Capitolo 30

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Sono davanti a quel pezzo di carta riflettendo su tutto quello che è successo in queste ultime ore: l'adozione, mio padre è Voight, le menzogne che mi hanno raccontato.

Ecco. Le bugie che mi hanno raccontato per tutti questi anni. Ventiquattro anni di pura invenzione, di frasi fatte dette da Eddith e Jeremiah, i sorrisi finti di mio fratello Jackson... l'unica è Annabeth.

Quella povera bambina non sapeva nulla, era ignara di tutte le bugie che stavano raccontando anche a lei. Io non ero sua sorella, ma lei lo credeva, quasi sperava in una sorella come me, anche se al suo posto una sorella come me non la vorrei nemmeno.
Forse mi dispiace unicamente per lei. Me ne sono andata di casa e lei piangeva, implovava che io rimanessi li con lei, che mi voleva bene. Voleva bene ad una estranea.

Mi scende una lacrima dal viso al solo pensiero di come possa stare Annabeth ora, ma sento la porta che si apre dietro di me, perciò mi asciugo le lacrime e cerco di nascondere il foglio del trasferimento.

"Stai bene?" mi domanda Mouse, sedendosi sulla scrivania.

"Come vuoi che stia eh?! Ho scoperto che chi dicevano di essere i miei genitori non lo erano! Era tutta una bugia! Ciò che mi hanno detto, ciò che hanno fatto per me, tutta finzione! La cosa peggiore che mio padre biologico non mi ha mai cercata, non mi ha mai voluta in realtà! Mi ha abbandonata a due estranei sperando che mi dessero una vita migliore! Mi ha vista e nemmeno mi dice la verità! Con che coraggio! Sono così stanca di tutto questo Mouse!" dico, piangendo come una fontana, come mai ho fatto prima.

Scende dalla scrivania e si avvicina a me.

"Non posso capire ciò che provi ora. È normale pensare tutte queste cose, quando hai vissuto insieme a delle persone che ti avevano di essere qualcun ma invece sono tutt'altro. Per prima cosa, asciugati le lacrime che odio veder piangere le persone. Secondo, fammi un bel sorriso e affronta la situazione, in maniera civile, non sbraitando come hai fatto prima. So che può essere faticoso per te, ma almeno provaci. Sei forte, riuscirai a sistemare tutto. Ora torna al bancone che Atwater mi a che ne ha abbastanza. Infine, parla con Voight, a fine turno" mi dice, abbracciandomi per comsolarmi. Ci è riuscito.

È davvero una brava persona, che sa sempre che cosa dire in qualsiasi occasione. Per fortuna che qui al distretto ci sono persone come lui, altrimenti avrei un esaurimento nervoso.

"Grazie Mouse. Seguirò il tuo consiglio" dico, uscendo dal magazzino e andando verso il bancone.

"Grazie mille Kev. Scusa se ti ho fatto aspettare così tanto tempo. Perdonami" dico, prendendo posto al bancone.

"Stai tranquilla" dice, prendendo le scale per andare nella stanza dell'Intelligence.

La giornata passa davvero veloce, apparte qualche intoppo, come Burgess e Platt che discutevano ogni singolo minuto quando entravano nella Caserma, qualche pazzo che cercava attenzioni e una ragazza vestita da prostituta che parlava con Antonio nell'ufficio accanto alle scale.

In quel momento avrei preso quella ragazza per i capelli e l'avrei menata.

Si, sono gelosa. Quando una donna di avvicina a Dawson, che non sia un poliziotto, mi fa andare in bestia. Oggi è capitato un sacco di volte, ma quella ragazza è stata la goccia che ha quasi fatto traboccare il vaso. L'ha baciato. Sulla bocca.

Stavo per prendere e andare in quella dannata stanza, ma ho pensato che nessuno doveva sapere di noi e che quella è solo un'iformatrice.
Antonio mi ha detto per messaggio dopo la cena che nessuno sapeva di noi e che ai suoi colleghi aveva detto che ci stava riprovando con Laura.

Esce da quella stanza, e mi guarda, facendo un mezzo sorriso. Ha capito la mia espressione e che non ero molto contenta di ciò che era successo qualche istante prima.

Si avvicina al bancone.

"Non essere gelosa" mi dice facendo un occhiolino e, vedendo che Platt e Burgess si stavano avvicinando per riconsegnarmi le chiavi, si inventa una scusa e il scoppio a ridere.

"Hai un pezzo di carta e una penna?" domanda, cercando di non ridere.

"Certo detective" dico, dando lui il foglio e la penna e si mette un angolo a scrivere.

"Turno finito Hopkins. Puoi andare a casa" mi dice la Sergente Platt, mettendosi al mio posto.

Faccio per andare in spogliatoio quando sento pronunciare il mio nome da una voce femminile.

Mi giro e vedo loro due. Jeremiah e Eddith.

"Che cosa volete?" domando brusca ai due bugiardi.

"Scusaci per non averti detto nulla. Ci dispiace. Torna a casa ti prego!" dice Eddith, quasi implorandomi.

"Mi dispiace, soprattutto per Annabeth, ma io non ho intenzione di vivere con due traditori. Scusate, ora devo andare a casa" dico alla donna, girandomi e andandomene via, ma Jeremiah mi prende per il braccio.

"Lasciami andare" dico, cercando di divincolarmi.

"Lasciatela stare ok? Volete che ve lo ripeta? Quella è la porta e potete andare" dice Sean, venendo in mio soccorso.

Ho visto bene? Sean mi ha 'salvata'? L'ultima persona che mi sarei aspettata era proprio lui.

I due se ne vanno e io vado verso Sean e lo ringrazio per avermi aiutata.

"Non ti ci abituare Hopkins" mi dice, andando verso Burgess.

Mi cambio e vado nell'ufficio di Voight, ma lui è davanti allo spogliatoio, quasi come se mi stesse aspettando.

"Devo darle delle scuse Sergente" dicendo a Voight, mentre ci incamminiamo verso l'uscita, ma lui si ferma e mi abbraccia, forte.

"Sono io che ti devo delle scuse. Non avrei ami dovuto lasciarti, abbandonati e, la cosa peggiore è che non ti ho mai cercato. Voglio rimediare. Hai un posto dove stare?" domanda Voight, sperando in un no.

"Sono a casa di Anne, l'agente Morrison" dico, senza dare un tono preciso alla risposta.

"Ti va di stare da me? C'è anche Justin, che è tornato a casa dalla Base"

Non so che cosa rispondergli. Non mi sembra molto opportuno andare da lui in questo momento, non mi sento per niente pronta. Da un lato, però, penso che sia un ottimo modo per riallacciare i rapporti e vivere come una famiglia.

"Certo. Devo andare a prendere le mie cose e vengo" dico, avviandomi verso la macchina di Kevin, dove lui e la mia amica mi stanno aspettando.

Arrivo a casa, prendo le mie poche cose che ho da Anne, e prendo un taxi.

Dopo circa mezz'ora, arrivo davanti ad una casa enorme e scendo.

Suono il campanello. Sono così agitata che mi tremano le mani.
La porta si apre e vedo un ragazzo altro, con un bel fisico con una maglietta dell'esercito. È Justin, il mio fratellone.

Appena entro in casa, lui mi abbraccia e rimaniamo così per cinque minuti, ma per me era una vita.

Volevo che il mondo si fermasse e che quell'abbraccio durasse per sempre.

Dopo l'abbraccio, Voight si avvicina a noi due e ci abbraccia forte.

Ora si posso dire di essere a casa.

Con la mia famiglia.

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