Capitolo 14 [Mia]

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Mi stavo divertendo, davvero.

Sentire le foglie calpestate dalle mie grosse zampe, sentire l’aria fresca di bosco provocarmi un leggero solletico alle orecchie a punta.

Tutto ciò mi faceva stare bene.

Mi sentivo davvero forte, in più il fatto di essere da sola insieme a Luke e ad Elton mi faceva davvero piacere.

Erano state le prime persone che avevo conosciuto del branco di mio padre e sentivo un certo affetto per loro.

Anche se non ci conoscevamo da molto.

Superammo: alberi, cespugli e un piccolo stagno che sapeva un certo odore schifoso.

Potevo sentire l’odore di tutti i miei compagni e anche quello di tutti gli animali che erano passati prima di noi.

Ad un certo punto mi fermai e mi guardai intorno incuriosita.

Non badai a Luke e a Elton che, non essendosi accorti che mi ero fermata, avevano continuato a correre.

Ero inesperta, era vero, ma avevo sentito l’odore di una lepre ed ero veramente curiosa di sapere se non avevo avuto torto.

Seguii l’odore all’interno del bosco, cercando di non perdere la traccia che stentava a scomparire. Cercavo di fare anche meno rumore possibile, perché se fosse stata più vicina a me la avrei potuta far scappare.

Un forte odore di sangue mi penetrò nelle narici facendomi istintivamente accucciare a terra e coprirmi il muso con le zampe. Cosa che non servì a molto.

Mi rialzai cercando di respirare il meno possibile e proseguii il mio cammino cercando di  ritrovare l’odore della lepre che avevo fiutato poco prima.

Niente da fare, l’odore del liquido rosso era troppo forte e imprimeva l’aria circostante.

Decisi che allontanarsi sarebbe stata la scelta migliore, l’odore cominciava a farmi venire il voltastomaco. Mi girai per ricominciare a correre e raggiungere i miei compagni quando un grido di dolore mi fece sobbalzare.

Il mio cuore cominciò a battere più velocemente, sentii la paura invadermi il corpo e il sangue pulsare velocemente causandomi fitte terribili alla testa.

Ero curiosa, ma allo stesso tempo spaventata. Il mio cervello diceva che me ne dovevo andare, sembrava quasi che mi volesse obbligare a rientrare nel sentiero e ad uscire dall’erba folta come se non fosse successo niente, ma io non lo ascoltai e continuai la mia passeggiata.

Un altro urlo, più forte di prima, mi fece prendere un altro spavento.

L’odore di sangue era più forse che mai e, alla fine, vidi ciò che non avrei mai voluto vedere.

A pochi metri da me c’erano due corpi, due corpi nudi.

Tutte le persone distese davanti a me avevano gli occhi aperti e uno sguardo spaventato come se avessero visto qualcosa peggiore di un fantasma.

Avevano segni di tagli sulla pelle: sul viso, sulle gambe, sul torace. In qualsiasi punto.

Mi nascosi ancora di più, sperando di mimetizzarmi per bene tra l’erba e alzai gli occhi per scrutare i pochi metri intono a me.

C’erano tre persone che osservavano un corpo appeso ad un albero.

Indossava solo i pantaloni, aveva le braccia legate con una corda ad un ramo di un grande albero ed era sollevato da terra.

Respirava affannosamente tenendo gli occhi chiusi, come se si stesse aspettando qualcosa.

Distolsi lo sguardo e notai che gli individui intorno a lui tenevano in mano delle fruste e dei coltelli.

Mi davano le spalle, ma potei notare che erano due maschi e una femmina.

L’uomo alla mia destra fece schioccare la frusta a terra e un po’ di polvere si alzò.

Il ragazzo appeso all’albero sussulto facendo dondolare un po’ il suo corpo e aprendo gli occhi.

Sulla pancia e sotto l’ascella aveva delle ferite profonde e lunghe da cui uscivano dei rivoletti di sangue rosso. Dovevano avergliele causate da poco.

-Hai preso paura eh?- chiese l’uomo che aveva schioccato la frusta.

La donna fece roteare il coltello sulla sua mano e lo lanciò facendolo passare poco lontano dal suo orecchio. L’arma si andò a conficcare sul legno dietro al ragazzo.

Aveva i capelli neri, di un bel nero accesso e aveva una netta somiglianza con Emma.

-Vi prego…- sussurró in preda alla disperazione.

La donna gli passo affianco appoggiando la mano sul suo torace e facendoli una specie di carezza, poi andò a prendere il coltello.

-Si è scheggiato- disse con voce aspra e guardando la punta.

-Dicci dove si trova il tuo branco e noi ti lasceremo andare- disse l’uomo con la frusta.

Il ragazzo non rispose e chiuse gli occhi.

Sentii un forte rumore e poi un altro urlo che mi fece abbassare, un altro taglio comparve sul petto del ragazzo.

Quelli urli non sembravano grida di dolore, ma bensì dei richiami. Sembrava che stesse chiamando qualcuno.

Dovevo trovare il modo di salvarlo, ma non sapevo cosa fare, anche perché non ero in forma umana e faticavo ancora parecchio a muovermi.

Sentii un piccolo fruscio provenire da dietro di me.

Non feci nemmeno in tempo a girarmi.

Un dolore lancinante alla testa mi fece accasciare a terra.

Il buio si era impossessato dei miei occhi.

L’ultima cosa che riuscii a percepire poi fu la paura, la paura di quello che mi sarebbe potuto accadere.

La nuova lupa [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora