CAPITOLO 30 - TI AIUTERÒ

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Passai velocemente correndo, lasciando la presa di mia sorella. Entrai in quella stanza
dove Elisa stava seduta con il viso bagnato dalle lacrime e lo sguardo nel vuoto. Credevo che fosse felice nel vedermi, poi realizzai che lei non mi vedeva. Gridava e gridava sempre
di più piangendo «papà non ti vedo! Io non ti vedo!! Vedo solo buio intorno a me. Solo buio!!» Urlava mentre anche suo padre era disperato aveva le sue mani ai capelli.

«Elisa, amore mio.» Mi scaraventai ai piedi del suo letto trattenendo le lacrime. Non era affatto facile, ma dovevo essere forte per lei.
«Federico sei qui?» Mise le mani in avanti come per toccarmi, mentre le sue lacrime continuavano a scorrere sulle sue guance pallide. «Si, sono qui. Sono accanto a te, ci sono io con te.» Dissi prendendole le mani per assicurarle la mia presenza. Era come se qualcuno pugnalasse il mio cuore in quel momento, mi faceva male vedere gli occhi di Elisa fermi in un punto fisso. Mi faceva male che lei non mi vedeva, era solo mia la colpa. Solo mia. Sua madre rimase fuori dalla porta ad osservare tutto da lì, così come Valentina e Mattia. Suo padre invece se ne stava seduto sulla sedia, e potevo intuire la sua rabbia nei miei confronti. Non mi avevano nemmeno chiesto nemmeno come stessi.
«Federico, non ti vedo. Non potrò mai più vedere i tuoi occhi azzurri brillare mentre fissano i miei, non potrò più osservarti mentre ti sistemi il ciuffo, non potrò più osservare la tua bellezza, non potrò più...» Piangeva mentre cercava di trovare tutte le cose che non avrebbe più potuto vedere. E a me veniva da piangere. Suo padre se ne stava sulla sedia con le mani aperte sul viso ed ero certo che li dietro stesse piangendo. Mi faceva così male. «Perdonami.» Dissi gettando una lacrima. «Perdonami davvero. È colpa mia, è solo colpa mia.» «No Fede...» Spinse la sua mano in avanti cercando la mia guancia, per poi accarezzarla una volta che lì accompagnai la sua mano. «Non è colpa tua, è mia perché ti ho mentito.» Piangeva ancora, anche se sembrava stesse cercando di dare coraggio a noi.
«Non è vero...è solo...» Non riuscii a finire la frase che entrarono due infermieri in quell'esatto momento precipitandosi da Elisa, allontanandomi. «Signorina Abbiati, dobbiamo farle qualche esame.» «Ancora esami? Non sopporto più questo posto!» Urlò esausta. «È per il tuo bene tesoro.» Disse suo padre accarezzandole i capelli. «Adesso chiuda gli occhi, per favore. E voi, uscite tutti quanti.»

POV'S ELISA
*Tic tic tic*
Un macchinario aveva appena finito di rumoreggiare dando fastidio al mio udito.
Credo che sia un macchinario che molto più accuratamente avrebbe controllato i miei occhi.
I dottori mi avevano chiesto di tenerli chiusi anche dopo per almeno un ora, ma tanto non sarebbe cambiato nulla. Nel tenerli aperti, o tenerli chiusi, ciò che vedevo era il buio più profondo. Ero cieca e volevo piangere ancora e ancora, ma in quel momento non potevo. I medici mi avevano proibito di farlo. Non posso spiegarvi come io mi sentissi. Come avrei fatto a non vedere mai più la luce del sole? La mia famiglia, i miei amici, il mio ragazzo? Non avrei mai più potuto fare ciò che amo, ne lavorare, ne leggere, ne guidare la mia auto, ne camminare tranquillamente. Mi sentivo spenta, sola e angosciata.

Passò un ora e mezza circa e mi riportarono nella mia sala, chiedendo ai miei di entrare perché già tenevano i risultati del mio esame tra le mani. «Signori Abbiati...» Iniziarono a parlare mettendomi ansia, come credo che l'avevano anche i miei genitori e Federico che avvertivo essere accanto a me. Non potevo vederli e non sapevo in che zona della stanza
precisamente erano situati ciascuno di loro, ma sapevo che c'erano. Li sentivo. Mi sentivo circondata dall'amore di ognuno di loro.
«Volevamo dirvi che non c'è da preoccuparsi.» «Che vuol dire che non c'è da preoccuparsi dottore?» Chiese mio padre pazientemente. Avevo perso la vista e non dovevo preoccuparmi? «È solo un post operazione. Nel giro di 24 ore, tenendo gli occhi bendati tutto oggi, la vista dovrebbe tornare. Quindi sta tranquilla! Ti terremo sotto osservazione fino a quando non ci vedrai di nuovo splendidamente.» Mi tranquillizzò uno dei dottori dandomi una pacca sulla spalla.
Senti all'interno della stanza un insieme di voci
esclamare a coro "oh, meno male!" Non poteva darmi notizia migliore di questa, e sentii Federico con il suo incredibile e inconfondibile profumo avvolgermi tra le sue braccia. Quanto mi erano mancate quelle braccia, quelle ore passate all'ospedale sembravano un eternità. Avvertii anche la sua gioia, mentre sentii il suo mento posarsi sulla mia spalla stringendomi a lui. Molto probabilmente anche i miei stavano sorridendo, così come Mattia e... Aspetta, qualche attimo prima nel vocio c'era anche una voce femminile oltre a quella di mia madre. «Federico, mamma, papà, Mattia...» Li chiamai «siete tutti qua?» «Siamo qui piccola. C'è anche mia sorella.» Chiarì Fede. Ecco, adesso capisco di chi era la voce femminile che avevo udito. «Valentina, ci sei anche tu?» Chiesi emozionata. «Si. Sono qui.» Mi disse con voce dolce. Valentina era una dura ragazzina, ma dentro sapevo che aveva un cuore d'oro. Proprio come il fratello. «Vieni qui...» La invitai aprendo le braccia «dammi un abbraccio.» Valentina molto delicatamente si avvicinò a me e mi abbracciò. «Ci sono anch'io!» Gridò una voce che probabilmente era appena entrata dalla porta. «Stacy!!» Urlai, contenta. Anche la mia migliore amica era lì a sostenermi. Entrata, si precipitò da me e mi abbracciò. «Ho saputo tutto adesso e sono qui, accanto a te. Tranquilla tornerai a vedere presto tesoro mio. Ci siamo qui tutti, anche Simone e Valeria sono qui fuori.» «E Luca?» Chiesi dubbiosa. «Oh... Io e lui, non stiamo più insieme.» La sua voce diventò finissima e dispiaciuta, specialmente nel darmi una notizia così davanti a tutte le persone in stanza. Forse non avrei dovuto chiederglielo. Ma come avevano rotto? Ci rimasi malissimo. Stacy mi avrebbe sicuramente raccontato tutto più in là.

Voglio solo te | Federico Rossi | [Completata]Where stories live. Discover now