21. Fall

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Abbassai la testa, più confusa che mai. Non poteva dirmi quelle cose, non in quel modo, non dopo tutto ciò che era successo. Non sapeva che anche io possedevo un cuore? Un cuore che oscillava tra la distruzione e la gioia di qualche secondo.

"Non ricominciare con quella storia, non farò niente di ciò che mi hai chiesto, per nessun motivo." Chiarii, con voce meno convinta di quanto avrei voluto. Difronte ai suoi occhi ogni mia possibile sicurezza svaniva, completamente.

"Non voglio che tu faccia niente, voglio solo capire che cosa mi succede." Disse, spostando una ciocca di capelli dietro al mio orecchio. Mi lasciai accarezzare dalle sue grandi mani, beandomi di quel tocco che non sembrava potesse appartenere ad un uomo come lui.

"Già, vorrei saperlo anch'io" Ironizzai, per alleviare un po' la tensione che si era creata nella stanza. Harry ridacchiò, posando lo sguardo sulle mie mani che restavano immobili sul suo petto.

"Allora aiutami, Amber." Mi supplicò, prendendo le mie mani nelle sue e avvicinando il mio corpo al suo, delicatamente.

"Cosa posso fare io?" Chiesi, con voce debole. Ormai non avevo più neanche quella.
Harry avvicinò il suo volto al mio e, per un attimo, persi la cognizione della realtà e del tempo.
Mi stava evidentemente incitando, con lo sguardo, a premere le mie labbra sulle sue, e fu così che mi trovai a commettere lo stesso errore di qualche settimana prima, eppure non riuscivo a pentirmene.
Sentii le sue mani stringermi da dietro, mentre faceva scontrare le nostre lingue che sembravano non avere nessuna intenzione di fermarsi. Piano piano feci salire le mie mani sul suo collo, fino ai capelli. Mi erano sempre piaciuti i suoi ricci: davano un senso di morbidezza. Gemette nella mia bocca con un piccolo sorriso, che ricambiai, staccandomi da lui. Adesso avrei dovuto dire qualcosa, ma non sapevo cosa, non sapevo cosa avrei dovuto fare nel modo più assoluto.
Visto da vicino era ancora più bello del solito e pensare che cinque secondi fa eravamo tutt'uno insieme, mi diede un senso di strana felicità.

"Vorrei che fossi davvero mia." Sussurrò prima di lasciare un altro debole bacio sulle mie labbra. Il mio cuore fece un balzo. Le sue parole mi rimbombavano in testa come una melodia, come quelle canzoncine che ascolti al mattino e che ti restano in testa per tutta la giornata.

"E non posso esserlo?" Chiesi, guardandolo negli occhi per decifrare la sua reazione. Avrei voluto vedere un sorriso, un movimento, ma niente.

"Te l'ho già spiegato, Amber, non sono quel tipo." Spiegò, sistemandomi meglio sulle sue gambe e facendo scivolare le mani dalla mia schiena alla vita.

"E allora cosa vorresti fare? Sai, ho dei sentimenti." Alzai leggermente il tono della voce, per cercare di farlo ragionare. Si stava preoccupando solo di se stesso e della sua reputazione. E a me chi ci pensava?
Mi allontanai leggermente da lui, con sguardo aggressivo. Non potevo permettergli di prendermi in giro in quel modo.

"No, questo non va bene, lo avevi detto anche tu, ricordi? Sei una mia dipendente e io non riuscirei mai a mantenere una relazione stabile. Lo hai visto anche stasera. Soffriresti di più, così." Non capivo dove volesse andare a parare, sapevo soltanto che stavo iniziando a provare qualcosa per quest'uomo, qualcosa di apparentemente irrealizzabile ed estremamente doloroso. Lasciai che quelle parole, dette con una tale tranquillità, scorressero l'una dietro l'altra senza sosta.

"E-e il bacio? Nemmeno quello contava niente?" Chiesi, con un accenno di speranza e allo stesso tempo delusione, nella voce.

"Anche se contasse le cose non cambierebbero." Rispose, freddo. Annuii semplicemente, alzandomi dalle sue gambe e prendendo tutte le mie cose. Un secondo di più in quella casa e sarei andata fuori di testa. Volevo cercare di essere il più matura possibile, di non arrabbiarmi e soprattutto di non fare scenate.

Styles' Kingdom|| Harry StylesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora