Capitolo 27 [Luke]

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Si vedeva chiaramente che Mia non sapeva cosa fare, men che meno come muoversi.

Mi prospettava un duro lavoro.

Decisi di dover essere io a fare la prima mossa.

Camminai finché non la raggiunsi. Abbassai lo sguardo e lei lo alzò, mi arrivava al petto e il suo viso mostrava una certa paura. 

Le tirai un pugno dritto sul ventre: lei si accasciò a terra cominciando ad imprecare e a tossire.

Le sferrai un calcio facendo in modo che finisse a terra.

La guardai disgustato, non aveva ne provato a schivare ne a contrattaccare. Sulla sua guancia si era creato un livido rosso, ma ero sicuro che sarebbe scomparso dopo pochi minuti.

Mi girai e ritornai al punto di partenza. Lei si rialzò a fatica; il suo cuore sprigionava paura, ma allo stesso tempo anche un'altra strana emozione, come se non volesse mollare e ritirarsi.

-Riproviamo- sussurrò abbastanza forte da poterla sentire.

Teneva le spalle dritte e mi guardava con fare deciso.

Mi preparai e feci quei pochi metri che ci dividevano di corsa, con il pugno alzato. Stavo per colpirla sul viso quando mi fermai. La mia mano era sollevata di pochi centimetri dalla sua pelle, tanto da poter sentire il calore che sprigionava.

Ancora una volta lei non si era mossa.

Era rimasta a guardarmi apatica, il suo cuore non sprigionava nessuna emozione. Cominciai a pensare che fosse caduta in qualche tipo di shock e che di lì a poco sarebbe svenuta, ma niente lei rimaneva immobile e continuava a guardarmi negli occhi senza imbarazzo.

Mi stava sfidando.

Abbassai lo sguardo e il pugno, era riuscita a far imbarazzare me.

Quando lo rialzai notai che Mia si era allontanata di circa un metro e continuava a guardarmi seria. Una cosa, però, non poté sfuggirmi: aveva perso un po' della sua sicurezza che era riuscita a creare.

Corrugai la fronte e strinsi forte i pugni, questa volta feci un veloce passo in avanti e stesi il braccio a livello del suo stomaco.

Non sentii nessuna pressione sulle nocche delle dita, nessun tessuto. Guardai dritto davanti a me, non la avevo toccata.

Avevo il braccio completamente teso. Non potevo aver calcolato male le distanze, no lei si era spostata. Doveva aver indietreggiato di un passo o due perché l'erba dove si trovava prima si stava lentamente rialzando.

-Non sei sicuro di te-

Alzai lo sguardo ricominciandola a guardare negli occhi.

-Non sei poi così tanto arrabbiato- continuò.

-Che ti prende Mia?- domandai ritornando dritto e riponendo le braccia lungo i fianchi -Non ti ho mai vista così assente-

-Luke, credi di poterti prendere gioco di me? Non sei poi così arrabbiato, altrimenti non staresti nascondendo il battito del tuo cuore e i colpi che mi hai dato prima non sarebbero stati così tanto leggeri. Smettila con questa sceneggiata, Christian aveva ragione tu non vuoi mantenere il patto che avevi fatto con mio padre, vero?-

La ragazzina sembrava veramente decisa, cosa che fece insospettire l'intero branco.

Feci un sorriso forzato cercando di non far capire che in realtà Mia aveva ragione.

Non credevo alle parole che Fred aveva impresso sul foglio. Volevo creare un branco potentissimo, volevo eliminare i traditori e mantenere solo i più forti. I deboli, però, non li avrei mai lasciati andare in giro ad infangare il mio nome; sarebbero stati impiegati per fare altro, qualcosa avrebbe favorito lo sviluppo del mio branco. Era per questo che avevo sottoposto ad una specie di allenamento tutti coloro che cercavano di entrare nel mio branco e molti non ce l'avevano fatta.

Dovevo fare in modo che Andreas soccombesse sotto di me, dovevo vendicare i nostri genitori.

Mia, però era stata troppo intelligente.

Non avevo ucciso nessuno e in più non ero molto arrabbiato con i due fratelli, ma tutto questo non lo potevo dire.

Continuai a sorridere mentre tutte queste cose mi frullavano in testa e cercavano una buona scusa a cui aggrapparsi.

-Ho molte cose a cui pensare- cominciai a dire -Ormai controllare le mie emozioni e diventato parte di me. Ho imparato che controllare il proprio battito vuol dire non far sapere al nemico che cosa penso in quel momento...-

Mia mi interruppe alzando una mano e mostrandomene il palmo.

-Tu ci consideri un nemico?-

Una strana rabbia mi pervase l'intero corpo.

-Non ho detto questo!-

Mia mi interruppe di nuovo.

-Continuiamo con questo combattimento-

Ero davvero irritato.

Provai a sentire le sue emozioni,  me le stava mostrando. Sprigionava una strana sicurezza, tanto potente da far impallidire perfino una tigre (sempre ammesso che le tigri potessero impallidire).

Sapeva di essere forte e di questo ne ero felice, eppure quel comportamento mi irritava; in fin dei conti io ero il capo branco e lei non poteva comportarsi in quel modo nei miei confronti.

-Perchè non provi ad attaccare tu, questa volta?- domandai.

Dovevo fare sempre io la prima mossa, mi ero un po' stancato.

-Non so come si attacca, se questo doveva essere un allenamento dovevi essere tu a mostrarmelo- 

Era troppo, senza pensarci il mio lato lupesco prese il sopravvento e mi fiondai addosso alla ragazza. Riuscì, fortunatamente, a scansare il mio colpo alla gola e mi fece scivolare colpendomi la gamba su cui tenevo l'intero peso.

Caddi a terra sbattendo la spalla destra, la quale cominciò a farmi molto male. Il dolore mi impediva di muoverla.

Sentii una mano appoggiarsi sul mio viso -Non volevo, scusami Luke. Non so che mi è preso!-

Guardai Mia con segno di disapprovazione, poi le presi il polso e lo tolsi dalla mia pelle sudata.

-Non ho bisogno di compassione- dissi alzandomi -Hai fatto quello che andava fatto, per oggi abbiamo finito-

La odiavo.

Da quando la avevo trasformata tutto era andato storto, tutto quello che avevo sperato sarebbe migliorato, in realtà aveva assunto una brutta piega ed ora mi ritrovavo con un braccio fratturato.

Avevo creduto che con lei al mio fianco non avrei più avuto problemi, ma mi sbagliavo: lei stava provando a soffiarmi il posto di capo.

Si faceva vedere tanto stupida, eppure non lo era. Sapeva benissimo come fare a controllare i propri "poteri" eppure non lo faceva e se lo faceva era solo per farsi vedere.

Avevo solo bisogno di un pretesto per mandarla via, dopodiché tutto sarebbe tornato alla normalità e io ed il mio branco avremmo potuto tornare a vivere normalmente.

Entrai nella mia camera, tenendo il braccio fratturato attaccato al petto. Sarebbe guarito nel giro di poche ore, eppure mi faceva molto male.

Mi rilassai sul mio letto e rimasi a guardare il soffitto cercando di intercettare la voce degli altri che ancora si trovavano all'esterno.

Non facevano altro che parlare del combattimento che era appena avvenuto, rilevando i pregi e i difetti di Mia. 

Me n'ero andato come uno stupido novellino che si sente troppo debole ad affrontare la realtà.

Già, era così. Facevo fatica ad accettare il fatto che Mia, in realtà, era molto più forte di me.

La nuova lupa [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora