interesse.

"Piantala".

"È un gruppo impegnato?"

"Certo."

Sa che quando la musica è impegnata, non ho nulla da obiettarle.

"E sono bravi" continua prevenendo ogni mia contestazione e si mette a canticchiare. Poi mi butta nell'orecchio un nome, il nome del gruppo, in cui c'entra anche la parola muro.

"A dire la verità" sentenzio "credevo che Evil Monkey fosse più un tipo da rock".

"Evil è un tipo da rock. Sta scrivendo anche un libro sul rock".

Non ho mai capito da dove è nata l'ammirazione di mia sorella per Evil. Forse per un paio di consigli che le aveva dato dopo una sbronza memorabile. È stato in quell'occasione che l'ho conosciuto, mentre raccoglievo mia sorella senza sapere cosa fare.

"Si vede che sta passando di moda il rock se anche Evil ci scrive un libro."

"Ci vieni a sentirli, allora? Iniziamo alle undici e mezza".

"Undici e mezza. Sissignore".

" E comunque fanno folk rock".

"E sono impegnati" completo il suo refrain sulla qualità musicale del Centro.

Me lo ricordo bene l'impegno del Centro. Avevano appena aperto una ciclo-officina, che funziona ancora, quando ero arrivato con la mia bicicletta rotta. Mi dissero subito che in un angolo c'erano gli attrezzi, e che nello spirito del posto avrei dovuto sporcarmi le mani e arrangiarmi da solo. Anche se c'era Young Hyde, un tipo coi capelli rasta, che se ne intendeva e avrebbe condiviso con me la sua conoscenza. Loro cercavano di evitare di utilizzare il denaro. Io avevo bisogno che qualcuno mi risistemassero la catena. Me lo feci da me con Young Hyde che mi guardava e mi passava un cacciavite, le pinze, un martello, mentre io pensavo che con il loro modello di business da quattro soldi non sarebbero andati lontani. Come la mia bicicletta.

"Lo so che sei un buono e stai dalla nostra parte" intanto continuava mia sorella, che per qualche motivo voleva che assolutamente ci andassi a questa benedetta serata folk.

"Perché anche voi ricercatori della pubblica università che siete sfruttati dalla baronia, mal pagati da uno stato miope che non finanzia la cultura e la ricerca libera, andate contro questo sistema marcio. La ricerca pubblica, cazzo, è un valore".

Si era talmente scaldata nel dirlo che per un attimo aveva staccato le mani, che forse bruciavano più del caffè, dalla tazza.

Quando mia sorella si appassiona a qualche cosa, non c'è verso di trattanerla dal fare il suo comizio, e può succederle addirittura di parlare bene di me. Lo fa perché crede nei valori giusti e universali, che sono appunto i suoi. Crede insomma di stare sul marciapiede giusto della vita e non se ne vergogna. Non se ne vergogna come fanno i ladri di esserlo, non se ne vergogna di come a volte si vergognano i ricchi per i mezzi con cui hanno creato la loro abbondanza.

Note

(1) Per il rotto della cuffia

(2) Aggirare il sistema vuol dire piratare tutta la merda che sta lì fuori. Corporativismi di...

(3) Al diavolo l'università.

(4) Come un koala che riflette sui suoi peccati, i suoi trionfi e l'inevitabilità del suo destino...

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