Capitolo 1

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"Satanica, perchè così di fretta?! "
Charlotte e le sue schiavette continuano a ridere come delle galline, mettendosi tra me e il mio armadietto.
Cerco di ignorarle, ma non è così facile, visto che mi perseguitano tutto il tempo insultandomi e umigliandomi a ogni occasione.
Alle scuole medie io e Charlotte eravamo amiche e stavamo sempre insieme.
Eravamo tra i popolari, ma io non prendevo in giro gli "sfigati", come venivano chiamati, invece lei sì ed è stato questo che ci ha separato per sempre catapultandoci in due universi paralleli. L'estate tra la terza media e la prima SUPERIORE, determinò definitivamente la nostra amicizia e io mi isolai dal resto del mondo, c'era altro che aveva incominciato a farmi compagnia: scoprii il rock è il resto della musica non commerciale, capii molte cose su come girava il mondo e compresi anche che il mondo non poteva capire me.
Sono ormai passati due anni da quando lasciai il palcoscenico della popolarità per ritrovarmi al secondo anno di Liceo Musicale contornata da persone che mi odiano e che cercano di sentirsi potenti rovinandomi ogni giorno della mia vita scolastica. A volte voglio andarmene da questa scuola, da questo mondo per riiniziare la mia vita da capo sapendo così cosa fare e che errori non commettere. Voglio andarmene da qua...non ce la faccio più.
-Charlotte, la smetti di rompere il cazzo?-
Davanti agli altri mostro la forza che non ho, fingo di fregarmene e di essere noncurante dei loro insulti, ma quando sarò sola so per certo che scoppierò in lacrime come sempre.
MI ODIO MI ODIO MI ODIO MI ODIO
La biondina, tutta mascara, rossetto e fondotinta, porta un dito al mento fingendo di pensare veramente alla mia domanda, ma entrambe sappiamo già la risposta.
Mi volto senza aspettare che apri nuovamente la sua fogna di bocca.
Faccio appena un passo che, come avevo previsto, urla con la sua fastidiosissima vocina un secco "no", poi scoppia in un' acida risata che viene seguita da una sghignazzata di gruppo di quelle cagnette.
LE ODIO LE ODIO LE ODIO LE ODIO
Senza neanche voltarmi decido di risponderle a tono.
-Invece che aprir bocca per dire stronzate Charlotte, perchè non te ne torni a fare pompini a tutti?-.
Ormai sono in fondo al corridoio e, dopo aver controllato di aver l'accendino in tasca, esco nel cortile della scuola pregando che non mi seguano quelle puttane.
Non mi allontano di molto dall'edificio e dal conservatorio quando mi siedo a terra, ma quello che mi importa è che non ci sia nessuno a rompermi le scatole.
Sento bagnato sulle guance calde, che fino a poco prima avvampavano, ma non è solo il mio pianto a rigarmi il viso. Da 4 gocce d'acqua, in un secondo, si passa ad una pioggia fitta, mentre il vento, che fino a prima era totalmente assente si alza di poco.
Amo la pioggia, mi sposerei con quel grigio scuro che colora le nuvole, con le gocce fredde ed i cerchi, che si formano nelle pozzangere, e ancora di più amo il temporale con i tuoni e quei fulmini, che mi fanno venire i brividi quando gli osservo, è incredibile quanto la natura sia meravigliosa e potente.
Esco dal cancello del parco in cui mi ero rifugiata e mi incammino verso la stazione aspettando, che finisca la pioggia per un istante in modo da farmi su una sigaretta.
Non ho mai capito perchè avessi iniziato a fumare, nessuno mi aveva spinto a farlo, ma nonostante, il fatto, che io sappia che potrei avere il cancro in futuro, non ho la minima intenzione di smettere.
Forse non lo so veramente, e probabilmente lo saprei solo se avessi un parente, o comunque una persona vicina, con un tumore, perché finché le cose sono lontane e tu non ne hai esperienza, queste non le consideri veramente, un po' come la fame nel terzo mondo, cosa di cui tutti se ne fregano, perché tanto non sono loro ad non avere la cena.
Mi sento stupida, so di non sapere, e nonostante sappia cosa è giusto, non faccio il giusto perché so che non voglio fare il giusto.
Inizio a percorrore la strada lentamente sotto il temporale primaverile, ma dopo poco mi ritrovo a correre senza badare alle pozzanghere sparse qua e la sul marciapiede rovinato e pieno di buche.
Entro nella stazione stranamente deserta e mi accascio su una panchina.
Sfioro con le dita bagnate e le gambe il ferro freddo e rabbrividisco, quindi scelgo di rialzarmi e stare in piedi.
Alzo gli occhi verso il soffitto e sprofondo nella mia mente.
In confronto alle altre persone non mi ha mai seccato il fatto di dover aspettare, anzì, sono i momenti come questi che mi aiutano a prendermi una pausa per pensare, l'aspettare di prendere il bus, l'aspettare di arrivare a casa mi hanno sempre donato un momento,che nella giornata non mi sarei mai presa da sola.
Sono le 16 precise e al prossimo pullman mancano 15 minuti, contando anche quelli per il canonico ritardo, devo aspettare 20-23 minuti.
Durante la mia attesa, trascorsa ad autointerrogarmi, conto anche 20 persone( 7 di loro entrano dentro la stazione, invece gli altri 13 escono da bus).
Guardo l'orologio e dopo pochi minuti arriva il veicolo, come sempre pieno di gente.
Appena salgo le scalette, tranne l'autista abituato alla mia presenza, tutti mi squadrano male, ma cerco di convincermi che me lo stia immaginando.
Sarà per il mio stile? Sarà perchè sono brutta? Sarà perché sono grassa?
NO NON PENSARCI, NON PENSARCI
Dopo 7 fermate, quindi 26 minuti di viaggio, si libera un posto e io svelta approfitto.
-Ciao !-
Mi tolgo le cuffie, con cui stavo ascoltando In the end dei Black Veil Brides, velocemente.
Mi volto verso il ragazzo di colore, probabilmente nigeriano, che mi ha appena salutato.
Mi sorride, credo che sia ventenne, o forse anche più vecchio.
Perché mi parla?
-Ciao, come va amica?-
Mi ripete aspettando una risposta.
Nella mia città non sono molto compresi gli stranieri.
Le persone che non sanno cosa vuol dire scappare dalla guerra e dalla povertà o essere isolati dalla società perchè diversi, dicono che vengono qui in Trentino solo per rubarci il lavoro e fare delinquenza.
Pensando a ciò mi viengono in mente le però le del testo di "vengo dalla luna" di Caparezza, poi mi ricordo di rispondere.
-Bene-Cerco di sorridere, ma pensando a questo mondo schifoso dalle labbra più che un sorriso esce una smorfia.
-A me non pare, amica, parla a me del tuo problema!-
Mi sa che mi sono fatta un amico.
Osservo fuori dal finestrino dove non piove più, peccato!
-Il mondo fa schifo. -
-Dai non essere così pessimista amica-
Lo guardo confusa e lo cerca di trovar parole per essere più convincente, ma non le trova.
Entrambi, imbarazzati, dopo qualche secondo scoppia o in una fragolosa risata e diamo avvio ad una lunga chiacchierata.
Ad un certo punto mi volto, guardo attentamente fuori da finestrino e noto, sbarrando gli occhi, che ho superato la mia fermata, schiaccio immediatamente il pulsante per prenotare la fermata dopo.
-Amico, ho superato la mia fermata di un po' e ora dovrei andare, tieni il mio numero -
Prendo una penna nera dalla prima tasca dello zaino e gli tiro su la manica per scriverli il numero sul braccio.
-Amica, vuoi scrivere nero su nero?-
Ride di gusto e mi passa il retro di un volantino che ha nella tasca, quindi velocemente scrivo il mio numero e il mio nome.
Il volantino è di una casa accoglienza, che si trova nella città vicino alla mia, magari è qui che alloggia.
-Ciao amica, e ricorda Don't worry, be happy!-
-Okay amico," Peace and Love"! -
Esco dal pullman ancora con il sorriso e mi avvio verso casa ascoltando "the final episodie" degli Asking Alexandria.
Il mio passo è svelto, a ritmo, ma automatico, ho percorso talmente tante volte questa strada che non mi serve nemmeno guardare dove vado.
Arrivo al portone di casa, faccio sempre fatica ad entrare, vorrei non farlo, girarmi e non tornare mai più, per non dovergli deludere.
Affero le chiavi nella tasca destra e le infilo con timore dentro la serratura, giro e dopo un rumore metallico entro nella casa, dove vivo ormai da anni con la mia famiglia.
Quando ero piccola abitavamo in un piccolo appartamento, ma talmente lindo e carino che spesso mi manca.
Scooby, il mio adorabile cane, appena metto piede nel soggiorno mi salta addosso facendomi le feste, diciamo che lui è il mio migliore amico, sempre rimasto al mio fianco, fedele, si sacriferebbe per me...cosa che molto probabilmente nessuno mai farà oltre alla mia famiglia, ma in realtà questo non me lo merito nemmeno.

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Sono tornata dopo anni e mi spiace che molti di voi mi abbiamo scritto in chat privata senza che io gli rispondessi anche per più di un'anno, ma il punto è che avevo perso l'account ed in più sono successe talmente tante cose.
Ho deciso di scrivere meglio la storia e vi ammetto che è strano riprenderla in mano così. Ora rileggo quello che ho scritto e quanto ero pessimista e depressa o penso a quegli episodi della mia vita da cui è ispirato questo libro e mi dico ora tutto andrà per la direzione giusta. Per chi di voi mi conosce ( quelli che scrivevano con me) sappiate che sono molto migliorata anche se a volte ho delle ricadute pesanti verso il mio mondo passato.
Vabbè passato è passato. Spero che hai nuovi lettori possa piacere questa storia e al prossimo capitolo

I'm not afraid to die ( IN REVISIONE) Where stories live. Discover now