Pleasure - Capitolo 55

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Come se non ricordassi ogni singolo minuto.

Come potrei dimenticare.

Come?

L'inzio della fine. L'inzio della fine.

Dita che scorrevano sulla mia pelle, dolore e dolore. Come potrei dimenticare?

Tengo la testa bassa, come se potessi scomparire dalla sua vista con un incantesimo.

Pro e contro, subito nella mente.

1-      Se lo vedessi, se lo degnassi d'attenzioni, fortunata come sono, mi ritroverei Riccardo dietro alle sue spalle.

2-       Se lo ignorassi passerei per una ragazza meschina, ma sa anche che è stato Lui uno dei tanti motivi che hanno fatto sì che Riccardo si allontanasse dalla festa al CenterBloom, prologo della fine della mia esistenza

Mi pulsa il sangue, mi formicolano le mani, ma ho troppa paura di guardarlo. Mi alzo dalle ginocchia, alzando solo la mano, afferrando poi la chiave che il concierge mi aveva posto sul bancone in radica, cominciando così a camminare verso l'ascensore.

No, meglio le scale, penso immediatamente.

Sorrido all'uomo dei bagagli dicendogli che salirò da sola in camera perché in questo stato mi fa bene muovermi, e soprattutto a che piano dovrei andare. Con una faccia un po' corrucciata dice che la suite si trova al terzo, in fondo a sinistra. Sorrido sforzatamente grattandomi la nuca, perché sento che qualcuno si sta avvicinando.

Muovo le gambe, veloci, più veloci, penso.

"Sofia"  le vocali del mio nome assumo una strana pronuncia dette dalla sua voce calda.

Cosa devo fare?

Sono forte abbastanza per voltarmi? Lui era passato, come Fabio, come Christian, o forse quest'ultimo è ancora presente?

L'equilibrio è precario , troppo per potermi permettere una svista, o una conversazione, a questo punto.

Non sono pronta, non lo sarò mai di fronte a questi uomini che per pochi attimi hanno avuto un pezzo della Sofia libera da Riccardo. Una libertà che non voglio più avere.

Sento delle dita sull'avambraccio, respiro perché so che non ho bisogno di guardarlo per capire che  il sentore della mani non è quello di Cristos.

Mi volto con gli occhi di mio marito che mi guardano: " Sei sorda amore mio?" scuoto la testa rimanendo un attimo senza parole.

"Sofy?" indugia nei miei occhi: " Tutto bene? " deglutisco arrivando sulle sue labbra.

Ha i pantaloncini azzurri e una polo bianca, i capelli sistemati sul lato e quegli occhi che ti scombussulano dentro. Mi accompagna sulle scale afferrando da gentiluomo la mia borsa, appoggiando sulla mia natica una mano che mi fa tremare il ventre.

Parliamo del viaggio, della mancanza che entrambi abbiamo avvertito e della sua energia per la partita di domani.

Dentro alle mura di una residenza degna di un presidente, rimango tra le sue braccia, incoraggiandolo per la prossima sfida che li attende, evitando di pensare che Cristos fosse solo una visione.

Lambisce la mia bocca ogni volta che ne ha occasione, percorrendo la mia pelle che freme ad ogni tocco che sa Riccardo più di ogni cosa. Il tempo avanza ed i nostri corpi arrivano alla combustione ma Lui mi ferma:

" Non posso Sofy, mi spiace" comprendo questo limite voluto dal Team, ma qualcosa rimane accesso dentro di me.

Mi dice che domani dovrò farmi trovare  nella Hall e poi salire sul pullman che verrà organizzato per portare, oltre alla squadra, gli adetti allo stadio.

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