A cranky man

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Mi fermo a un semaforo monocolore rarefatto, un cagnolino mi annusa i piedi, arrivano facce, labbra che cianciano, orecchie, borse a tracolla. Visti tutti insieme sono volti che non potrei dire di non avere già incontrato altrove. Ci passiamo vicino, mi verrebbe da dire, come particelle elementari nel loro vuoto quantico. Poesia da quattro soldi.

Se ci penso, a questa notizia, a tutto il bene di me che possono pensare gli altri.

È tempo, i motori rumoreggiano sulla sinistra, sono fermi dietro la riga bianca. Scatto davanti alla mia compagnia.

In questa piazza in cui sboccano uno, due, tre, quattro, cinque vie da cui arrivano auto come fossero onde di piena si respira la frenesia del traffico, si lotta contro il senso di marcia della gente che entra e che esce, e gira attorno al grande ospedale; che si butta sui marciapiedi scendendo dagli autobus. E poi negozi, caffè, panchine, persone che chiacchierano o camminano sole, che vanno di fretta, che stanno ferme davanti a una vetrina, o guardano per aria l'orizzonte della strada. Sembra che qualcosa stia lì lì per accadere, come un'onda che cresce: quest'energia della città prodotta dall'intensità della sua circolazione.

Non so, voglio dire. Sono quasi felice.

Forzo la corsa. Sole, sole, la mia ombra qui mi segue. Ragazzo bianco con barbetta rossa seduto per terra; schiena contro il muro e un cane col muso rilassato appoggiato sulle sue gambe, lo sguardo rassicurato dal contatto col suo padrone.

Era ieri che pioveva e tutti erano cranky(1). Io stavo attraversando la strada segretamente tentando di ripararmi sotto l'ombrello di un distinto signore quando improvvisamente, un'esplosione di clacson e di parole, che è inutile ripetere, uscite dalla bocca di più di una persona. Ci siamo tutti voltati a guardare nella direzione da cui veniva tutto il baccano, e un uomo né giovane né vecchio in una giacchetta a vento con un bel logo di pace e di sport che nel suo incedere incurante di semafori, traffico, della più basilare grammatica di sopravvivenza in una strada trafficata, aveva bloccato un lunghissimo autobus.

Oh boys, non riesco neanche ad immaginare cosa potesse dire chi stava lì sopra a ballare aggrappato a qualcosa di solido per non farsi troppo male. Ma quell'uomo sembrava talmente indifferente a tutto quel trambusto che stava provocando che abbiamo tutti pensato che non era affare nostro.

Due isolati più avanti ero in un supermercato con la testa bagnata che spingevo uno di quei carrelli-cestini, con una ruota rotta, attraverso il reparto della vedura. Improvvisamente mi sento spingere da dietro e mi giro. Non dico con quale faccia vedo che è lo stesso tizio dell'incrocio dalla giacchetta con il logo di pace e di sport. Lui non mi chiede scusa e io penso che non ne vale la pena di dirgli qualcosa, così mi allontano.

Davanti al banco dei formaggi sento una signora sbottare piuttosto seccata "Oh ma faccia attenzione" e non lo dice a me ma al tizio della giacchetta che appena si muoveva andava a sbattere contro chiunque gli stesse vicino. Qualcuno lo guardava storto, qualcun altro gli diceva qualcosa; lui non rispondeva. Era tardi, avevo il presentimento che mi sarei preso un deprimente, insignificante raffreddore.

L'ho incontrato di nuovo, alla fine, in fila alla cassa. Si era messo dietro di me.

"Sono dei bugiardi" mi fa. "Tutti bugiardi!"

Spero di non provocarlo non dicendogli niente. Poi dopo un attimo riprende la solfa.

"Bugiardi. Sono mesi che mi prendono in giro!"

Io sto zitto e lui va avanti. La cassiera mi guarda e scuote la testa.

"Il formaggio" mi dice agitando la vaschettina che ha in mano. Stavo pensado di cambiare fila ma lui continua a parlare . "Mi sono segnato il nome del responsabile. È là, il direttore. Non mi faccio prendere in giro. Lo faccio licenziare!".

Awesome plan. Good job on life(2). Nice coat. Lo guardavo perplesso. Senza dire niente.

"Legga, legga qua. Le sembra che è senza lattosio?! Lo fanno, sa? L'ho vista la pubblicità in televisione. Ma è diverso. È diverso da questo".

"Magari lo trova da qualche altra parte" mi lascio sfuggire.

Poi ho trovato il modo di andarmene, annuendo a quello che diceva e ad uscire prima che mi venisse di nuovo addosso.

Ci ho messo un po' a scrollarmi di dosso l'umidità di tutta qualla giornata... at the end of the day, I was the one who'd remember the conversation(3).

E questo ragazzo? con la pelle bianca e la barbetta rossa seduto per terra che ha la stessa giacchetta col logo di pace e di sport di quel tizio. Oh boy, gli passo davanti: un paio di sneakers e una tutina aderente.

Uhh amico... oggi il vento ci ha portato notizie. Una pagina intera. Cosa c'è scritto? "Alcuni non hanno mai provato attrazione per una persona. Altri hanno smesso presto".

Calpesto il foglio. Gli passo davanti, sono un rapido fotogramma tra il chiudersi e l'aprirsi delle sue palpebre, come una breve di cronaca tra le pagine della stampa.


(1) Scontrosi e facilmente irritabili.

(2) Meraviglioso piano. Grande obiettivo. Bella giacca.

(3) E sul finire del giorno sarò stato l'unico a ricordare la conversazione.


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