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Arriviamo all'ospedale, l'ansia comincia a farsi strada nel mio stomaco e nella mia testa, brutti pensieri si stanno scatenando nella mia mente.

"Andrà tutto bene", continuano a ripetermi ma io non mi sento per niente tranquilla.

Mamma tira fuori il foglio della prenotazione dalla borsa, leggendolo ad alta voce: primo piano – stanza 2B – Professor Bosco.

Ci dirigiamo subito verso l'ascensore, siamo leggermente in ritardo.

Arrivati ci dirigiamo all'accettazione, ora ci rimane solo di aspettare che mi chiamino.

Mia madre e Stefano non mi perdono di vista nemmeno un secondo, ma hanno due comportamenti diversi Stefano e accanto a me, mi tiene salda la mano nella sua – mia madre invece, continua a far su e giù per il corridoio.

Io invece, sono stranamente tranquilla, inizio a guardarmi intorno quando incontro degli occhioni marroni spaesati, in qualche posto più in là del mio.

E' una ragazza semplice, ha dei capelli castani corti, qualche ciocca tirata su con una mollettina e il resto delle altre ciocche sciolte. E' incantevole anche se semplice.

Ha una corporatura molto esile, sembra voglia nascondersi da tutto e da tutti e i suoi occhi.. sembrano voler raccontare la sua storia.

Una storia non molto bella da quanto posso scorgere da quelle pozze marroni intense, sono spente come l'espressione che ha in volto.

Cosa può essergli successo?

Decido di avvicinarmi a lei, lasciando la mano di Stefano, mi alzo.

Faccio qualche passo poi mi siedo accanto alla ragazza e così facendo lei ritorna in se – devo averla spaventata con il mio movimento.

«Ciao, io sono Emma», dico piano, spero di non risultare troppo invadente, invece, mi sorprendo quando le sue labbra lasciano la linea dura e dritta e si incurvano all'in su in un sorriso.

«Ciao, io sono Britney», ci scambiano un sorriso, niente di formale e iniziamo a parlare di tutto e di niente e quasi mi dimentico di dove siamo e perché sono qui fino a quando non sento un'infermiera chiamare il prossimo paziente di quella mattina: "La signorina Smith, Britney Smith".

«Sono io», dice alzando lo sguardo verso l'interlocutore.

Dovevo immaginare che anche il cognome fosse inglese come il nome, durante la nostra chiacchierata mi ha raccontato che suo padre è inglese e sua madre italiana, infatti parla perfettamente l'italiano.

«I suoi esiti sono pronti, ecco qua. Buona giornata.», si alza per prendere la cartellina che le porge l'infermiera, ricambiando il saluto e si risiede sulla sedia.

Cosa strana da fare. Io se sarei stata così tanto ad aspettare gli esiti di qualche esame, avrei preso la busta e me ne sarei andata, lei invece no. Continua a fissare fisso la busta gialla che ha tra le mani.

Il viso sereno e dolce di poco fa ha lasciato spazio allo sguardo serio e perso che aveva prima di avvicinarmi a lei.

«Hey, tutto bene?», le dico appoggiandogli la mano sulla spalla.

«Non lo so.», la guardo stranita.

«Di cosa hai paura?» le chiedo preoccupata.

«Di non essere guarita.», mi dice alzando lo sguardo verso di me, e quando li incontro li vedo velati di lacrime pronte ad uscire intrappolate da fin troppo tempo.

«Non dire così Britney. Andrà tutto bene.», in un istante mi ritrovo a dire le parole che mi sono state ripetute fino a quando ho messo piede in ospedale.

Forse è l'unica frase di rassicurazione che si possa dire, le prendo la mano e gliela stringo.

«Vuoi che la apro insieme a te?», mi sono resa conto solo ora che è sola, completamente sola.

Annuisce silenziosamente, intanto vedo mia madre fermarsi a fissarmi e Stefano seguire tutta la scena, ma non si possono fare i fatti loro?

Gli sfilo la busta gialla dalle mani e inizio ad aprirla, tiro fuori il foglio con gli esiti della TAC, riponendo il CD all'interno della busta.

Leggo velocemente gli esiti, sotto il suo sguardo indagatore, scorro le righe fino ad arrivare alla frase decisiva.

«Allora?», mi domanda con timore di una risposta diversa dalle sue aspettative.

Prendo un lungo respiro, ripiego il foglio e lo rimetto nella busta, le prendo le mani tra le mie, guardandola dritta negli occhi.

«Tutto apposto, non si sono formate altre cellule, dovrai rifare la TAC tra 6 mesi», rimane incantata a guardarmi, con un'espressione che non riesco a decifrare.

«Britney, sei guarita!», mi salta letteralmente al collo, con tutta la forza che ha e inizia a piangere e poi a ridere è un vortice di emozioni - e in un momento mi ritrovo anche io a piangere insieme a lei.

Rimaniamo abbracciate per un po, così come se ci conoscessimo da una vita fino a quando l'infermiera fa di nuovo capolino fuori dalla porta della stanza 2B.

«La Signorina Ferraris, Emma Ferraris», rimango pietrificata tra le braccia di Britney.

«Sono io», rispondo tutto di un fiato, liberandomi dalle braccia di Britney e alzandomi di scatto.

«Venga con me, il dottor Bosco la sta aspettando per la TAC», annuisco e saluto silenziosamente mia madre e Stefano che mi guardano preoccupati.

«Ti aspetto qui», mi sento dire infine dalla mia nuova amica, le sorrido e mi volto in direzione della stanza, seguo l'infermiera all'interno.

Mi fa accomodare in uno spogliatoio, dove mi chiede di spogliarmi del tutto tralasciando gli slip e di indossare il camice verde, i calzari ai piedi e la cuffietta per raccogliere i capelli.

Questa scena mi ricorda tanto Grey's anatomy.

Ti sembra il caso di pensare alle serie TV ora. Emma? Ecco il mio subconscio che mi sgrida!

Non ci posso far nulla, mi sembra di essere all'interno di una di quelle puntate.

Dopo essermi preparata apro la porta ed entro all'interno della stanza, dove mi sta già aspettando il Dottor Bosco seduto alla sua scrivania.

Sta scrutando i miei precedenti esami, accorgendosi della mia presenza alza gli occhi dal foglio.

«Buongiorno Emma, sono il Dottor Bosco. Ora procederemo con la TAC»

Ma dai? Non l'avrei mai detto! Il mio lato sarcastico sta prendendo il sopravvento.

Prima che io possa rispondere, l'infermiera di prima si avvicina indicandomi il lettino e mi fa sdraiare.

A noi due TAC.

«Non devi muoverti, ti ho posizionato il pulsante all'altezza della mano, per qualsiasi cosa suonalo»

«Va bene», esclamo chiudendo gli occhi, mentre il lettino inizia a scorrere all'interno della macchina da risonanza.

Mi sento soffocare, mi manca l'aria, sento dei suoni martellarmi nelle orecchie, inizio a tossire come se avessi qualcosa all'altezza della gola. Sto avendo una crisi da panico. Bene!

«Emma, tutto apposto? Ti stai muovendo», sento arrivare la voce del professore dritto nelle mie orecchie.

«Si, tutto ok.», a chi voglio mentire? Me la sto facendo sotto, non vedo l'ora che finisca tutto questo.

«Ancora qualche minuto di pazienza e abbiamo finito, ma stai ferma ok?»

«Ok»

Il mio destino - La mia rivincita [ Moments Series]Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon