Capitolo 3

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La sveglia suona alle 6 in punto, mi alzo e mi avvio verso il bagno.

Dopo una bella doccia calda, mi guardo allo specchio e mi ricordo: oggi vado a prendere un caffè con Dawson.

Cosa mi metto? Corro verso l'armadio in camera mia e lo apro. Non ci posso credere.

È praticamente vuoto.

Ci sono due paia di Jeans, due maglioni e un paio di pantaloni della tuta. Il resto è in lavatrice.

Decido allora di mettermi un maglione azzurro pastello, che sembra un pigiama, e i pantaloni della tuta Abercrombie & Fitch blu navy che mi ha regalato Scott per il mio ultimo compleanno.

Vado in bagno per darmi una sistemata ai capelli.

Decido di farmi una coda di cavallo, semplice.

Mi metto le mie indimenticabili Vans nere che avranno ormai 4 anni e sono praticamente indistruttibili.

Prendono il giubbetto nero che ho sull'attaccapanni e suona il campanello.

Risponde mia mamma.

"Chi è?"

"Salve signora Hopkins. Sono il Detective Dawson. Sono venuto a prendere sua figlia."

"Salve Detective. Salga pure. Si sta preparando."

Nel frattempo sono andata in camera a preparare il borsone dove di solito metto il necessario per andare a dormire da Anne.

Mia mamma corre come un fulmine in camera mia e mi dice: "Sta salendo un detective che ti è venuto a prendere. Perché non me lo hai detto?"

"Non pensavo fosse importante."

Mio fratello va ad aprire alla porta, il che mi preoccupa un pochino; ho paura che inizi a fare il fratello protettivo e che mi faccia fare brutte figure con Dawson.

"Salve. Sono il Detective Dawson."

"Salve. Sono Jackson, il fratello maggiore di Valerie."

"Val! È arrivato il Detective Dawson."
Mi metto il giubbetto, prendo la borsa e vado verso la porta.

"Salve Detective"

"Ciao Valerie"

Mi ha chiamata per nome!!

"Ciao mamma. Ci sentiamo dopo."

"Ciao bambina mia. A dopo"

L'ha fatto di nuovo. Davanti ad Antonio.

Perché mi deve sempre mettere in imbarazzo?

Salgo nella sua macchina e ci avviamo verso il bar.

Sono rossa come un peperone! Che vergogna!

"Tutto ok?" mi chiede Dawson.

"Niente. È che mi da fastidio quando mia mamma mi chiama in quel modo."

"Bambina mia intendi? Anche io chiamo così mia figlia. E ha la stessa reazione."

Ha figli? Davvero? Non pensavo. E quindi è sposato?

"Davvero? Allora voi genitori siete tutti uguali."

"Non è vero. Io sono peggio" e ride.

Fa pure il simpaticone lui.

Arriviamo al bar. Lui saluta qualcuno. È il proprietario. Si chiama Jim Morales ed è sulla cinquantina.

"Hola Antonio"

"Hola Jim" gli risponde.
Questo conferma la mia teoria. È ispanico. E questo lo rende più affascinante.

Ci sediamo su un tavolino che è attaccato sull'enorme vetrata d'ingresso.

CHICAGO || #Wattys2016Where stories live. Discover now