«Ma cosa...».

«Compra un anello a tua moglie, portala a cena e poi scopala. Quando avrai le palle vuote, chiama a questo numero».

A quel punto, come un pazzo furioso, metto in moto l'auto. Schiaccio la frizione e metto la prima, poi premo forte l'acceleratore e la macchina parte sgommando. Dallo specchietto retrovisore vedo il poliziotto alquanto sconvolto. Non deve essergli mai successo, perché i tedeschi tengono molto alla buona condotta. Adesso può anche scrivere il suo fottutissimo verbale, perché tanto è l'ultimo dei miei problemi.

Arrivo sgommando a casa dei Zimmerat e non aspetto nemmeno che il cancello si apra del tutto. Lascio l'auto lì davanti e sguscio all'interno. Corro alla porta e suono. Trepidante e colmo di adrenalina, mi muovo sul posto. Dovrei proprio darmi una calmata. Nello stesso momento il cancello si apre nuovamente e vedo entrare Hans. Si scosta un ciuffo di capelli lisci dal viso e mi viene incontro.

«Mantieni la calma», mi dice, appena mi raggiunge.

«Sono calmo», mento.

«Certo, come Hitler nel quarantatre».

«Fanculo, sto per essere arrestato».

«Non accadrà».

Improvvisamente, la porta si apre. Di fronte a noi si para lo stesso uomo che avevo quasi aggredito la prima sera che sono stato qui.

«Il signor Zimmerat la sta aspettando», annuncia, sorridente.

Io mi tendo ancora di più, come una corda di violino in procinto di spezzarsi.

«Certo», fa Hans, al posto mio.

«Annuncio il signor Laspek e il signor...?».

«Fòld. Hans Fòld», si presenta Hans.

L'uomo annuisce e ci volta le spalle, invitandoci a seguirlo. La prima volta che ho messo piede in questa casa mi sono meravigliato per la sua opulenza. Adesso non potrebbe importarmene di meno, mentre seguo il cameriere a passo spedito, con la stessa faccia di un condannato che va al patibolo.

«Smettila», mi sussurra Hans.

«Di...?».

«Di fare quella faccia colpevole», mi rimprovera.

Vorrei controbattere, ma sarebbe inutile, perché ha perfettamente ragione. Tento di darmi un contegno, giusto in tempo per incrociare lo sguardo di Björn Zimmerat. Mi guarda attraverso la porta spalancata, seduto ad una scrivania in marmo bianca. Ha un'espressione indecifrabile, a discapito dei miei assurdi tentativi di captare qualche informazione dai suoi occhi.

«Alexander Laspek e Hans Fòld», ci presenta il cameriere.

Björn annuisce. «Adesso puoi andare», dice, con quel tono tipico di chi è abituato a dar ordine a chiunque, «sedetevi», ordina a noi.

Io ed Hans eseguiamo, standogli di fronte. Non posso fare a meno di stare eretto come se avessi un palo infilato in culo. Sono teso e nervosissimo.

«Hans Fòld», annuncia, guardando il diretto interessato, «questo nome non mi è nuovo. Di cosa si occupa?».

«Sono un avvocato».

Lo indica col dito. «Bene. Mi ricorderò di lei. Potrebbe servirmi, un giorno».

Io ed Hans ci guardiamo per un instante. Un muto messaggio passa tra di noi: "ma che diavolo dice?".

Sollevo entrambe le sopracciglia, sorpreso. Se lui si fosse scopato mia figlia, minorenne o no, l'avrei già strangolato. Lui, invece, sembra tranquillo.

La mia salvezzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora