Capitolo 25

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L'orologio sul comodino segnava le otto in punto. Clarissa lo controllò attraverso lo specchio mentre sistemava i capelli con un cerchietto. Il suo accompagnatore sarebbe arrivato a breve.

Si allontanò per guardarsi dalla testa ai piedi: indossava un vestito corto e un paio di zeppe. Un'occasione come quella sarebbe stata impossibile da organizzare e non le sarebbe capitata ancora. Voleva essere perfetta. Infilò in borsetta il necessario e aggiunse la macchina fotografica insieme al solito block notes e la matita; un bagaglio piuttosto insolito per una studentessa universitaria ad un appuntamento con un ragazzo.

Si avvicinò alla scrivania e recuperò l'orologio digitale, del tutto inadatto alla tenuta elegante, e lo ripose col resto. Infilò il cappotto e usci in fretta dalla camera scontrandosi con il padre.

«Sei pronta?» disse guardandola dalla testa ai piedi. «Sei molto elegante per essere una che va ad aiutare l'allenatore ad una partita di basket.»

«Veramente....» Clarissa restò impietrita, non sapendo cosa dire, «...non avevo capito che intendessimo andarci insieme.»

«Non avrai intenzione di prendere due auto?»

Il rumore di un motore riecheggiò dalla strada, seguito dal suono di un clacson e Benjamin si voltò d'istinto verso la figlia con uno sguardo inquisitorio.

«Ora hai capito.» disse lei incamminandosi giù per le scale.

Benjamin la seguì. «Non dirmi che si tratta ancora di Marc Sinclair.» disse sorpreso.

La moglie uscì dalla cucina sentendoli discutere. «La partita non è alle nove?» chiese cercando di mettere a tacere il marito.

«In effetti....»

Benjamin alzò gli occhi al cielo e Clarissa non gli diede il tempo di fare altre puntualizzazioni. Si avvicinò a Marie e la baciò sulla guancia. «Ci vediamo là.» disse al padre.

L'uscio si richiuse ancora prima che lui potesse controbattere, lasciandolo lì impalato a fissare il battente.

Marie gli cinse le spalle.

«Non la stai perdendo.» cercò di rassicurarlo.

«Non è questo che mi preoccupa.»

Non appena fuori, Clarissa si avvicinò all'auto ferma di fronte al vialetto d'ingresso guardandosi le spalle. Era certa che suo padre avrebbe fatto qualunque cosa per tenerla d'occhio fino all'ultimo istante. Il finestrino del fuoristrada si abbassò e lei sporse dentro la testa.

«Wow, sei uno schianto.» esordì il ragazzo con un sorriso a trentadue denti.

«E tu sei un cretino, Raphael!» lo ammonì lei, irritata.

«Cosa ti salta in mente di suonare il clacson sotto casa mia?»

«Per farti capire che ero arrivato.»

«Mio padre crede che stia uscendo con Marc! Se ti vede qui....» si interruppe e scosse la testa. Spiegarsi non sarebbe servito a niente. «Non importa.» aprì la portiera e salì.

Raphael affondò il piede sull'acceleratore.

Clarissa ripassò mentalmente il proprio piano pregando che tutto andasse per il verso giusto. Viaggiavano spediti lungo il quartiere residenziale mentre le luci dei lampioni sembravano spegnersi e accendersi nell'abitacolo. Se non fosse stato per le proprie motivazioni, Clarissa avrebbe detto di aver già vissuto quella stessa scena qualche giorno prima. «Wendy ci aspetta a casa sua.» asserì seria. «Credo di non doverti spiegare la strada.»

Raphael annuì senza rivolgerle la parola.

Era visibilmente teso e il nervosismo si rifletteva sulla sua guida. «Hai l'orologio che ti ho dato?» chiese nel tentativo di distrarlo e lui sollevò la manica del polso per mostrarle il quadrante. «Sei di poche parole.» appurò.

«Non mi mette di buon umore questa storia. Se Jason mi becca è la volta buona che mi ammazza.»

«Andrà tutto bene.»

«Ci credo poco.»

Raphael accostò nei pressi di un condominio a quattro piani.

Wendy era seduta sui gradini di cemento antistanti l'edificio e si alzò in piedi non appena i fari la illuminarono. Era bellissima, più di ogni altra volta in cui Clarissa l'avesse incontrata e Raphael deglutì sonoramente.

Ora te ne penti, eh? pensò malignamente.

Wendy si avvicinò alla portiera posteriore. Il suo corpo sinuoso era avvolto da un vestito rosso cortissimo e da una cintura stretta in vita che ne esaltava le forme. Una stola le avvolgeva le spalle con eleganza. Salì in auto infondendo un innaturale profumo di camomilla mentre scostava dal petto i capelli neri per mostrare il decolté prominente.

«Vado bene?» si rivolse a Clarissa lanciando un'occhiata storta a Raphael attraverso lo specchietto retrovisore.

Clarissa si voltò indietro infilando la testa tra i sedili.

«Sembri una modella.»

«Questa sera non posso sbagliare.»

Il ragazzo ripartì alla volta del campus e uscì dal quartiere residenziale per imboccare la tangenziale che circondava Strasburgo. L'ultima volta che aveva percorso quel tratto con una ragazza era insieme a Melanie e correva verso un destino che l'avrebbe gettato alla mercé dell'opinione pubblica.

Lanciò un'occhiata a Wendy fingendo di guardare nello specchietto: la ragazza separava distrattamente le punte dei capelli con le dita affusolate, in religioso silenzio.

Clarissa fissava le luci della città al di là del vetro, del tutto coinvolta dalle proprie elucubrazioni. Era giunta a Strasburgo da poco più di tre settimane e pretendeva di far luce su ciò che le autorità non avevano chiarito dall'agosto precedente. Ciò che maggiormente non riusciva a spiegarsi era il motivo per cui le persone intorno a lei le stessero dando tanta fiducia dopo tutte le sue menzogne.

Raphael uscì dalla tangenziale dopo una decina di chilometri, nei pressi della strada che li avrebbe condotti al campus.

«Accosta da qualche parte.» asserì Clarissa sicura di sé, e il ragazzo si fermò non appena la carreggiata divenne più larga. La ragazza frugò nella tasca del vestito ed estrasse il proprio orologio. «Dobbiamo essere sincronizzati.» fece invitando gli altri a mostrare i loro. I puntini che scandivano i secondi sui tre quadranti lampeggiavano all'unisono; quando furono le otto e un quarto, le cifre dei minuti mutarono contemporaneamente.

Clarissa si rivolse al ragazzo: «Devi lasciarmi il posto di guida, vi porto io fino al centro sportivo.»

«Aspetta un momento, non si era mai parlato di farti guidare la mia auto a tuo piacimento.»

«Lo vuoi un passaggio per la fedina penale pulita?» rispose pungente Clarissa. Raphael roteò gli occhi e le consegnò le chiavi. Era irritante il modo in cui lei riusciva ad avere sempre la meglio. Scese e fece il giro del veicolo per risalire al posto del passeggero mentre la ragazza scavalcava il cambio per sistemarsi al volante. Quando si furono scambiati, Clarissa guardò i compagni cercando di mostrarsi convincente e infondere in loro altrettanta fiducia. «I primi ad entrare in scena sarete voi.» spiegò nuovamente. «Quando avrete finito, io sarò al mio posto ad attendere il segnale. Dovrà essere tutto sistemato entro le otto e cinquantacinque.»

«Cinque minuti prima dell'inizio della partita.» precisò Wendy focalizzando l'attenzione.

«E tu dove andrai?» chiese subito Raphael, in pena per il destino del proprio mezzo.

«Maiora premunt*, Raphael.» rispose Clarissa, e il ragazzo sbuffò lasciandole intendere di non aver capito niente.

Wendy sorrise e Clarissa non aggiunse altro.

Riaccese il motore e ripartì verso il campus.

Non avevano un minuto da perdere.

Doppio gioco #Wattys2017Where stories live. Discover now