6. Crescere come un gorilla

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Kerciak si distrasse dal cadavere di Desmond ed osservò il fucile appeso al muro.

Lo prese e cominciò ad esaminarlo più da vicino.

Lo annusò dalla bocca fino al calcio, guardò dentro le nere profondità della canna, toccò il mirino ed infine le sue dita giunsero al grilletto.

Intanto le scimmie, che erano entrate, si erano accovacciate accanto alla porta,
osservando il re, mentre quelle rimaste fuori si affollavano per curiosare.

Ad un tratto le dita di Kerciak premettero per caso il grilletto.

Si udì un rimbombo assordante nella piccola stanza e le scimmie fuggirono spaventate, cadendo l'una sull'altra.

La paura di Kerciak fu tale, che egli dimenticò persino di gettar via la causa di quel rumore spaventoso e si lanciò verso la porta, tenendo sempre stretto in mano il
fucile.

Nel passare, il mirino si agganciò al bordo della porta, che si apriva dall'interno e la chiuse sbattendola forte dietro le spalle della scimmia.

Questa si fermò a qualche passo dalla capanna e si accorse soltanto allora del
fucile che teneva sempre stretto in mano.

Lo lasciò cadere in terra, come se scottasse e si guardò bene dal raccoglierlo.

Passò un'ora prima che le scimmie si decidessero a riavvicinarsi alla capanna
con l'intenzione di continuarne l'esplorazione, ma quando vi tornarono, si accorsero
con dispiacere che la porta era così ben chiusa che non c'era modo di aprirla.

L'ingegnoso saliscendi costruito da Desmond aveva funzionato, infatti Kerciak, nel passare, aveva fatto sbattere la porta, mentre la finestra era sbarrata così solidamente
che nemmeno di lì era possibile entrare.

Si aggirarono per un poco attorno alla capanna e alla fine si allontanarono per
ritornare alle folte foreste dell'altipiano.

Kala non era ancora scesa a terra col suo piccino adottivo, ma, quando Kerciak
la chiamò con gli altri, poiché dal tono della voce non sembrava arrabbiato, essa si
decise a calarsi leggera di ramo in ramo e a seguire la tribù.

Le scimmie che tentavano di soffermarsi ad esaminare lo strano cucciolo di Kala
erano però accolte da lei con grugniti e minacce e addirittura con un eloquente
digrignare di denti.

Quando fu certa che non avevano cattive intenzioni, essa si lasciò avvicinare, ma non permise che lo toccassero.

Pareva sapesse quanto era fragile e delicata quella creaturina e temesse che le rozze mani dei suoi compagni le facessero male.

Kala, giorno dopo giorno, allevò con grandissima tenerezza il piccolo trovatello, che chiamò Harry, ma, dentro di sé, era molto preoccupata perché questi non cresceva forte e agile come gli altri cuccioli.

Qualche volta essa parlava del suo piccolino con le femmine più anziane ed esperte, ma anche quelle non potevano capire perché Harry fosse così lento nel diventare autosufficiente.

Tublat, il marito di Kala, era arrabbiatissimo e se Kala non avesse fatto continuamente buona guardia, avrebbe sicuramente soppresso il piccino.

Finalmente, col tempo, Harry fece progressi sempre più rapidi, e, a dieci anni,
riusciva ad arrampicarsi molto bene sugli alberi, quasi come tutte le scimmie, mentre a terra era capace di fare tante cose meravigliose che i suoi giovani compagni non
avrebbero mai imparato a fare.

Egli differiva molto da loro ed essi si stupivano spesso della sua intelligenza superiore.

Dopo i dieci anni cominciò ad accorgersi della differenza che c'era fra lui e i suoi compagni.

Il suo piccolo corpo, abbronzato dal sole e dalle intemperie, cominciò ad un certo punto ad ispirargli una grande vergogna, dato che era senza peli, come quello di un serpente o di un altro rettile.

Cercò di rimediare, impiastricciandosi da capo a piedi col fango, ma il fango presto si seccava e cadeva e poi gli dava tanto fastidio sentirselo addosso, che preferì la vergogna al fastidio.

Sull'altipiano frequentato dalla tribù c'era un laghetto dalle acque chiare e immobili e lì Harry vide per la prima volta il suo volto.

Fu in un giorno di gran sole, nella stagione senza piogge.

Era sceso a bere alla riva, insieme con uno dei suoi cugini.

Mentre entrambi si sporgevano verso l'acqua, apparvero l'uno accanto all'altro, nello specchio liquido, i due volti, l'orribile muso dello scimmione e i fini lineamenti del nobile rampollo di un'antica famiglia dell'aristocrazia inglese.

Harry rimase avvilito...era già una cosa assai brutta non aver peli, ma avere per giunta una faccia come quella era davvero deprimente.

Harry nella giungla ( Larry Stylinson)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora