Capitolo 13

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Ovviamente, per il resto della giornata, il mio unico pensiero fisso fu il furgoncino bianco di mio zio. Non era mai stata una persona violenta, quindi, per quale assurdo motivo avrebbe dovuto reagire in quel modo? In realtà un motivo c'era, e a ripensarci bene era il motivo più squallido e semplice, ma allora la mia mente non riusciva a concepire una tale causa. Era talmente tanto ovvia che la mia mente non riusciva a concepirla. D'altronde non esiste nulla di più complicato della semplicità, non è forse così? 

Forse, piccolo Edward, non riesci ancora a comprendere a pieno questo concetto, ma tranquillo. Da' tempo al tempo e vedrai che un giorno, chissà, magari con tua moglie o con i tuoi figli, riuscirai a capire queste mie parole. 

Comunque, ero ovviamente scossa, turbata. Ricordo che chiamai Edward, l'unico uomo che io abbia mai amato in tutta la mia vita, e lui mi promise che sarebbe arrivato presto. E lo fece: mantenne la sua promessa. 

La prima cosa che feci, quando lo vidi, fu cingere il suo corpo in un caldo abbraccio. Ricordo bene la sensazione che si provava tra le sue braccia: amore, coraggio e un'infinito senso di sicurezza. Sicurezza. Lui era l'unico con cui riuscivo davvero a sentirmi al sicuro. Perché però nessuno riusciva a comprendere i miei sentimenti? Lo amavo, Dio, se lo amavo. Mio padre però non sembrava curarsene. Infatti, ricordo che spesso taceva quando si parlava della nostra relazione. Taceva. Aveva un ruolo piuttosto marginale e non riuscivo ancora a capirne il motivo. Ma quella sera, Dio, quella sera capii. 

"Cos'è successo?" Mi sussurrò Edward, cingendo saldamente i miei fianchi. Gli raccontai tutto: dall'uomo vestito di nero, a quella che all'epoca ritenevo assurda, ma oggi più che sensata, reazione di mio zio. 

Edward mi disse che, a partire dal giorno seguente, lui stesso avrebbe controllato il quartiere. "Non è sicuro" Disse. "Lo stalker potrebbe essere lui. Proprio l'inquietante uomo vestito di nero che ti spiava" Aggiunse poco dopo. Annuii con un gesto del capo, nascondendolo poi nell'incavo del suo collo. 

A proposito di mio zio, invece, mi disse che avremmo dovuto affrontare la vicenda con mia madre. E perché no? Magari anche con mio padre e mi zio. 

E così facemmo. Andammo in salotto, in quel luogo che purtroppo, dopo una splendida infanzia, ha assistito a quello che può essere definito come il periodo peggiore della mia vita, e convocammo mia madre. 

"Non posso crederci" Rispose la donna, dopo che le ebbi raccontato l'accaduto. "Perché avrebbe dovuto?" Chiese confusa. 

"Non lo so! Però dovresti mandarlo via!" Dissi, usando un tono di voce relativamente alto. 

"Non essere sciocca, Blaire. Non posso farlo: è mio fratello!" Sbottò lei. Mia madre non capiva. Ma non la biasimo. Dannazione, era suo fratello di cui si parlava! Sicuramente, se fossi stata al suo posto, avrei agito nella stessa maniera.

Quindi sappi che non serbo rancore. Dio, la vita è troppo breve per focalizzare la propria attenzione su l'odio. Non credi? 

Comunque, mia madre mi promise che presto avremmo parlato seriamente con mio zio. E aggiunse perfino che gli avrebbe riservato lo stesso trattamento che era spettato ad Edward solo qualche sera prima. 

Un paio di ore dopo ci ritrovavamo tutti in salotto. Se ci ripenso oggi, ti giuro che mi viene da ridere. Infatti mia madre aveva trasformato la stanza in una vera e propria aula di un tribunale. Lì io ero la vittima, Edward il mio avvocato, mio zio l'accusato, mia madre il giudice e mio padre un membro della giuria. 

Quello poteva anche essere considerato come un gioco, se solo non si stesse parlando della mia vita. 

 Durante il "processo" mio zio continuava a ripetere che non ci avrebbe fatto vedere cosa si celava nel furgoncino. Però, dopo quasi due ore, mia madre lo persuase, tanto che lui confessò il motivo della sua reazione."Mi dispiace per aver reagito in quel modo, Blaire" Disse. "Scusami, se puoi, perdona questo povero uomo" Continuò. Dio, non so con quale grande forza interiore riuscii a non ridergli in faccia. 

"Il problema sta in me.." Mormorò, prima di fare una lunga pausa. "Ormai da anni, soffro di attacchi d'ira. Mi dispiace di aver mantenuto il segreto, ma speravo davvero non succedesse. Non qui, almeno. Sai, Blaire? A causa di queste violente crisi non ho moglie e figli. Mi sono sempre allontanato dalle persone per paura di far loro del male. E adesso che ho fatto del male all'unica nipote che possiedo, non posso far altro che sentirmi profondamente in colpa. Mi sento uno schifo, davvero" Mormorò, con la voce rotta dal pianto. Infatti, durante la dichiarazione, qualche piccola lacrima aveva rigato il suo volto già segnato da alcuni segni dell'età, come rughe per esempio. 

In tutto ciò, anche mia madre aveva iniziato a piangere. Gli era corsa in contro e lo aveva stretto in un abbraccio caloroso. 

Per quel che riguarda Edward, invece, lui si era semplicemente limitato nello stringermi la mano destra. Nessuno dei due fiatava - probabilmente perché non sapevamo cosa dire. Difatti, nessuno si aspettava una notizia del genere. 

"Steph, perché non ce lo hai detto?" Mormorò in lacrime mia madre. 

"Non volevo farvi preoccupare.." Rispose lui, scuotendo leggermente il capo. Dopo il suo intervento, ricordo bene che nella stanza calò il silenzio. Gli unici suoni udibili erano i singhiozzi della donna. 

A spezzarlo però ci pensò mio padre, con fare gelido, poco dopo. 

"In tutto ciò, non riesco ancora a comprendere la causa della crisi. Stephan, cosa c'è in quel furgoncino?" 

Immediatamente mia madre riservò al marito un'occhiataccia, ma lui non se ne curò. 

Lo sguardo di Steph viaggiava veloce da una parte all'altra della stanza. Le mani ed il labbro inferiore gli tremavano leggermente. Non sapendo cosa dire, si raschiò un paio di volte la gola. Era ovvio a chiunque che indugiava, prendeva tempo. 

"Nel furgoncino c'è.." Iniziò, con voce leggermente tremante. Poi fece una pausa. 

"Steph, non devi dirlo per forza.." Mormorò mia madre. 

"Med, non essere sciocca. La vita di nostra figlia conta più di qualsiasi cosa" Gli ricordò mio padre, uomo molto saggio, ma che spesso preferiva tacere, immergendosi così nel suo mondo. 

"Lì.. lì.. c'è una sorpresa.." Confessò poi. 

"Una cosa?!" Chiesi sconvolta. 

"Sì.. ho pensato che vi avrebbe fatto piacere ricevere dei doni. Così li ho nascosti lì, aspettando il momento adatto per darveli" Esclamò. Non ne sono sicura, sai, spesso la memoria inganna e qualche ricordo può mutare nel tempo, ma credo che lui sia stato piuttosto sicuro e fiero di ciò che affermava in quel momento. 

"E non pensi sia arrivata l'ora di mostrarceli?" Chiese Edward. Lo zio scosse il capo freneticamente. 

"No, non è ancora giunto il momento" Esclamò. Intanto, una strana scintilla brillava nei suoi occhi. 




My Stalker.[In revisione]Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt