07 Ospedale. (primo atto)

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07 Ospedale. (primo atto)

19:48 04/06/2014

La luce del tramonto filtrava dalla finestra posta di fronte a me.
I colori accesi del sole morente mi aveva fatto aprire gli occhi,accecandomi subito dopo.

Fui colpito da una luce di forte intensità di color giallo-arancio,dovetti aspettare qualche secondo prima di poter riaprire di nuovo gli occhi.

Man mano il mio corpo stava acquistando sensibilità e la mia mente stava tornando lucida,rendendo lo stordimento del risveglio sempre più un eco che andava ad affievolirsi.
Iniziavo ad avere una cognizione della mia posizione .
Mi sembrava di essere steso su un letto.

Mentre la mente si liberava dagli echi di un vento che mi sembrava infuriasse nella mia testa,le mani intanto stavano tornando sensibili,fu allora che mi accorsi,avendo gli occhi ancora chiusi feriti dalla luce,di non essere solo ovunque mi trovassi.
Sentivo nella mano mia fredda qualcosa di caldo pulsare e,facendo scorrere il pollice sulla superficie della fonte del calore,mi accorsi che era una mano.
Una mano più piccola e esile della mia,ma molto più liscia.

Voltai il viso alla mia sinistra e lentamente cercai di aprire l'occhio destro.
La mia vista era ancora appannata,ma riuscì ad avere un'immagine parziale di ciò che avevo di fronte:
lunghi capelli corvini ricadevano sulla schiena di una ragazza seduta su una sedia di plastica blu,come quelle degli ospedali.
Dal punto in cui ero non vedevo il viso,quindi pensai che la ragazza doveva essere coricata con la testa sulle mie gambe.

Rimasi li a guardarla,a guardare i suoi capelli lunghi che scendevano su una maglia color rosso,rendendoli cosi ancora più lucenti.
Non dissi nulla,pensai che stesse dormendo,sentivo il suo il suo respiro,il sangue fluirgli nelle vene della mano.
Era calda e mi trasmetteva,attraverso il suo respiro,la sua mano,un senso di sicurezza.

Strinsi la mano ancora di più,per poter sentire il suo calore,ma lei fece uno scatto e io la ritirai per paura di fargli male.
Rimasi immobile mentre lei continuava a muoversi e a sbuffare come se non riuscisse a trovare una posizione comoda.
Nel frattempo io mi ero abituato alla luce ed ero tornato con la testa dritta,un po per capire chi fosse e un po per paura che mi prendesse il torcicollo.

Prima di capire chi fosse la ragazza che continuava a muoversi,io avevo preso coscienza di dove fossi:

una stanza che poteva essere 3mx3m,di fronte a me,come avevo già visto prima,una finestra spalancata che dava ad un piccolo balconcino che a sua volta dava sul un meraviglioso scenario crepuscolare.
Le poche nuvole avevano preso il colore morente del sole,un intenso rosso nel cielo ormai blu,piccole luci iniziavano ad accendersi nella volta che andava a imbrunire sempre di più.
Il mare faceva da specchio a quel spettacolo,mentre i monti,fungevano da sipario,mettendo fine alla lunga corsa del sole e aprendo lo scenario alla luna,che già era alta prendendo il posto della sua nemesi.

Oltre a quello spettacolo c'era poco da vedere,la stanza come detto prima era molto piccola,con pochi elementi d'arredo:
il letto su cui ero coricato e paradossalmente immobilizzato visto che ero stato scambiato per letto a mia volta,un comodino di plastica azzurra e bianca,con sopra i miei effetti personali,ossia: portafoglio,chiavi di casa,cellulare,cuffie e mp3.
Ma mi resi conto,davvero,quindi abbandonando ogni speranza, di essere in una camere d'ospedale quando vidi il piccolo tubicino attaccato al mio braccio che finiva nella fiala contenente il liquido trasparente appeso al solito "attaccapanni" come lo chiamava mio padre.

Non era la prima volta che finivo in ospedale,ci ero stato molte volte e ogni volta mi ripromettevo che sarebbe stata l'ultima.
Io odiavo quei posti,mi mettevano tristezza oltre che a un senso di claustrofobia,quei lunghi corridoi deserti erano sempre stati il mio incubo e gli aghi la mia più grande fobia.
La maggior parte delle volte che c'ero finito,mio padre trovava il modo di farmi uscire il prima possibile,mi ricordo che diceva:
"Se ti fai male da solo la ferita passerà da sola,se ti fanno male gli altri tu potrai farne a loro,ma se ti fa male un medico non c'è niente fa re,per cui se ti trovi di fronte a un medico,scappa!"
Da allora io ero diventato diffidente nei confronti dei medici,anzi ero diventato proprio ostile contro chiunque avesse un titolo di studi che riguardasse la medicina.
Tutte le volte che entravo in un ospedale,avevo paura che non ne sarei più uscito,o che,ancora peggio,mi sbagliassero cura e io venissi colpito da dolori atroci.
Si non davo molto credito neanche alle medicine.

~Le cronache di un Deus Mortis.Where stories live. Discover now