Capitolo 15

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"Edward?" Lo richiamò Paul. "Glielo dici tu?" Chiese. 

"Dirmi cosa?" Mormorai impaziente. Da più di tre ore oramai mi tenevano sulle spine. Da più di tre ore camminavo avanti e indietro in cucina, sperando di tenere a bada l'ansia.  

"Sì." Esclamò Edward. Gli altri poliziotti si limitarono ad annuire. 

"Blaire.." Sospirò.

"Sì?" Chiesi.

"Sai cosa sono queste?" Mi chiese, mostrandomi dei piccoli apparecchietti bianchi e neri. Scossi il capo. 

Prese un profondo respiro prima di spiegarmi pazientemente cosa fossero. "Sono delle telecamere ad infrarossi e microfoni wifi senza fili." Esclamò tutto d'un fiato. 

"Cosa?!" Chiedemmo all'unisono io e mia madre. Eravamo ovviamente sconvolte. Diamine, chi avrebbe mai potuto immaginare una cosa del genere? 

"Qualcuno deve essere entrato in casa, probabilmente quando la casa disabitata e aperta, e deve aver posizionato le telecamere. Sappiate che le abbiamo trovate veramente ovunque: in salone, in cucina, nella tua camera e nella camera dei tuoi genitori." Concluse. La sua espressione era tremendamente seria, impassibile. Gli occhi leggermente più scuri, o almeno così mi parve. La sua mascella era tesa, le mani serrate in due pugni chiusi. Solo Dio sa quanto fosse arrabbiato in quel momento. 

"Esatto. Questo vuol dire, Blaire, che chi ha posizionato le telecamere ha monitorato la tua vita ventiquattro ore su ventiquattro." S'intromise Paul. Ventiquattro ore su ventiquattro. Davvero qualcuno aveva del tutto violato la mia privacy? Dio, che schifo. 

"Io - no.. non è possibile." Scossi il capo confusa. Dio, come potevo credere ad una cosa del genere? No, non potevo. Sebbene avessi le prove fisiche davanti ai miei occhi, non riuscii comunque a crederci. Insomma, chi poteva essere così meschino da mettere delle telecamere e dei microfoni in casa mia? No, doveva essere per forza uno scherzo. 

Non sapendo cosa dire, restai in silenzio. Nella mia mente però nulla taceva. C'era caos, confusione, un subbuglio di emozioni. All'improvviso ripensai a tutti i messaggi e le chiamate ricevute e tutto all'improvviso ebbe un senso. Infatti, come poteva lo Stalker conoscere il mio abbigliamento? Come poteva sapere cosa stessi facendo nei minimi dettagli? Non poteva, a meno che non fosse un membro della mia stessa famiglia, cosa di certo impossibile. 

All'improvviso il silenzio venne interrotto dal suono del mio cellulare situato accanto a me. Mi sporsi leggermente in avanti per leggere di chi si trattava. Ma chi poteva essere se non lui?

"Me la pagherete tutti." Diceva. Rabbrividii leggermente. Me l'avrebbe davvero fatta pagare? Davvero in seguito avrebbe provato ad uccidermi? 

"Lui non ti farà del male." Esclamò Edward. "Ci sono qui io a proteggerti. Chiunque esso sia dovrà prima colpire me. Infatti, fin che sarò accanto a te, nessuno mai ti farà del male." Continuò, stringendomi in un caldo abbraccio rassicurante. 

"Grazie." Mormorai. Non rispose. 

"Cosa farete ora?" Chiese mia madre. 

"Porteremo le telecamere in centrale e proveremo a rintracciare l'uomo. Sta' tranquilla, Blaire. La fine di quest'incubo è vicina. Più vicina di quanto tu possa immaginare." Rispose Paul. 

"Bene." Mormorò mia madre, incrociando le braccia al petto. 

"Finalmente!" Sbottò mio zio. "Diamine, non posso credere che qualcuno abbia davvero avuto il coraggio di fare ciò alla mia adorata nipotina!" Continuò poi, dimostrando di provare almeno un po' di affetto verso i miei confronti. 

Qualche poliziotto annuì distrattamente, poi però misero lo scatolo in una delle molteplici auto e andarono via. 

"Grazie, Paul." Esclamai, cingendo il suo corpo in un abbraccio.

"Non devi ringraziarmi, Blarie." Mormorò ricambiando la stretta. "Ed, ci vediamo domani." Disse poi. 

"A domani." Rispose distrattamente l'altro. 

"Signora." Disse Paul, stendendo la mano verso mia madre.

"Arrivederci." Rispose lei, stringendola. 

Dopo i saluti generali, anche Paul andò via. Restai quindi con le tre persone di cui più mi fidavo: mia madre, mio zio ed il grande amore della mia vita. 

Non sapevo però che presto quell'armonia tra di noi sarebbe stata violentemente sconvolta. 

***

Qualche ora più tardi, verso le 9 p.m. arrivò mio padre. Gli raccontammo tutto quel che era successo e la sua reazione non si differenziò più di tanto dalla nostra. Era ferito, perché qualcuno volevo "rubargli", cito testualmente le sue parole, la cosa più preziosa che avesse al mondo. Era confuso, proprio come me, perché non credeva che potessero esistere persone capaci di fare simili cattiverie. Infine era furioso, proprio come Edward, sia perché non se ne era mai accorto prima, sia perché non era riuscito a proteggermi. Eppure io ero ancora lì, sana e salva. Dopo cena, tutti andarono a dormire ed io rimasi con Edward in salotto. 

"Ed?" Lo richiamai, sorridendogli teneramente. D'altronde come potevo non sorridere? Io ero con lui. Io e lui, l'unico uomo capace di rendermi felice, da soli. Non sono però molto sicura di quest'ultimo fatto. A quel punto come potevo avere la certezza che nessuno ci stesse spiando? 

"Dimmi." Rispose lui. 

"Devi andare via?" Annuì.

"Resti?"

"Non posso.." Mormorò. 

"Ti prego." Sussurrai, mettendo il broncio. Il motivo per cui non volevo che andasse via risulta abbastanza ovvio, no?

Sospirò. "Ho paura." Ammisi. 

"Non devi averne." Scosse il capo.

"E se mi ucciderà?"Ipotizzai, facendolo sussultare leggermente. Poi però si ricompose velocemente. 

"Non lo farà." Esclamò sicuro di sé.

"Come puoi esserne così sicuro?" Chiesi. 

"Io sono qui."

"Resti?"

"Resto." Esclamò. Poi mi strinse a sé, come se fossi stata la donna più importante della sua vita. 



My Stalker.[In revisione]Where stories live. Discover now