CAPITOLO 29 - FEDERICO L'IRRESPONSABILE

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Il rumore della sirena dell'ambulanza diventava sempre più assordante. Mi sforzavo di aprire gli occhi ma non ci riuscivo. Mi bruciava la fronte ed ero certo che sanguinava,
mi faceva male anche il petto, infatti non riuscivo a parlare. Ma Elisa? Dovevo cercare di aprire gli occhi, sforzarmi di capire se era ancora lì accanto a me.

Un insieme di voci blateravano qualcosa attorno alla macchina, ma la confusione era
troppa ed io capivo davvero ben poco. «Forza! Dobbiamo essere svelti! Avanti, portatela via per prima.» Una voce preoccupata pronunciava queste parole agitandomi ancora di più. Capii che mi stavano trasportando, poi sentii chiudere degli sportelli e probabilmente ero sull'ambulanza. Il rumore delle sirene divenne più forte e sono sicuro che c'erano due ambulanze.

«E-l-i...s-a.» Dissi senza forze e sotto voce sperando che se li dentro insieme a me ci fosse qualcuno mi sentisse. «Ragazzo, mi senti? Ti senti bene?» Riuscii ad aprire gli occhi e voltarmi leggermente a sinistra per cercare Elisa. «Dov'è la mia ragazza?» Chiesi agitandomi, ma non ricevetti risposta perché l'infermiere accanto a me, maneggiava uno strano aggeggio che attaccò al mio braccio, probabilmente la flebo. «Dov'è la mia ragazza??» Cercai di urlare con le sole forze che avevo, mentre l'infermiera cercava di mettermi una garza ai lati della mia fronte sanguinante. «Devi stare calmo, tranquillizzati.» Iniziai ad agitarmi, a provare di volermi alzare. «Voglio sapere dov'è la mia Elisa!! Voglio sapere come sta!!» Urlai, quasi iniziando a piangere. Non mi importava se in quel momento mi stavo rendendo ridicolo, mi importava di Elisa, ma nessuno era capace di darmi una risposta su quell'ambulanza.
Federico Rossi non piange in presenza di nessuno, ma fu una cosa spontanea, talmente spontanea che non me ne resi nemmeno conto.
«La prego, mi dia una risposta!!» «Stia calmo, deve pensare alla sua salute adesso.» Disse posando le sue mani sulle mie spalle impedendomi di alzarmi «non mi importa della mia salute!!» Urlai «voglio sapere come sta Elisa!!» «Lei è nell'altra ambulanza, non so bene le sue condizioni, ma non sono buone.
Faranno il possibile, te lo assicuro.» No! Non poteva essere vero! Non poteva! «Vi prego, lasciatemi andare da lei! Ha bisogno di me. Vi prego!» Urlai ancora piangendo «non puoi, sarà già in ospedale, stanno già pensando i dottori a lei.» Le mie forze vennero meno un altra volta, mi sforzavo di parlare ma non potevo.

Non mi avevano dato risposte concrete sulle sue condizioni, ma ciò che avevo capito era che era in pericolo. E non me lo sarei perdonato, volevo morire, volevo sprofondare. Talmente le mie forze erano poche, che svenni di nuovo.

*Tic tic tic tic*
Quel insopportabile rumore dei macchinari della stanza dell'ospedale, mi riportarono a
risvegliare la mia mente. Aprii gli occhi, Benjamin stava accanto al mio letto, con lo sguardo chino a guardare le sue mani incrociate. Quel ragazzo c'era sempre per me, era come un fratello.

«Benji...» Sussurrai, mentre vidi che rapidamente alzò lo sguardo verso di me. «Ti sei svegliato finalmente.» «Elisa. Voglio sapere come sta Elisa.» Abbassò lo sguardo in quel momento, come se non volesse rispondere e il mio schifoso istinto mi portò a reagire d'impulso. Mi sollevai dal letto e presi Benji per il colletto della sua camicia. «Dimmi come sta!! Ti prego devo vederla!!» «Fede...» Disse abbassando le mie mani «Elisa ha avuto un grave trauma cranico, e dei vetri la hanno beccata vicino gli occhi. Bisogna aspettare che si risvegli, e vedere anche la sua vista come va.» Disse questo tutto d'un tratto, lasciandomi impietrito «stavamo litigando, avevo perso il controllo, è colpa mia. Ho bisogno di dirle che l'ho già perdonata, che la amo. Perché si risveglierà, non è vero?» Chiesi speranzoso «c'è da aspettare 24 ore amico. C'è da aspettare.» Mi diede una pacca sulla spalla. «Cavolo no. No!! Non può essere vero.» Iniziai a piangere come un bambino non controllandomi più. «Sono un cretino! È mia la colpa di tutto!! È solo mia!!» Iniziai a darmi degli schiaffi sul petto e pugni sui lenzuoli, mentre Benjamin cercava di abbracciarmi. «Non è tua la colpa, non lo è. Sta tranquillo, vieni.» Benji mi abbracciò come un fratello e forse mi fece bene perché ne avevo bisogno, mentre le mie lacrime rigavano il mio viso.

Voglio solo te | Federico Rossi | [Completata]Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang