Ragazzo, che cammini con i tuoi demoni

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Svegliarmi non è mai stato così brutto da quando sono qui. Avrei voluto restare abbracciato a lei per altri cento anni, ma il mondo ha deciso che, di quello che voglio, non gliene frega niente. E anche io avrei potuto fare lo stesso gioco se non fosse che la mia ragazza sta nella fazione a me nemica. Sono sicuro che avrebbe voluto alzarsi dal letto da parecchio, ma ha aspettato che fossi io a svegliarmi per non disturbare.

La conosco, e sono certo che è così che è andata.

Ormai sono passate le dieci del mattino e io e lei siamo ancora vestiti come ieri: io con i miei pantaloni a vita troppo bassa e lei con quel vestito allacciato a metà.

"Buongiorno, principe"

"Giorno" la saluto non appena la metto a fuoco.

"Dormito bene?"

"Di più, piccola" affondo il viso nell'incavo tra la sua spalla e il suo collo e respiro il profumo della sua pelle. "Tu?"

"Niente da dire: è stata una notte piacevole"

"Solo...piacevole?" mi fingo offeso.

"Cosa dovevo dire?"

"Niente, solo che è stata la notte migliore della tua estate"

"Oh, su questo non c'è dubbio" sfrega il naso contro il mio e mi stampa un bacio dolce sulla fronte. La sensazione che provo mi riempie il petto. "Grazie"

"E di che?"

"Di tutto, dell'estate che stiamo vivendo"

Abbozzo un sorriso sincero e le appoggio le labbra sulla fronte.

"Sono io che ringrazio te, Rossa"

Non sa che cosa si cela davvero dietro a queste parole, non ha idea che se non ci fosse qualcuno che mi tiene insieme adesso sarei sparso sul pavimento a cocci, come un vaso che è stato urtato da un bambino. Stare con lei mi sta rendendo...diverso, forse migliore, forse solamente diverso. Ma non credo di essere cambiato in peggio: non ho ancora fatto nulla di troppo terribile in confronto a quello che sono riuscito a fare a casa.

Io ed Emma passiamo il resto della giornata chiusi in casa sua. Ci isoliamo nella stanza del pianoforte perlopiù. Lei suona con addosso una maglietta bianca che la sta grande e un un paio di shorts che non le arrivano sotto il sedere e io resto in pantaloncini che ho lasciato qui una delle volte che ho passato una giornata in questa casa.

Questa volta non si limita a suonare come solo lei sa fare, no, deve anche distruggermi lasciandomi ad ascoltarla mentre canta. Mi basta sentire i primi accordi per essere sicuro che la canzone che sta suonando è Blank Space.

"Sei soave, Rossa" sussurro sulle ultime note.

"Mi fa piacere sentire questo tipo di feedback" sorride sollevando i polpastrelli dai tasti. Io alzo gli angoli della bocca disegnando un arco con le labbra. Assomiglia a un sorriso, ma non è abbastanza piegato per essere considerato tale.

"Manuel?" mi chiama dal nulla.

"Sì?"

"Vieni qui?" mi fa spazio sullo sgabello e batte una mano sull'imbottitura per farmi avvicinare. Mi stacco dalla finestra e la raggiungo.

"Siediti, ti faccio provare"

Io sgrano gli occhi e lei se ne accorge perché soffoca una risata.

"Non fare quella faccia: è più facile di quello che credi"

"Ho i miei dubbi. Sfonderò i tasti."

"Sfonda qualcos'altro possibilmente"

"Pensavo a una certa rossa..."

Io che sento i tuoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora