Capitolo 18

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Mi mordicchiai le unghie mentre aspettavo che Sabrina arrivasse al bar, tenendo gli occhi fissi sulla doppia porta in vetro. Accanto a me, Ashton puliva il bancone mormorando una canzone che non conoscevo; la sua voce mi tranquillizzava fino a che non cominciavo a pensare alla cosa che avrei dovuto fare di lì a poco. Certo, non era la prima volta che mentivo a mio padre, ma questa volta sarebbe stata un'impresa quasi impossibile da realizzare. Gli avrei dovuto mentire su una cosa tanto importante quanto il mio compagno di gita, quindi...

«Vuoi smetterla di tremare?», borbottò Ashton, facendomi voltare verso di lui, «Tuo padre non ti crederà mai se tremi come una foglia».

Sospirai. «Dio, hai ragione Ash. È che sono così nervosa... Ho paura che non accetterà lo stesso».

Ashton ridacchiò. «Sta tranquilla, Sabrina è una ragazza adorabile, e comunque è una cosa per scuola oltretutto molto importante. Tuo padre non potrà fare altro che accettare», mi rassicurò, dandomi una pacca sulla spalla. Sorrisi a trentadue denti, tranquillizzata dalle parole di Ashton.

Il senso di tranquillità, però, non durò così a lungo perché la porta del locale si aprì subito dopo le parole rassicuranti di Ashton, lasciando passare la persona che stavo aspettando. Sorrisi a Sabrina, ignorando il battito furioso del mio cuore mentre la raggiungevo.

La ragazza mi abbracciò. «Sei pronta?», mi chiese, sussurrando nel mio orecchio.

Mi strinsi a lei. «Eh, non molto. Spero che abbocchi».

«Deve abboccare», borbottò, sciogliendo la presa che aveva su di me.

Entrambe ci recammo da mio padre, impegnato nel magazzino. Mi schiarii la voce e lui si voltò, sorridendomi quando mi vide in compagnia di Sabrina. Non l'aveva mai vista, ma già il fatto che fosse una ragazza e non un ragazzo sembrò conquistarlo. La cosa mi tranquillizzò ma mi irritò allo stesso tempo.

«Papà, ti volevo chiedere una cosa», mugugnai, guardandomi la punta delle scarpe.

«Certo, dimmi pure».

«Allora, innanzitutto, lei è Sabrina Beckett. Lei è la mia partner per il progetto di storia di cui ti ho accennato all'inizio dell'anno... Ricordi?», cominciai, mordendomi il labbro inferiore.

Papà annuì. «Mi chiedevo quando l'avresti accennato di nuovo, hai passato il primo mese di scuola a tartassarmi», ridacchiò, facendomi arrossire, «È un piacere conoscerti, Sabrina», aggiunse, stringendo la mano della mia amica che mi guardò maliziosa.

Tornai a fissare mio padre dopo aver guardato male Sabrina. «Comunque, tra due settimane dovrei partire per Amsterdam con lei, la gita vale il 50% della valutazione finale e sarebbe terribile non andarci. Quindi... Che ne dici?», chiesi speranzosa.

Papà alzò un sopracciglio. «E me lo dici solo adesso? Certo che puoi andare Dani, è importante».

Quasi urlai mentre abbracciavo mio padre. «Grazie pà! Ti voglio bene», esclamai, facendo ridere mio padre.

«Spero che questo serva come perdono per la punizione. So di essere stato... Un po' duro con te», ammise, quando ci staccammo.

Feci spallucce. «È acqua passata. Allora, dovresti passare alla posta per fare il versamento-».

«Perché non lasci fare a me, e tu vai a divertirti con la tua amica? Scommetto che hai bisogno di cose da comprare», mi interruppe mio padre, frugando nella tasca posteriore dei suoi pantaloni ed estraendo il suo portafogli, da cui prese duecento dollari che mi porse con un sorriso. Duecento dollari? È pazzo!

«Ne sei sicuro, pà?», chiesi, guardando sbigottita le due banconote da cento che avevo in mano.

«Certo. Allora, lasciami l'autorizzazione se ce l'hai con te, la firmo e poi vado a fare il versamento domani».

Never been kissed || Calum HoodWhere stories live. Discover now