Non siamo i nostri genitori

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Ho dimenticato tutto. Tutto quello che ho provato con lei nel corso dell'estate.

Non accetto ma o se.

Domani mattina però. Domani mattina ci saremo dimenticati tutto.

Penso questo mentre siamo seduti al centro dell'incrocio nella galleria Vittorio Emanuele II. La nostre schiene si toccano. Lei guarda a est, dove il sole sorge, io guardo a ovest, dove invece il sole muore. Tutto alla fine si riduce sempre a una metafora di noi due: lei che vuole vivere la sua vita fatta di farfalle e cieli sempre limpidi, e io che a volte desidero solo addormentarmi e non svegliarmi più.

"Manuel?"

"Dimmi"

"Vuoi ancora andartene quando compirai diciotto anni?"

"Perché non dovrei volermene andare?"

"Perché sono successe tante cose, da quando l'hai detto la prima volta"

"Io voglio tornare a casa mia"

"Ora è Roma casa..."

"No" la fermo prima che finisca la frase. "Roma non è casa mia. Quello che voglio non è cambiato. Ti prego, non dirlo più." Torno a incrociare le mani sulle ginocchia che ho avvicinato al petto.

Le piastrelle sotto di noi sono fredde, ma ignoro la sensazione per alzare lo sguardo e ammirare il cielo riempito del luccichio delle stelle attraverso le lastre di vetro a qualche metro dalle nostre teste. Chissà se Celeste ha freddo. Mi sfilo la giacca e l'appoggio sulle sue spalle che vengono mosse da un brivido quando sfioro con le dita la pelle lattea del suo collo.

"Cosa farai una volta tornato?" chiede con un filo di voce.

"Ancora non lo so, ma ti terrò sempre aggiornata, se è quello che vuoi sapere"

"Era una delle mie domande"

"Tu tieni troppo a me, Celeste, avrei fatto meglio a tenerti a distanza" susurro per farmi sentire solo da lei.

"Ti ho trovato, non ho intenzione di perderti di nuovo"

"Non sono una persona affidabile" scuoto la testa, rassegnato all'idea.

"Lo so, ma io posso esserlo per entrambi"

"Finirà male"

"No, non è vero" sembra sicura di quello che dice.

"Ho una pessima influenza su di te"

"Perché dici questo?"

"Guardaci! Siamo qui a giocare alla fuga d'amore quando Emma e Jason sono a Roma ad aspettarci. Ci manderanno la buonanotte oggi e domani probabilmente ci sveglieremo con il loro buongiorno. Non ti senti orribile a pensare a quello che è successo?" le chiedo mentre il mio cuore si spezza sotto i sensi di colpa.

Lei rimane muta.

"Forse dovremmo tornare all'appartamento. Metterci a dormire e dimenticare davvero." Dico con un sospiro.

"No"

"Cosa?"

"Ho detto di no"

"Perché?"

"Hai detto che questa è la serata dove tutto è concesso. Bene, voglio che mi sia concessa una sera per amare chi voglio."

"E cosa intendi fare?"

"Parlare del futuro, quello che ognuno vivrà per conto suo. Quello che noi due non vedremo mai insieme." Quello che è rimasto insieme del mio cuore viene tirato fino a spezzarsi.

Io che sento i tuoniOnde as histórias ganham vida. Descobre agora