Capitolo 16

24 7 0
                                    

Le stanze del Motel de Mulin si affacciavano su una veranda di legno rialzata da cui pendevano dei gerani ormai sfioriti.

Yves Sinclair uscì dalla stanza numero sei dopo circa quaranta minuti. Indossava un paio di occhiali scuri e lo stesso zainetto con cui era entrato. Benjamin non esitò a scattargli alcune fotografie mentre richiudeva la porta. Non avrebbero costituito una prova di tradimento, ma non sarebbe bastata qualche scusa campata in aria a giustificare la propria presenza in un motel. L'uomo giunse alla reception e trafficò con del denaro per pagare il conto. Benjamin inquadrò un altro paio di foto. La memoria della macchina fotografica consentiva un numero pressoché infinito di scatti. La sua attenzione però non era più rivolta solo su Yves, ma anche alla stanza da cui l'uomo era uscito: se c'era un tradimento allora doveva esserci anche un'amante. Se Benjamin avesse voluto mettere la ciliegina sulla torta avrebbe dovuto consegnare un nome a Blanche.

Yves Sinclair attraversò la strada passando proprio di fronte a Benjamin, che si ritrasse sdraiandosi sul sedile del passeggero, e partì a bordo della propria auto. Benjamin si rialzò in fretta, pronto a scattare altre due foto. Ora non doveva far altro che attendere. Trascorse venti minuti sfogliando distrattamente un giornale, l'attenzione rivolta verso il motel. Nessun'altro uscì o entrò nella stanza da cui si era allontanato Yves.

Non aveva alcun senso. Attese altri quindici minuti poi decise di andare a controllare di persona. Una rapida conversazione con la receptionist gli fece capire che la camera si era appena liberata. Non servì una banconota più grande del taglio di venti euro per convincerla a lasciarlo entrare qualche minuto senza dover affittare la stanza.

Raggiunse il primo piano e avanzò, passo dopo passo, sulla veranda. Si avvicinò alla finestra e sbirciò dentro: da quello spiraglio di luce non riuscì a vedere altro che un nugolo di polvere e un tavolino vecchio almeno di trent'anni.

Infilò la chiave nella toppa e rigirò la serratura.

Nell'istante in cui aprì la porta percepì il profilo di una persona che scivolava fuori dalla finestra sul retro.

«Fermo!» gridò gettandosi capofitto all'inseguimento.

Una rapida scorsa all'altezza e si gettò nel vuoto per un paio di metri, ricadendo nel giardino retrostante il motel. Alzò gli occhi appena in tempo per vedere un'ombra che sfuggiva oltre il perimetro dell'edificio. Scattò nella stessa direzione e si ritrovò nel piazzale antistante. Una donna di mezza età correva a perdifiato verso la strada. Si girò in fretta per vedere se lui la stava ancora inseguendo. Non sarebbe mai riuscito a raggiungerla.

Il suono stridente della frenata sull'asfalto durò una manciata di secondi. L'impatto fu inevitabile.

La donna non ebbe il tempo di gridare.

Allungò impulsivamente le mani verso il fuoristrada e rotolò sul cofano prima di cadere a terra.

«Marc!» Clarissa gridò per lo spavento. Il fiato le si bloccò in gola quando il ragazzo premette di colpo sul freno. Gli pneumatici segnarono l'asfalto di nero con un suono stridente, ma fu inutile. La donna si era gettata in strada senza preavviso ed evitarla sarebbe stato impossibile.

Clarissa incrociò lo sguardo della malcapitata nell'istante in cui il fuoristrada la colpiva. Immobile, gli occhi sbarrati ed il fiato che le trapassava le mani piantate sulla bocca.

Marc era pietrificato, le braccia allungate sul volante e il volto pallido di chi ha appena commesso qualcosa di orribile.

«Oh, mio Dio!» esclamò Clarissa scendendo di fretta.

Si avvicinò al corpo della donna insieme ad alcuni passanti per vedere cosa fosse accaduto: la malcapitata era stesa sul cemento, inerme, le braccia sopra la testa. Clarissa lanciò un'occhiata al parabrezza, ancora integro, e constatò che non vi erano tracce di sangue. Si costrinse a verificare il battito cardiaco sul polso della donna: era lento, ma c'era.

«Chiami un'ambulanza!» ordinò ad uno sconosciuto in piedi accanto a lei. Marc la raggiunse bloccandosi ad un metro di distanza, le mani tra i capelli. «Oh, cielo!» fece. Aiutò Clarissa a stendere la donna con le braccia lungo i fianchi. «Camille.» le diede un buffetto sulle guance.

«Camille, si svegli.» ripeté affannato. Clarissa alzò il volto verso di lui, stranita.

«La conosci?»

Marc annuì. «Lei....» esitò. «È la madre di Melanie.»

Clarissa li fissò entrambi e si alzò cercando di trattenere un giramento di testa: la situazione si stava complicando.

Marc aveva appena investito la madre di Melanie.

Una coincidenza?

La sirena dell'ambulanza la riscosse da quel pensiero e lo sguardo tornò sul motel, sulla fila di auto posteggiate lungo la strada. Il numero di curiosi che stavano osservando la scena era raddoppiato nel giro di pochi istanti, ma Clarissa era ancora abbastanza padrona della situazione da far caso alla berlina scura parcheggiata lì vicino. Non poteva sbagliarsi.

Passò in rassegna i volti intorno a sé e lo vide: Benjamin era in piedi all'ingresso del motel. I loro occhi si incrociarono, ma l'arrivo dell'ambulanza e di una pattuglia di polizia distolsero la sua attenzione. Marc lasciò spazio agli infermieri che si occuparono di allontanare gli sguardi indiscreti e di verificare lo stato di salute della malcapitata, che riaprì gli occhi poco dopo. Quando la vide rialzarsi sulle proprie gambe, Clarissa tirò un sospirò di sollievo, certa che la situazione fosse meno disperata del previsto. Un agente si era avvicinato a Marc per mettere nero su bianco l'accaduto.

Clarissa lo osservò da lontano. Non poté fare a meno di riflettere: era quantomeno sospetto che suo padre e la madre di Melanie si trovassero nello stesso posto, nello stesso momento.

Marc le fece un cenno con la mano indicandole di avvicinarsi.

Doveva aiutarlo. In seguito avrebbe sistemato i propri pensieri e fatto una chiacchierata con suo padre.

Doppio gioco #Wattys2017Kde žijí příběhy. Začni objevovat