Capitolo 13

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'27 Novembre 2011

In questi giorni inizia veramente a fare freddo, qui a Londra. Nonostante questo, stamattina Lizzie mi ha detto di sentire così caldo che si sarebbe messa una canottiera estiva.

«Scherzi? Sto congelando e ho un maglione addosso!» ho borbottato, mentre lei ha addirittura preso una rivista dal tavolino per usarla come ventaglio.

«Sarà, ma io inizio persino a sudare,» ha continuato a lamentarsi per il caldo, mentre io ho deciso di non darle più retta, concentrandomi sulla televisione. Dopo qualche minuto ho però notato con la coda dell'occhio che aveva messo via la rivista, per poi stringersi le braccia al petto e tremare. «Hai ragione, fa davvero freddo!»

«Inizi a infastidirmi, Lizzie.»

«Sono seria, Jackie. Temo di avere la febbre,» sentendo quelle parole, ho distolto subito il viso dallo schermo: la mamma prima di uscire mi aveva detto di avvertirla se per caso Lizzie si fosse sentita male. Aveva il viso paonazzo, imperlato di sudore, e i capelli appiccicati alla fronte. Ho guardato i suoi occhi lucidi, sentendomi in colpa per non averle dato retta subito, e ho notato che continuava a grattarsi l'avambraccio, proprio intorno al tubicino attraverso il quale le puliscono il sangue.

«Smettila, dannazione!» le ho fermato la mano e ho visto la sua pelle gonfia e arrossata, a causa evidentemente di un'infezione, sentendo il cervello andare in tilt: non riuscivo nemmeno a capire cosa fare e la sua pelle era talmente calda che ho temuto il peggio. Ho chiamato subito la mamma ma per ben cinque volte non ha risposto così non ho potuto fare altro che chiamare l'ambulanza. Lizzie ha fatto storie per venti minuti buoni, sostenendo che non fosse niente di grave, ma fortunatamente vi è salita subito al suo arrivo. Mi hanno fatta salire qualche secondo dopo e un'infermiera, osservando il braccio di mia sorella, ha avvertito subito Lizzie del fatto che le avrebbero certamente spostato il tubo da qualche altra parte, dato che tenerlo lì sarebbe stato troppo pericoloso. I nostri genitori sono arrivati all'ospedale un'ora dopo, avvertiti da un medico, ma io non ho rivolto loro la parola, nemmeno dopo essere tornati a casa: se avessi aspettato una loro risposta probabilmente la febbre di Lizzie sarebbe persino peggiorata e non oso immaginare quali sarebbero state le conseguenze. Questo pomeriggio la mamma ha detto che Lizzie dovrà rimanere in ospedale un paio di giorni, o forse più, e io le ho chiesto semplicemente se fosse possibile andarla trovare di nuovo.

«Cerca di non diventare paranoica, tesoro,» mi ha risposto lei, mettendo fine alla discussione.

Non sono per niente paranoica, ho solo paura che possa succederle qualcosa, soprattutto dopo il messaggio che Dean mi ha mandato qualche minuto dopo, l'unico di tutta la giornata.

Pensa se alla tua cara sorellina succedesse qualcosa, magari proprio stanotte, ho fissato inorridita il display del cellulare, sentendo la gola diventarmi completamente secca.

Ho chiesto di nuovo ai miei genitori di andare a trovarla perché, dannazione, quel mostro potrebbe davvero farle qualcosa e io non me lo perdonerei mai. Loro, però, mi hanno messa in punizione per la mia insistenza (insolenza, come la chiamano loro) e mi hanno persino vietato di andare in ospedale domani, durante l'orario delle visite.'

Jackie chiuse di scatto il quaderno e rimase qualche istante a fissarne la copertina. Ricordava ancora benissimo come si fosse sentita in quel momento, l'odio che aveva sentito scorrere nel suo sangue nei confronti di Dan e Grace ma, ripensandoci dopo tutti quei mesi, si accorse che Dean aveva deciso di spaventarla solo per attirarla di notte fuori da casa sua e farle chissà che cosa, qualcosa che non voleva nemmeno sapere. Fortunatamente Lizzie l'aveva chiamata quella sera e le aveva chiesto di non andare assolutamente in ospedale, di non fare arrabbiare i loro genitori, perché stava bene e avrebbe dovuto semplicemente sopportare un po' di dolore dal momento che le avrebbero spostato il tubo sul collo.

Daisy || Luke HemmingsWhere stories live. Discover now